Autore
Anna De VitaAnno
2013 - 2017Luogo
MilanoTempo di lettura
14 minutiCombattente dal passo leggero
LA PRIMA COMUNIONE
Avevo 9 anni quando dovevo fare la prima Comunione, mamma mi fece fare dalla sarta un vestito bianco bellissimo e la pagò lavandole i panni gratuitamente per alcuni mesi. Il giorno prima della Comunione mi confessai, e tornata a casa mi sentivo un po' come la Santa Maria Goretti. Mio fratello maggiore, ogni tanto dopo un litigio, mi dava un calcio nel sedere, quel pomeriggio fu talmente forte che mi scappò: "faccia di merda", poi spaventata corsi in chiesa e mi confessai di nuovo, anche se dentro di me ero ancora infuriata nei suoi confronti. Il giorno dopo, tutta compunta feci la Comunione ma appena fuori dalla chiesa gli andai di fronte e gli dissi di nuovo: "Faccia di merda!"
I RAGAZZI DELLA VIA TRACIA 4
Avevo circa la stessa età, quando con altri ragazzi, più o meno coetanei (tranne Luigi 14/15), decidemmo di fare una gita alla "Montagnetta" (oggi "Monte Stella") creata dall'Architetto Mottoni con le macerie della guerra. Partimmo una mattina carichi di panini e bottiglie di acqua "idrolitina" e di raccomandazioni delle nostre mamme, che ci salutavano dalle finestre mentre partivamo. Durante il tragitto, naturalmente a piedi, cantavamo a squarciagola canzoni campagnole, facendo uscire alle finestre la gente che osservava divertita quel folto gruppo di ragazzi che andava chissà dove! Capofila Luigi, che ci proteggeva come sempre. In quel periodo lavorava come apprendista operaio agli altiforni dell'Alfa Romeo. La sua mamma lo trattava sempre come un bambino e ogni mattina quando si recava al lavoro, immancabilmente gli gridava dalla finestra: "Luigiii stà atent a atraversàà la stradaaa" e lui immancabilmente le rispondeva sottovoce: "Vadàviaelcùùù!". Morì molto giovane e io lo ricordo sempre con tenerezza.
Tornammo a casa stanchissimi ma felici ed orgogliosi, per aver passato insieme una bellissima giornata.
Nel nostro cortile. le porte degli appartamenti erano sempre aperte, le mamme curavano i bambini di quelle che andavano a lavorare. La mia, oltre a lavare i panni dei soldati, li lavava anche per altre famiglie in una cantina dove c'erano dei lavatoi. Quanta solidarietà e aiuto reciproco!
Siamo rimasti sempre uniti, e ancora oggi, ogni tanto facciamo una rimpatriata. L'ultima poco tempo fa, oltre a me erano presenti Delma, Edda, Lidia, Silvio, Carlo, Giorgio, Cristina, Loredana e tanti altri.
UN RICORDO PARTICOLARMENTE DRAMMATICO
La mamma aveva circa 32 anni. In quel periodo i miei fratelli iniziarono a fare qualche lavoretto e a portare a casa un po' di soldi. Dopo le ennesime liti e maltrattamenti, arrivata al limite di ogni sopportazione decise nuovamente di iniziare la separazione legale. La risposta di mio padre fu di andare dalle famiglie nelle quali lei lavava i panni e dire loro che sua moglie non aveva bisogno di lavorare, e di cessare di darle quei pochi soldi per mangiare.
