Autore
Caterina MinniAnno
2014Luogo
Perugia/provinciaTempo di lettura
8 minutiDiario di una fenice irrequieta
22/02/14- ore 09.46
 
Fortuna che ieri pomeriggio al convitto, era di turno Anna! Non so come farei senza di lei: mi capisce, mi aiuta, mi fa ridere e sorridere. È il mio angelo custode. Mi fido cecamente di lei, so che non mi tradirebbe mai! Il rapporto con Anna è speciale e mi ricorda tanto quello che avevo con Marco, uno psicologo del Francisci: nonostante non fosse il mio terapeuta, parlavo sempre con lui ed ero contenta di farlo, non mi sentivo violata o non capita (come mi era successo con altri psicologi/he) ma perfettamente a mio agio e aprivo completamente sia cuore che mente. C’era un gran feeling tra noi due ed io lo percepivo quasi come un padre, in quel contesto. Anche di lui mi fidavo profondamente ed è stato proprio Marco ad abbracciarmi e prendermi tra le sue braccia, dopo tanto tempo che nessuno lo faceva..dopo tanto tempo che lo impedivo a chiunque, per non pesare sugli altri. Non volevo neanche essere toccata allora, né tantomeno sfiorata ,per paura che le altre persone sentissero al tatto la stessa massa informe che percepivo io. Ritornando ad Anna, io e lei ci siamo accorte che abbiamo tantissimi punti in comune, come per esempio la passione per scrittura e lettura: lei ha scritto un libro e ne attende la pubblicazione ed io, ancora quattordicenne, sto a scrivere giorno e notte.. un po’ per passione, un po’ per sfogo. Nonostante sia difficile trasformare in inchiostro i pensieri così contorti della mia mente, lo scrivere mi aiuta anche a capire più cose di me, dato che le vedo scritte nero su bianco, insomma, è uno splendido strumento di autocritica e di autoanalisi.
22/02/14- ore 18.24
 
Tra me e mia madre c’è un continuo rapporto di odio e amore: si passa da baci e coccole, a litigi interminabili e pungenti in modo decisamente repentino. Ovviamente si discute per piccole e futili cose, che però spesso sfociano in ragionamenti e discorsi tutt’altro che insignificanti, anzi! Decisamente psicologici e penetranti. Oggi, uscendo con lei sotto il timido e debole sole di fine inverno, siamo finite per litigare sulla scelta errata della strada, presentatasi piena di fango e pozzanghere e siamo arrivate a parlare della strada in senso metaforico chiudendo il discorso con questa mia frase “un essere umano, lascia la strada vecchia per intraprenderne una nuova, solo quando disperato o colmo di strumenti decisionali sicuri e affidabili”. In fondo questa è stata la mia vita finora: un continuo cambiare strada, percorso. Sono sprofondata nell’ anoressia perché disperata e stanca della mia condizione di vita, ne sono uscita per la prima volta, sempre per il medesimo motivo, ma la vera rinascita è stata quando, quest’anno, dopo una rovinosa ricaduta, ho deciso di uscirne definitivamente invece di fuggire ancora..finalmente in possesso degli adeguati strumenti decisionali! L’essere umano nasce piangendo, è inizialmente debole ed insicuro, nel corso della vita la crescita fisica è affiancata da quella mentale e solo quando si è maturati definitivamente si può essere pienamente sicuri delle proprie capacità, in quanto esseri perfetti. L’unico problema è..che non si smette mai di crescere e maturare! Mai si arriverà dunque ad un livello di autostima e sicurezza tale da essere felici e soddisfatti. In conclusione, l’umano sbaglia perché insicuro e debole. Io ( per mia relativa fortuna) sono un essere umano.
23/02/14- ore 09.38
 
