Autore
Dante CrescioliAnno
1991Luogo
Arezzo/provinciaTempo di lettura
5 minutiI ricordi di un emigrante pievano
L' estate, l'attesa dell'estate; l'estate per noi ragazzi di quel tempo era fatta di cose e giochi semplicissimi, l'attesa spasmodica che essa arrivasse sempre quanto prima, suscitava quasi nervosa impazienza nei sensi e nell 'immaginazione, tant'era forte la gioiosa fantasia nell'aspettarla. L'atmosfera trasparente e indomata che aleggiava nella nostra fantasia e nell'immaginazione era tale da farci sentire anzitempo gli odori stagionali ed il piacere di sogni e giochi favolosi. Sebbene non vi fosse allora, facili e comuni romanzi letterari di scarso valore fantascientifico, quei pochi preziosi classici, erano però più che sufficienti a capire e rendere nulli, tutti quelli inutili e sciocchi racconti di fantascienza usati a smisura oggi. Quelli meravigliosi dei tempi nostri hanno anticipato realmente la scenza moderna in ogni sua [sezione]. Per il resto non vi era l'esagerata invasione, nociva dei videogiochi- non vi era videocassette-sonore, incollate al cervello dei giovani, non vi era la televisione, tuttavia con la mente chiara e libera da ogni forzatura alla moda, che quasi sempre condiziona il naturale singolo sviluppo mentale e nel nostro modo di pensare e di sognare riuscivamo a godere il profumo leggero e meraviglioso della natura. Per rendere una semplice idea di come funzionava la nostra immaginazione, e per poter esporre la fantasia di un nostro caso limite va detto che, a quei tempi tutte le donne giovani o anziane vestivano con gonne lunghe fino a quasi coprire le caviglie dei piedi, ebbene noi giovanetti avevamo la sfacciataggine di ricostruire mentalmente l'anatomia di gran parte di esse, attraverso un presunto lavoro mentale, tanto vero che recandoci di nascosto ove molte donne usavano qualche giorno ( il sabato) della settimana, fare il bagno alla cosiddetta bagnarola, fatta apposta per loro vicino al gorgo della [Serpe] al Col destro, e sebbene in parte coperte da quello che allora era il costume da bagno, noi vi ci si recava, soprattutto per verificare l'esattezza o meno della nostra immaginazione. Questo per dire come si occupava la mente e non il videogiochi. Certo tutto per gradi e lo sviluppo cominciava, sia pure furbescamente, con i giochi più infantili, tanto caro e piacevole, del resto in tutti i tempi, era la nascondarella, noi però l'avevamo organizzata in un modo tutto nostro. Giocavamo prevalentemente, durante l'estate ai giardinetti pubblici e, mentre i più grandi, riuniti in più gruppetti, anche forestieri e villeggianti, seduti lungo il muro con la ringhiera dalla parte del TEVERE, strimpellavano canzoni e musiche, allora di moda, con mandolini e chitarre, noi piu piccoli- relativamente- con le nostre amichette ci arrampicavamo su per gli abeti. Il gioco era favorito dal fatto che, gli abeti avevano lunghi rami bassi che si stendevano parallelamente vigorosi a varie altezze dal basso del fusto, essi vegetavano nel bel mezzo delle aiuole e ci favorivano facili scalate. Naturalmente con la scusa di far credere di poter prevenire ed evitare possibili pericolose conseguenze in caso di qualche caduta facevano arrampicare per prima le nostre amiche, dopodichè raggiuntele, era necessario rimanere fermissimi fino ad apparire quasi in simbiosi con le piante e, così piacevolmente accoccolati, cercavamo di mimetizzarci il meglio possibile per rendere difficile l'individuazione augurandoci di cuore di esser scoperti il più tardi possibile e quando ciò avveniva non ci faceva piacere doppiamente affatto.
Erano i tempi che erano, la vita ed il nostro amato paese era tutt'altro che oggi, figuriamoci che anche nel campo delle comunicazioni vi era si, e no, un solo mezzo pubblico al giorno, (il Baschetti) che collegava Pieve a Sansepolcro. Capitavano ogni tanto, ma di rado, qualche compagnia teatrale e per arrivare ad esibirsi a Pieve giungevano disperate e affamate, sebbene dei soldi ve ne erano pochi in giro, il teatro Comunale riusciva sempre con il modesto afflusso dei cittadini ad aiutarli. Vi erano inoltre alcuni [pseudo] artisti dilettanti locali che nel nostro teatro rappresentavano magistralmente meravigliose operette tanto gradite ed incoraggiate, tuttavia tutto si concretizzava in una realtà assai lontana dalla ricca abbondanza di mezzi e di informazioni culturali di oggi. La misura della difficile realtà di quei tempi, può essere rappresentata curiosamente, tuttavia incredibile, tanto si pensi che gran parte dei giovani di questo nostro paese, fino all'età di 20 anni, (periodo della vita in cui nessuno poteva esimersi dal non prestare il servizio militare), aveva mai visto il treno ed il mare. Quando il povero Bruno di[ Passanante] fu chiamato per il militare, giunto con altri alla stazione ferroviaria di Arezzo e vide per la prima volta il treno, scoppiò in una sua memorabile ed incontenuta esclamazione, gridando e ridendo tanto esageratamente da sembrare pazzo, e ballando seguitava a gridare il treno, amici il treno, il treno guardate il treno.