Questo sito usa cookie di analytics per raccogliere dati in forma aggregata e cookie di terze parti per migliorare l'esperienza utente.
Leggi l'Informativa Privacy completa.

Logo Fondazione Archivio Diaristico Nazionale

Autore

Maddalena Pepe

Anno

1985 -2010

Luogo

Arezzo/provincia

Tempo di lettura

3 minuti

Alla mi' mamma piaceva raccontare... a me ascoltare...

E come un sogno rivedo: gli angusti rifugi per sfuggire ai bombardamenti, la paura del buio e del chiuso, le persone che non sopportavano il mio pianto ... ci chiedevano di uscire ...

La mi' mamma aveva la bella abitudine di raccontare e io di ascoltare: gli episodi della guerra e in quel modo dava vita ai ricordi che da piccola confondevo con i sogni. E come un sogno rivedo: gli angusti rifugi per sfuggire ai bombardamenti, la paura del buio e del chiuso, le persone che non sopportavano il mio pianto ... ci chiedevano di uscire ... Il babbo, il nonno e la zia Anna ci seguivano fuori. .. per non lasciarci sole. Con noi c'era anche la zia Anna, la sorella più piccola della mamma, avevamo 12 anni di differenza e in quel periodo di grande difficoltà ho goduto del suo affetto.

Anna

Un sorriso
illumina il tuo volto.
I capelli ricci
e scuri legati con un nastro,
le movenze,
che armonizzano
il bel portamento:
sei bella e gli uomini
ti guardano desiderandoti.
Tu lo sai ma
... non t'importa ...
Vuoi vivere a modo tuo,
evadere dalla miseria.
E parti per fare le tue
esperienze di vita,
lasciandomi il ricordo
di un grande affetto
che mi porto dentro,
ancora adesso.

Pieve S. Stefano, minato dai tedeschi, divenne un ammasso di macerie, subimmo patimenti morali e fisici, fummo costretti a lasciare la casa, non sapendo dove ci avrebbero portato.

La mi' mamma aveva la bella abitudine di raccontare e io di ascoltare: prima di essere sfollati, nel 1944, ci fu il reclutamento fatto da parte dei soldati tedeschi agli uomini giovani del paese per essere deportati nei campi di concentramento. Il mio babbo si salvò in questo modo: raggomitolato sotto una coperta, vicino al camino pareva un banchetto: la mamma seduta su di lui tenendomi in braccio e tremando dalla paura mi allattava. Entrambi per molto tempo raccontavano che, grazie al mio attaccamento alla "poppa", tutto era riuscito credibile e per mio padre fu la salvezza da una partenza senza ritorno. Nell'agosto del 1944 avevo due anni quando, causa la guerra, fummo sfollati a Canneto Sull'Oglio (MN). Pieve S. Stefano, minato dai tedeschi, divenne un ammasso di macerie, subimmo patimenti morali e fisici, fummo costretti a lasciare la casa, non sapendo dove ci avrebbero portato. Durante il tragitto con il camion, i soldati, ci fecero scendere per i bisogni corporali; qualcuno, tastando il terreno, era buio, si accorse che eravamo in un campo di pesche o mele acerbe e ... con tutta la fame arretrata che avevamo ... ne mangiammo tante e tante, da stare male poi per giorni. A Canneto fummo portati presso una famiglia di cui non ricordo altro che la loro affettuosa ospitalità, il nonno e il babbo lavoravano per i tedeschi: finalmente almeno un pasto caldo era assicurato, sentivo i miei famigliari meno angosciati, a volte riuscivamo anche a ridere.

La guerra

La parola incute paura,
l'immagine della morte
angoscia.
La guerra dimostra
la prepotenza, il potere
dell'umanità:
" io ... io ... mio ... no è MIO! "
La guerra calpesta la dignità
della persona,
incide dolorosamente l'anima.
La guerra che
divide le famiglie,
che porta la fame di cibo,
di freddo, la fame d'amore.
La guerra è il male
assoluto: l'uomo
torna ad essere una
bestia assassina.
Per chi rimane,
il lungo tempo della vita,
non basta a lenire ciò che ferisce
al suo passaggio
La guerra ... la guerra.