Autore
Houda LatrechAnno
2019Luogo
MaroccoTempo di lettura
5 minutiIdentità
Genova sa dei suoi passi, me ne accorsi la prima volta, in gita con i miei compagni, sembrava di attraversare un déjà vu mentre le strade che mi descriveva si palesavano ai miei occhi, ulivi, cavalcavia, il mare che aggredisce la roccia, la fortuna che aspra si palesa e Sfinge pone quesiti irrisolvibili, chi sei, cosa fai, sei davvero arrivato, è davvero questo un porto? Mi fermai sul molo e inspirai forte, l’aria sapeva di Tangeri e lui che non era abituato al mare, dopo Lione, decise di non fermarsi. Como era troppo arroccata sulle montagne, la roccia accarezzava l’acqua e l’altezza gli provocava vertigine, a Bergamo e Brescia troppi conoscenti. Ci sei stato a là, baba? Sembrava essere stato dappertutto e ricordare le strade come fossero vene del suo stesso corpo. Ma la Lombardia l’aveva rapito e alla fine la terra di Bossi e Maroni fu la scelta. Ma Varese è provincia, ancora troppi nomi, ancora troppe strade e il richiamo verde della campagna, di un amico, il suo primo, opposti come possono esserlo solo il giorno e la notte, l’oriente e l’occidente, il tesoro della sua amicizia è una casa sul fiumiciattolo, e poi la seconda casa, dall’altra parte della strada. Ma è a senso unico? No, doppio senso di circolazione, A. rideva, dicendo che gli piaceva riportarmi a casa, perché è come fare un rally in campagna.
La nuova casa, o meglio, vecchia casa, ristrutturare una casa del seicento, l’antico forno, avere un giardino, un cortile, una stanza in due e non in quattro. E intanto lui lavorava e io studiavo con la stessa diligenza, un sogno parallelo, senza sapere che fossi io il suo sogno. L’ho realizzato baba? Non ho ancora scritto un libro, quindi no, e lui lo sa, non dice di sì, perché sa che questa è la mia storia, la sua storia, la nostra storia, noi che conserviamo la memoria in un passaporto verde, diverso da quello degli altri in famiglia, un riscatto che abbiamo pagato e non ricevuto, un premio meritato, non recapitato, una coda più lunga in aeroporto, visti a non finire per un solo viaggio e un paese che non ha bisogno del nostro voto. Noi due che a furia di volerci diversi siamo diventati uguali, e abbiamo fatto di un paese pieno di contrasti, il nostro cuore. Scrivilo mi dice spesso, scrivilo che sei figlia dell’uomo a cui fu negata la benzina il giorno in cui riuscì a permettersi una macchina, scrivi che non abbiamo mai chiesto nulla a nessuno, e scrivilo che questo, tra tutti, è diventato il mio paese.
Nessun sogno americano, nessuna illusione, ma una luce, una luce che ci tiene qui, che mi dice ogni volta che sembro disperare: conosco l’Italia, non aver mai paura del tuo paese.
E io sto bene. Stiamo bene.
Meglio la ghorba che la hogra, dice, meglio l’esilio che l’ingiustizia, la terra di Allah è vasta, ma tu resta, finché c’è rizq per te, finché c’è possibilità di andare avanti, di vivere, non solo sopravvivere.
L’ho capito, che l’Italia è sua, e lui suo, quando testimoni le onde del Mediterraneo, davanti lo stretto di Gibilterra, all’orizzonte l’Europa, mi disse, ritorniamo al nostro paese, e non intendeva il Marocco, parlava della terra di Leonardo.
La tua anima è un foglio bianco, l’identità è l’inchiostro che versi per riempirlo. Mi ha detto ieri. 
E qual è il mio inchiostro? Ho chiesto, il tono scettico di chi non sa più cosa cerca.
È più chiaro di quello che ti aspetti, Houda, sotto la rabbia sei più pura di quello che nascondi, meno solida di quanto pensi.
 
L’Italia è solo la fine della sua storia di migrante, l’uscita di un labirinto, per me è solo l’inizio, un amico mi ha detto che siamo treni, non siamo stazioni, e così dopo un po’ le città soffocano anche me e cerco sempre qualcosa di più grande. Chi nasce in città vede la campagna solo come una pensione, mi dice ridendo spesso, e mi dà ali per liberarmi della mia asma in città sempre più grandi, sempre più veloci, sempre più asfissianti. Fez, Varese, Milano, la Francia dello zio, la Spagna dei cugini, l’America dei nonni e poi?
Solo Dio lo sa.
Un passaporto verde ancora sul comodino, non ho più mostri sotto il letto, ho solo valigie di parole.
“Ci pensi ancora al mare, baba?” gli dico di ritorno da un viaggio, l’eco della domanda che vibra ancora per le strade di questa città brulicante anime, colori e spezie, tutti pensano ancora al mare, a bruciare il mediterraneo su qualunque mezzo, a qualunque costo.
“Figlia mia meriti un amore che non fugga, non è più ghorba.”