Ottime notizie...no! Pessime. I nonni paterni, oggi, ci delizieranno della loro presenza. La cosa che mi preoccupa di più è il momento del pranzo in cui sicuramente cominceranno i discorsi opprimenti e ripetitivi sul cibo e sul mangiare. Discorsi che ancora mia nonna si ostina a fare nonostante l’accaduto! In più, l’unico punto d’incontro che ho con lei sono gli argomenti “cibo e malesseri vari” di cui insiste a parlare 24 ore su 24. È veramente un supplizio! Con mio nonno, invece, non parlo molto spesso e quando ci scambiamo qualche chiacchiera, sosteniamo mini dialoghi di circa tre minuti. Il fatto è che i miei nonni paterni sono bi tematici e, mentre mia nonna mi perseguita, mio nonno guarda solo mio fratello. Nonostante percepisca il loro affetto, il loro modo di palesarlo mi disturba e mi angoscia...è difficile stare con persone che ti mettono una tale ansia da farti mancare il respiro. Questo non lo percepisco solo io: anche mia madre si agita ed innervosisce più del solito quando abbiamo a che fare con loro e finiamo, sia io che lei, in un angolino depresse a cercare di confortarci. Mio fratello degna di attenzioni solo mio nonno, dato che con lui può conversare di calcio e di tutte le altre sfaccettature di sport, mentre mio padre cerca di fare da collante in questo puzzle i cui pezzi appartengono a composizioni diverse. Vorrei qui con me Carol, Allegra e Francesca per fare un po’ di ironia su quella che si prospetta un disastrosa giornata di ansie e mancate nutrizioniste.
23/02/14- ore 13.29
 
I discorsi alimentari sono stati sostituiti da un imbarazzante e persistente silenzio. Ovviamente, non avendo altri argomenti di conversazione, il dialogo è nato a fatica e si è concluso dopo due frasi banali, scontate. Preferisco comunque questo al ritmo incalzante e sfiancante che alimenta le nostre solite conversazioni e ai frenetici consigli medici e alimentari della nonna o ai discorsi politici del nonno. La cosa positiva di questa mattinata è stata la riuscita del complesso dolce alla vaniglia preparato ieri sera, risultato gustoso e delicato, con diversi strati e consistenze, proprio come indicato nella ricetta. Devo ammettere che sono stata fiera di me e mi sono sentita di valore, pienamente soddisfatta. In più, il dolce, a differenza degli anni passati, me lo sono gustato anche io, senza sensi si colpa né rimpianti! Sicuramente diverso da due anni fa: la noia e l’ansia mi stavano logorando, decisi perciò di cercare una ricetta di un dolce su internet ( pensavo solo al cibo in quel periodo) provando a toglierne i possibili ingredienti fobici (burro, olio e nell’ultimo periodo anche uova)e cercando di non raggiungere un tot di calorie per porzione. Facevo tutto ciò perché speravo fino all’ultimo che quel dolce lo avrei mangiato anche io, quando invece tutte le occasioni che mi si presentavano per farlo le rifiutavo, per il semplice motivo che non avevo la forza di compiere quel gesto allora così importante. Per rimediare a questa mia mancanza, quello che avevo cucinato lo lasciavo alla mia famiglia, che obbligavo a mangiare ricattandola e controllandola, quasi palesando e rispecchiando quello che stava succedendo nella mia mente malata. Ed era un incrocio di soddisfazione e dolore, osservare mio fratello ingozzarsi, mia madre e mio padre mangiare con gli occhi lucidi...mi sentivo potente! Sentivo quella potenza e quella determinazione che non avevo mai saputo ostentare nel momento del bisogno. La sentivo.. ma quella non ero io.
23/02/14- ore 22.40
 
Appena rientrata in convitto, dopo un’inaspettatamente magica e rilassante serata con mia madre, decido di andare in camera per dormire, tanto ero stanca, ma non sapevo mi attendesse una brutta sorpresa. Varcata la soglia della stanza numero 9, faccio per mettere in ordine le borse colme di abiti, ma aprendo l’armadio, noto con immenso stupore che i miei vestiti sono spariti! Attimo di ansia. Penso il peggio. Mi siedo sul letto lentamente prendendomi la testa tra le mani, solo in seguito esco dalla stanza e corro dall’educatrice per chiederle spiegazioni. Vengo a scoprire,in sintesi, che Anna aveva svuotato l’armadio perché in disordine, mettendo il mio intero guardaroba in un sacco nero. In quel momento l’ansia ha preso il sopravvento e, nonostante cercassi di ostentare calma, alla fine sono scoppiata a piangere: ero convinta di aver deluso le aspettative di Anna e di mia madre nei miei confronti...ne ero sicura! Mi è semplicemente crollato il mondo addosso: troppe cose mi girano per la testa, troppi problemi ultimamente, troppa agitazione, poca lucidità...non ce la faccio più! In quell’istante ho avuto la certezza di aver tradito l’affetto di Anna. Sono andata a dormire, dopo essermi sfogata con Clara (educatrice), troppo stanca per misurare l’angoscia e il senso di colpa che mi stava logorando.