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Autore

Pietro Poponcini

Anno

-

Luogo

Arezzo/provincia

Tempo di lettura

7 minuti

Appunti di vita vissuta

Mio padre ebbe la sciagurata idea di sussurrare: (ma certamente era quello che pensava)”Chissà quanti innocenti muore senza nessuna colpa”.

Siamo al mattino del 29 giugno 1944 festa di S. Pietro, da S. Martino si può vedere benissimo Civitella essendo anche lei costruita in cima a una collina; mio padre non lavorava; verso le ore otto vide tre Tedeschi, di quelli in sevizio alla stazione trasmittente e ricevente posizionata nei giorni precedenti nel campanile e che avevano disteso grandi quantità di bobine di filo per chilometri tutti verso la collina di Manfano,la Guardiola la ggiarino verso sud, esaminandola ora credo che gli servisse per i contatti telefonici e perché volevano cercare di fermare il fronte in quel punto. Ritorniamo al tema iniziale i tre con i canocchiali rivolti verso Civitella discutevano fra loro, si erano messi vicino alla cisterna in piedi sopra alla meridiana. Faccio presente che la strada comunale in quel punto effettua una curva e all’esterno si trova la cisterna dove si raccoglieva l’acqua piovana dei tetti. I Tedeschi stavano guardando e ogni tanto uno di loro si recava nella stazione e dopo ritornava. Non si riusciva a capire tutto questo essendo la prima volta che lo facevano. Poco dopo iniziarono dei gran botti, fiammate e crepitio di mitraglie che durarono tanto tempo tutte concentrate su Civitella, mio padre (io ero con lui) non capiva il motivo di quella azione di guerriglia si domandava che cosa aveva commesso per meritarsi quel disastro e per vedere meglio si avvicinò ingenuamente a loro anche perché non avevano dato moto di dubitare; chiese al Comandante tedesco che cosa succedeva, Lui senza pronunciar parola gli consegnò il canocchiale in modo da poter vedere con esattezza, lo prese se lo portò agli occhi regolò la gradazione e siccome io ero accanto a Lui lo vidi sbiancarsi in volto, dopo pochi secondi riconsegnò il canocchiale al comandante che non aveva mai staccato lo sguardo da Lui. Mio padre ebbe la sciagurata idea di sussurrare: (ma certamente era quello che pensava)”Chissà quanti innocenti muore senza nessuna colpa”. Immediatamente il comandante diventò rosso in viso e con uno scatto veloce estrasse la pistola dalla fondina e la puntò alla tempia di mio padre urlando nella sua lingua parole che io non capii, ma mio padre certamente e tutto tremante s’inginocchiò e chiese scusa. Il Comandante disse delle parole agli altri due e ridendo rientrarono nel loro rifugio. Mio padre non disse una parola si allontanò da solo e per tutta la giornata non lo rividi. Iniziai a capire anch’io che cosa voleva dire la parola guerra e penso che anche Lui nella sua mente iniziò a prendere la decisione che S.Martino non era più sicuro e disgraziatamente fu scelta la località peggiore Piazza gianni situata al centro della resistenza tedesca. Elisabetta mia nonna volle venire con noi e pretese quel luogo perché si poteva avere il latte che lei voleva per nutrirsi, in più il contadino era il padre di zia Domenica di conseguenza si fu un po’ costretti ad andarci.  Non voglio fare una critica a mio padre, ma non riesco a capire questo: Da persona esperta come era dopo aver partecipato combattuto in Libia tante battaglie, tante strategie militari, farsi convincere da sua madre e non imporre altre parti più sicure.

Ogni giorno che passava la situazione peggiorava, all’inizio si era in molti ma vedendo il rischio iniziarono ad abbandonare il luogo.

