Questo sito usa cookie di analytics per raccogliere dati in forma aggregata e cookie di terze parti per migliorare l'esperienza utente.
Leggi l'Informativa Privacy completa.

Logo Fondazione Archivio Diaristico Nazionale

Autore

Iria Parlanti

Anno

1998

Luogo

Pisa/provincia

Tempo di lettura

4 minuti

Desideravo una bicicletta

Tutte le mattine all'alba, quando mi alzavo, guardavo il cielo che era quasi sempre velato da una nebbiolina ovattata che somigliava tanto alle nubi.

Alla fine di agosto raggiungemmo l'obiettivo: eravamo riusciti a risparmiare le trecentomila lire! Ero contenta matta! L'euforia durò poco perché quell'estate, come era successo l'anno prima, anche mio fratello, che di solito restava a casa a fare il barbiere, era venuto a fare i mattoni con noi perché, non essendo titolare di barbieria, guadagnava poco e desiderava risparmiare il necessario per sposarsi. Naturalmente mio fratello mi disse: "La bicicletta te la comprerai l'anno prossimo! Quest'anno i soldi servono a me per sposarmi". Dal suo punto di vista aveva pienamente ragione, ma l'avevo anch'io che avevo lavorato con tutte le mie forze con la speranza di una bicicletta tutta mia e il pensiero di un altro inverno sola a casa mi faceva piangere disperata. Mio padre mi disse allora: "Se durante questi quindici giorni di settembre non piove mai. Ti prometto che te la compro". A settembre è quasi impossibile che non piova mai, specialmente in Piemonte. Tutte le mattine all'alba, quando mi alzavo, guardavo il cielo che era quasi sempre velato da una nebbiolina ovattata che somigliava tanto alle nubi. Io piangevo e pregavo la Madonna perché quelle non fossero nubi e perché non piovesse. Quando il sole si alzava e rischiarava il cielo, io naturalmente lavoravo fino all'esaurimento delle mie forze. Ebbi finalmente anche questa fortuna: finché rimanemmo in Piemonte non piovve mai! Quando tornammo a casa mio padre andò a comprarmi la bicicletta. Era bellissima: il telaio di un bell'azzurro cobalto, la retina del parafango grigio chiaro, il manubrio sportivo. Su quella bicicletta mi sentivo la più ricca del mondo!

Immaginatevi quando vidi il cerchione della ruota posteriore rotto! Non ci vidi più!

Ma non è ancora finita! Dopo quindici giorni stavo attraversando la strada con la bicicletta a mano quando vidi avvicinarsi la polizia stradale in moto. Viaggiavano sempre in due ed uno di loro, forse per fare il gradasso. cominciò ad andare a zig zag, facendo finta di venirmi addosso. Purtroppo, però, non lo fece solo per finta! Con la moto il poliziotto urtò violentemente la ruota della bici. Immaginatevi quando vidi il cerchione della ruota posteriore rotto! Non ci vidi più! La rabbia e la disperazione mi fecero dimenticare la mia timidezza, andai incontro al poliziotto che sembravo una iena! La prima cosa che gli dissi fu: "Lei lo ha fatto apposta, ora me la ripaga!". Nel 1951 erano tempi duri, la polizia non era quella di oggi. Davanti al luogo dell'incidente c'era un bar dove sostavano diversi uomini, videro e sapevano che avevo ragione, ma nessuno si mosse per venire a difendermi, solo un ragazzo ebbe il coraggio di farlo e loro lo minacciarono di portarlo in caserma. Con modi bruschi l'avevano già fatto salire sulla moto, ma per fortuna intervenne sua sorella che, piangendo e pregando, riuscì a convincerli a lasciarlo andare evitandogli così una brutta avventura. I poliziotti accettarono di pagare la sostituzione della ruota e così andammo da un ciclista che, a lavoro finito, si fece pagare la somma di lire 1.500 dai due militari. Ma quando i poliziotti se ne furono andati il ciclista mi chiese ancora mille lire, perché, mi disse, la ruota costava di più e che per non inimicarsi la polizia aveva fatto loro uno sconto. Naturalmente la mia risposta fu negativa e non accettai che la ruota sostituita fosse di marca inferiore. Prima di andarsene i poliziotti mi avevano fatto delle minacce anche se velate: "Signorina non si faccia trovare mai senza campanello o senza fanalino posteriore, perché le faremo la multa!". lo ero tranquilla, la mia bicicletta era nuova! Gli anni poi sono passati. Avere la bicicletta non era più così importante e indispensabile, il sogno italiano di una macchina per ogni famiglia sembrava realizzarsi, i mezzi pubblici cominciarono ad essere più efficienti. Eravamo negli anni del grande sviluppo economico. La bicicletta, un tempo così importante, era rimasta abbandonata in cantina. Fu così che la regalai a mio fratello che abitava a Pontedera al quale sarebbe servita per spostarsi fra casa e negozio.