Ricordo che una sera lui si fece cuocere una bella bistecca, mentre la mangiava ne staccò un pezzo e lo diede al suo cane mentre tutti noi, a digiuno, lo stavamo guardando. Se ne andò a dormire alla "Brusada". La mamma era fuori di sé per la rabbia e si recò alla cascina urlandogli di darle i soldi per i suoi figli, per tutta risposta la trascinò in un prato e la violentò, e poi le diede i soldi per un giorno. lo lo venni a sapere mentre si confidava piangendo con una nostra vicina di casa. Non contento, la sera seguente aspettò che i miei fratelli fossero usciti con i loro amici, si spogliò ed entrò nel letto matrimoniale nel quale quando si fermava, dormiva con mamma e la mia sorellina. Lei gli intimò di andarsene allora si alzò disfece il letto compreso quello dove dormivo io con l'altra mia sorella, mise in piedi le reti e ci proibì di entrare nella camera. Non ci vidi più dalla rabbia, cominciai a picchiare con pugni e calci contro la porta chiusa, urlando: "Apri la porta, apri la porta altrimenti la spacco tutta!!". Esterrefatto la aprì, e con la mamma tirammo giù le reti, io feci entrare le mie sorelle e le misi a letto. Allora mio padre cercò di picchiarla ma io mi misi in mezzo a loro, e con una forza che mai avrei creduto di avere gli urlai: "Prova a toccare ancora una volta la mamma che ti uccido". Ricordo come se fosse oggi il suo sguardo sorpreso e quasi di ammirazione nei miei confronti, forse per il coraggio che avevo avuto, non mi picchiò e senza parlare se ne andò. Qualche sera dopo tornò. Mia mamma gli chiese i soldi per noi, lui rispose che prima doveva promettergli che avrebbe ritirato la richiesta di separazione, al suo rifiuto cominciò l'ennesima scenata. lsulti parolacce, la più bella era "Ti ammazzo brutta puttana!". Erano circa le 23, terrorizzata uscii da casa e suonai alla porta della mia vicina, le chiesi 35 lire per il biglietto, andai in piazza Segesta, salii sul tram 15 e scesi in corso Vercelli e da lì chiesi ad un passante dove si trovava la Questura. All'inizio mi indicò la strada poi decise di accompagnarmi, ma mi resi conto che aveva altre intenzioni. Spaventata scappai e con sollievo mi accorsi che non mi aveva inseguita. Mi recai in Questura e piangendo dissi al commissario: "Mio padre è tutta la sera che che minaccia di uccidere mia mamma!". Subito chiamò due agenti che mi fecero salire su una camionetta e mi portarono a casa. Abitavamo al piano terrra. Mio padre non aveva ancora finito di inveire contro mia mamma! Entrarono in casa, gli misero le manette e mentre lo portavano via lui mi gridò: "Ti maledico!". Uscì di prigione dopo una decina di giorni. Non avevo ancora 1O anni!
La richiesta di Separazione Legale procedeva, ma a causa della violenza subita due mesi prima, la mamma rimase incinta. Vidi con i miei occhi che mio padre le dava i soldi perché abortisse. Dopo l'aborto le disse che se non annullava la richiesta l'avrebbe denunciata. Allora c'era una legge che mandava in prigione le donne che si procuravano l'aborto. Sicura che non lo avrebbe mai fatto si rifiutò. Ma invece mio padre la denunciò. Vennero i carabinieri, l'arrestarono e poi la portarono alla Clinica "Mangiagalli". Il medico la visitò, poi fece la prova per sapere se era incinta. Tale prova consisteva nel controllare se dai capezzoli usciva del siero. Se sì, significava che lo era. Naturalmente l'esito fu positivo. Il medico impietosito per aiutarla ad evitarle il carcere le chiese: "Quanti anni ha la sua bambina più piccola e per quanto tempo la ha allattata?". La mamma capì il messaggio d'aiuto e rispose: "Ha 2 anni e l'ho allattata fino a poche settimane fa!". Allora si rivolse ai carabinieri e disse loro: "La signora non ha abortito, il siero è il residuo dell'ultimo allattamento!".
Sono certa che dopo avere letto questi drammatici episodi qualcuno può pensare che ci doveva pur essere una ragione perché un uomo dovesse comportarsi in un modo così crudele. Sì c'è! Se mia mamma avesse accettato, tutta contenta una gravidanza all'anno, di lasciare morire di fame e di freddo i suoi figli per mancanza di cibo, di cure e di freddo, di andare a vivere in una cascina dopo essere uscita da una stanza sola con cinque figli, accettato di dividere il letto con altre donne, di prendere schiaffi e parolacce sin dal primo giorno di matrimonio, sicuramente mio padre sarebbe stato contento. Ma per nostra fortuna, e sfortuna sua, sposò una donna intelligente, orgogliosa, che non accettava di essere trattata come un essere inferiore o come un oggetto, che voleva essere rispettata, che non solo non abbassava la testa di fronte ad un uomo che la maltrattava, che la insultava, che la tradiva, che usava i suoi figli per continuare ad agire come un padrone del suo corpo e della sua dignità di donna, che sacrificò tutta la sua vita per proteggere e crescere i suoi figli ma che non gli permise di schiacciarla sotto i suoi piedi! In quegli anni, soprattutto in meridione, la maggioranza degli uomini era convinta che la donna non fosse ritenuta nemmeno all'altezza di poter votare, che la donna fosse un essere inferiore, che non doveva permettersi di esprimere la sua opinione, lei non aveva diritti ma solo doveri e mio padre era uno di questi, in sintonia con le idee fasciste di Mussolini, il quale riteneva che le donne dovevano fare figli maschi da inviare in guerra a combattere e spesso a morire per la patria. Pertanto ritengo che la mamma fu una "pioniera" nella battaglia sui diritti della donna avendo avuto il coraggio di separarsi con cinque figli piccoli a soli 33 anni. Questo nel 1947!