A questo punto del racconto devo spiegare la posizione e la situazione che si andò ad incontrare. Esiste una collina che partendo dalla Val di Chiana si estende verso ovest e fa da crinale fra la Chiana e il Valdarno; dalla prima si trovavano l’Alleati la seconda i tedeschi. Dopo questa disamina del luogo viene da pensare che da come si svolsero le battaglie i tedeschi vollero fare molta resistenza all’avanzata dell’alleati trovando il territorio favorevole a loro. Piazza gianni si trovava al centro dello schieramento tedesco; come viene da pensare che quel luogo diventasse il punto più forte della resistenza in questo lato del fronte. Devo precisare che riuscirono a fermare per diciassette giorni l’avanzata, invece mio padre all’inizio diceva che in questo posto eravamo tranquilli nessuno ci avrebbe molestato, invece ci trovammo nell’occhio del ciclone e dal lato sbagliato cioè tedesco. Tutti i giorni si vedeva arrivare decine di loro armati di tutto punto cercavano gli uomini per fargli portare le armi pesanti traversavano il bosso e nel bosco salivano fino alla cima del crinale; dall’altra parte penso che sia successo lo stesso e iniziava la battaglia l’alleati volevano conquistare la collina i tedeschi si opponevano, era senza dubbio una strategia preparata da tempo sotto la chiusione della centrale di S. Martino. Questi scontri duravano quasi tutta la giornata normalmente cessavano all’imbrunire e ritornava pochi soldati in che stato lo lascio immaginare, ma il lato tragico era che si sentiva distintamente il lamento dei feriti le urla di richiamo di soccorso all’inizio più forte poi piano piano più debolmente e infine il silenzio. Mia madre chiedeva a suo marito di andare via da quel posto troppo pericoloso, i soldati sempre più cattivi va a finire che ci ammazzano tutti. Alle richieste di mia madre, Lui si giustificava dicendo che non poteva per via di sua madre che era irremovibile e ripeteva: Se mi portate via da qui mi fate morire io non mi muovo, Aldo non aveva il coraggio di contraddirlo, però si doveva sempre nascondere per non essere catturato; rimaneva qualche vecchio e bambino. Io avevo il compito di stare all’erta, alla vista dei tedeschi quando venivano dallo stradone dovevo avvisarlo permettendo di nascondersi. Ogni giorno che passava la situazione peggiorava, all’inizio si era in molti ma vedendo il rischio iniziarono ad abbandonare il luogo. Iniziò ad arrivare i soldati dell’esse esse con i mitra spianati e atteggiamento pericoloso esisteva un clima di terrore; i combattimenti sempre più vicini e cruenti, una notte si sentì dei lamenti in continuazione con colpi di arma da fuoco e mitragliate a poca distanza, credo che anche mio padre avesse preso la decisione di lasciare quel posto. Arriviamo al nove luglio, giornata nefasta, Aldo si alzò presto prima dell’alba per andare alla vigna a prendere due noci per lasciarli mangiare a chi rimaneva a Piazza gianni. Al ritorno trovò Domenica che piangeva, non sono a conoscenza se lei voleva rimanere dato che era con i suoi genitori comunque si mise a discutere con mio padre dicendogli: tu sei con tua moglie e figlio, io sono sola Ezio è in guerra chissà se è vivo se ritornerà? Nel sentire quelle parole si arrabbiò talmente per quei discorsi fuori luogo che non si meritava; si era sempre sagrificato lui in prima persona per tenere unita la famiglia non badava a spendere i soldi suoi che però servivano per vivere tutti. Voglio ricordare un particolare che rende significativo il suo carattere; dopo poco tempo del ritorno del ritorno dall’Africa vennero ha cercarlo due dirigenti delle Ferrovie dello Stato chiedendogli se voleva essere assunto nelle stesse, erano in possesso di documenti dove attestavano le sue capacità. Inizio immediato, l’unica condizione accettare il trasferimento a Ponticino, Aldo per non lasciare soli l’altri famigliari in special modo la Domenica rinunciò all’incarico, preferì perdere un buon lavoro che abbandonare i fratelli e famiglia, questo era il suo modo di vita.