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Autore

Luciano Sansoni

Anno

1943 -1944

Luogo

Venezia

Tempo di lettura

4 minuti

Guerra 1939-1945

era insomma il successo del ventennale ricatto del fascismo, ricatto secondo il quale non si poteva essere antifascisti senza essere antinazionali, come se il fascismo fosse nazionalismo e basta.

Poiché in questi giorni del luglio 1944 ho preso la risoluzione di mettere per iscritto le vicende di cui sono stato protagonista e spettatore, in relazione con l'evolversi della situazione politica italiana e della presente guerra, bisogna che riassuma, brevemente purtroppo dato il mio desiderio di darne una chiara illustrazione, le mie convinzioni personali e gli avvenimenti antecedenti.

Allo scoppio della guerra le mie convinzioni politiche erano quelle della enorme maggioranza degli studenti, con la differenza che, mentre gli altri miei compagni trascuravano completamente, nella valutazione del fascismo, la sua politica sociale, perché lontani dai problemi del sindacalismo e del lavoro, io disistimavo completamente la politica sociale fascista, sia per l'approfondimento che l'esame di questa aveva avuto nelle diuturne discussioni familiari, sia per qualche mio studio e contatto particolare da me avuto con alcuni professori del liceo su questo argomento. Era la politica nazionalista quella che riscontrava tanta adesione tra noi giovani ignari di problemi sociali; era insomma il successo del ventennale ricatto del fascismo, ricatto secondo il quale non si poteva essere antifascisti senza essere antinazionali, come se il fascismo fosse nazionalismo e basta. Non vedevamo, per inesperienza, l'inganno di un partito che, con l'insegna pomposa di “nazionale" voleva imporre la sua politica di partito sfruttatore antisociale, abbacinando il popolo con presunte conquiste nazionali grazie all'enorme, soffocatore apparato propagandistico e al gettito continuo di centinaia e centinaia di leggi e provvedimenti sociali che quasi sempre si limitavano all'enunciazione, oppure che, come la beffa delle corporazioni, diventavano nuovi strumenti di inganno e di sfruttamento.

Questo è un esempio della spontaneità e libertà com'erano concepite in regime fascista.

Ma di tutto ciò, alla superficie, il popolo soprattutto i giovani - non dovevano vedere che le mete nazionali, non badare a sacrifici in vista di queste, e chi si lamentava di quelli, dimenticava queste e diventava un antinazionale. Un vero e proprio ricatto! Ma, pur non avendone coscienza, noi studenti ironizzavamo sulle capacità degli organizzatori fascisti e dei cosidetti “gerarchi", che noi potevamo conoscere bene attraverso le innumerevoli, snervanti e inconcludenti adunate delle organizzazioni giovanili. E le famose dimostrazioni studentesche del 39? Il preside ci diceva alla mattina: Oggi, ragazzi, secondo disposizioni delle Autorità siete liberi! E chi non se ne tornava a casa andava a girellare e a cantare con gli altri in gruppo per la città.

Allora avevo 15 anni, frequentavo la quinta classe del ginnasio e cominciavo a ragionare con la mia testa.

Una dimostrazione cui io partecipai era stata avversata dal Preside e perciò inscenata da pochi studenti ma, sventata dall'intervento di un commissario della polizia e da alcuni agenti in borghese - che arrestarono un mio compagno di scuola e non lo rilasciarono finché non ci sciogliemmo. Spiegazione: la dimostrazione era pro Finlandia nazionalista e precedeva di pochi giorni il famoso accordo russo-tedesco.

Questo è un esempio della spontaneità e libertà com'erano concepite in regime fascista.

Quello che fece, durante la guerra, la mia famiglia per salvaguardare la sua integrità e la sua esistenza. Già nel settembre di quell'anno, allo scoppio della guerra, mio padre, per il timore di violenti bombardamenti aerei sulle città – previdente timore purtroppo - aveva fatto sfollare la mia famiglia in un paesino sul Po', Caselle Landi, dove mi ero dilettato per un mese dedicandomi ai lavori campestri con i contadini.