LA MIA STORIA CONTINUA
Finalmente arriva il giorno in cui i miei genitori vengono convocati in Tribunale per la separazione legale. Mia mamma difesa da un avvocato d'ufficio, mio padre dal famoso Avvocato Degli Occhi (fascista), il quale impostò tutta la difesa cercando di far apparire mia mamma come una donna che si assentava spesso per accoppiarsi con molti uomini, che non si curava dei suoi figli, che rifiutava i suoi doveri coniugali, che spendeva un sacco di soldi per vestiti e profumi. L'avvocato di mia mamma fece scena muta. Per caso passava di lì l'Avvocato Greppi (socialista, che in seguito divenne Sindaco di Milano) e sentendo parlare il collega che conosceva molto bene, si fermò ad ascoltarlo. Osservando mia mamma, vestita poveramente ma in ordine, pallida per la rabbia mista a paura, capì che per lei si metteva molto male e che invece era una vittima nelle mani di un uomo senza scrupoli. Allora chiese al Giudice di sospendere il processo per una settimana, poi le disse che da quel momento l'avrebbe difesa lui. Impostò la difesa facendo testimoniare solo me e mio fratello maggiore. La settimana seguente l'Avvocato di mio padre ripetè le accuse contro la mamma, poi incominciò la difesa dell'Avvocato Greppi il quale chiese al Giudice di interrogare prima mio fratello maggiore e poi me. Non so cosa disse mio fratello. Ero troppo spaventata per ascoltarlo! Avevo 11 anni. Quando arrivò il mio turno tremavo come una foglia, volevo difendere la mamma con tutte le mie forze ma avevo paura di mio padre. La domanda che mi pose il Giudice fu più o meno questa: "Dimmi qualche cosa della tua mamma e del tuo papà". Ricordo che risposi più o meno così: "La mamma, tutti i giorni, lava e stira tanti panni per i militari e loro ci regalano il pane, il burro e anche la marmellata, poi li lava ai signori ricchi e loro ci danno un po' di soldi. Il mio papà ce ne da troppo pochi, e quando è arrabbiato non ci dà niente, neanche il carbone, così siamo al freddo, e quando abbiamo fame lui mangia la bistecca, poi ne dà un po' al cane e a noi non ci dà niente!". Il Giudice guardò mio padre e gli disse: "Si vergogni!".
Mio padre perse la causa. Gli ordinarono di lasciare la casa, di darci 30.000 lire al mese per il nostro mantenimento e noi fummo assegnati tutti e cinque alla mamma. Tutto questo fu scritto sull'Attestato della separazione legale del Tribunale di Milano. Naturalmente non ci diede mai una lira.
Che festa quel giorno in cui mio padre uscì definitivamente dalla nostra casa, portandoci via persino le posate! Ballavamo e cantavamo felici. Alcuni vicini di casa attirati dalla nostra contentezza si uniroro a noi per partecipare alla nostra gioia. lo mi sentivo finalmente liberata da tutta quell'angoscia che mi aveva accompagnata per anni. Che bel viso radioso e finalmente sereno aveva quel giorno la mamma! Penso che quello fu uno dei più bei giorni della mia vita! Lo descrivo così:
Il buio, la paura
Poi la gioia e la natura
La mia infanzia
Le lacrime della mamma
La rabbia di mio padre
E io, io, piccina in mezzo
La difendo
Ma quanta paura!
La mamma libera
Bella, balla
lo, Alberto, Sandro, Maria, Silvia
In girotondo
In mezzo ai fiori
Il volo delle farfalle
Splende il sole
Gioia felicità
Naturalmente non ci diede mai un solo centesimo e la Legge non potè intervenire in quanto, lavorando per conto suo riusciva a far credere di non guadagnare quasi nulla. Gli assistenti sociali diedero una seconda volta a mamma la possibilità di mettere in collegio i tre figli più piccoli, ma lei rifiutò categoricamente.
Ricordo come in passato mi angustiavo sulle cose che mamma non faceva, come tenermi in braccio o sulle sue ginocchia, leggermi le favole, accarezzarmi e darmi almeno il bacio della buonanotte, ma da quel giorno ebbi la consapevolezza che non mi avrebbe mai abbandonata. Questo è stato il suo grande dono fatto a me e ai miei fratelli! Purtroppo il nostro ringraziamento glielo abbiamo scritto sulla lapide solo dopo la sua morte: "GRAZIE MAMMA!".
Abbiamo ricevuto tutto come se ci fosse dovuto!