Questo sito usa cookie di analytics per raccogliere dati in forma aggregata e cookie di terze parti per migliorare l'esperienza utente.
Leggi l'Informativa Privacy completa.

Logo Fondazione Archivio Diaristico Nazionale
Chi non conosce mia figlia? Tutti sanno chi è Marina perché è lei che si fa avanti, che si mette in mostra.

La bambola del palazzo

Chi non conosce mia figlia? Tutti sanno chi è Marina perché è lei che si fa avanti, che si mette in mostra. Quando è in terrazzo chiama la gente che passa sulla strada e non si zittisce fino a che la persona o le persone chiamate non si rivolgono a lei con una parola o un cenno di saluto. In casa piange, ride, gioca, fa le bizze, sgambetta e tutti gli inquilini sanno che Marina è un “folletto”, ha l’argento vivo addosso.

E gli altri bambini? Gli altri bambini la chiamano, la vengono a trovare e quando vedono me o Zavia fuori chiedono dove Marina sia e perché non la portiamo fuori a giocare con loro.

Ma Marina non può giocare con loro, è troppo piccina, non si regge ritta sulle gambe! Non importa. La vogliono per averla vicino a loro, per guardarla, per toccarla, e spesso per tenerla sulle ginocchia, come una bambola. E davvero Marina sembra una bambola, col visino tondo, il corpo grassottello e le mani in un atteggiamento statuario, ma naturalissimo.

Quando ha avuto il morbillo tutti, grandi e piccini, ne erano costernati; si informavano ogni tanto delle sue condizioni, chiedevano quando l’avrebbero rivista. E tutti erano afflitti. Il giorno del suo compleanno Marina era perfettamente guarita e ha avuto un sacco di auguri dai parenti e dai compagni.

Tutti la volevano, tutti l’accarezzavano. Sembravano dire: “Sei guarita, sei tornata con noi, siamo contenti!”

Mi chiama sempre, mi vuole sempre.

“Babbo, babbo!”

Mi chiama sempre, mi vuole sempre. “Ha un debole per te” dice Zavia.

Certo è che Marina quando la tengo in braccio non vuole andare da nessun altro; appena mi vede dà in esclamazioni di gioia. Se mi allontano, dopo essermi trattenuto con lei, piange. A sera poi, dopo cena, quando rimango in casa non mi fa muovere un passo. “Babbo, babbo!” – chiama sempre. Se mi può seguire è contenta, altrimenti invoca il mio nome per molto tempo ed è assai difficile consolarla.

Non sempre ho voglia di intrattenermi con lei, ma come si fa a non farla contenta? E’ troppo graziosa, è troppo affezionata per aver il coraggio di non interessarmi a lei. E poi io ci godo a vederla, a giocarci, a sentire tra le mie mani il suo corpicino caldo. Sono le ore più belle della giornata, quelle che passo con lei. Mi fanno dimenticare ogni pensiero e preoccupazione, sento di tornare fanciullo.