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Autore

Furio Aceto

Anno

1943 -1945

Luogo

Cuneo/provincia

Tempo di lettura

10 minuti

In cammino per la libertà. Diario dal 25 luglio 1943 alla Liberazione

Dopo aver compiuto molto di più del suo dovere di Cittadino amante della libertà, il vero Partigiano dovrebbe ritirarsi come un Cincinnato, con dignità e modestia.

Della Liberazione

Quanto di grande, di nobile e generoso aveva operato la Resistenza, ha avuto talvolta un drammatico epilogo dai risvolti amari, tristissimi, o propriamente drammatici. Sono certo che non si possa attribuire la responsabilità degli "eccessi" ai Partigiani o ai loro Capi. Dopo anni di guerre ingiuste e inutili, dopo diciotto mesi di sofferenze e di violenze subite o conosciute, si doveva fatalmente sfociare in terribili giorni. Assistiamo allo sfogo degli istinti repressi di molti che (per incapacità o per viltà) non avevano mai osato opporsi al barbaro arbitrio dell'oppressore... ma di cui ora imitano e adottano la violenza, forse inconsciamente. Ma nel panorama generale possiamo constatare la validità dell'affermazione fatta dal Gen. Raffaele Cadorna, Comandante del Corpo Volontari della Libertà: «Dobbiamo riconoscere che si deve al buon senso, alla moderazione della popolazione italiana presa nel suo complesso, se non accadde di peggio.». Dopo aver compiuto molto di più del suo dovere di Cittadino amante della libertà, il vero Partigiano dovrebbe ritirarsi come un Cincinnato, con dignità e modestia. Questo sia che abbia rivestito prestigiosi incarichi, quale Comandante di Settore Alpino, come mio fratello Ezio, sia che abbia servito con l'umile generosità di semplice Combattente, come Gu, il mio giovanissimo portaordini. Tutti i Resistenti in armi hanno troppo sofferto per volersi vendicare arbitrariamente, ma chiedono giustizia nel rispetto della verità e della legalità. Non confondiamo la Resistenza con la Liberazione. Che è un insieme di avvenimenti locali e troppo complessi, epilogo talvolta glorioso e talaltra tragico della Resistenza, con il suo seguito di difficoltà derivanti dalla necessità di ristabilire l'ordine civile in un ambiente avvelenato dall'odio e dalle avversità politiche. La Resistenza armata invece è stata la lotta durissima di una élite, sostenuta dalla parte più generosa del popolo, condotta per lunghi mesi contro l'oppressore. La gioia della Liberazione è offuscata dalle difficoltà del ritorno al vivere civile, con i problemi della sussistenza e del lavoro, della politica e della ricostruzione, ove ben poco appare adeguato alle nostre aspettative, alle nostre speranze. Con l'intento di dare il mio contributo alla normalità democratica, tutelando l'ordine pubblico, io rimango ancora in servizio con i duecento uomini della Brigata dell'Ordine, senza altro compenso materiale che il vitto e l'alloggio. L'arbitrio e le violenze che cerchiamo di contrastare richiedono ancora, talvolta, metodi "partigiani". Poi finalmente i Carabinieri riescono a integrare e poi sostituire noi e la Polizia Militare Alleata. Dopo tanto impegno mi è concesso smobilitare e tornare ai miei affetti familiari, prima che l'Esercito mi richiami in servizio nei suo ranghi ònorati. Ai Volontari della Libertà viene consegnato il Premio di smobilitazione: un pacco vestiario costituito da un paio di scarponi militari risuolati, e una camicia oppure un paio di calzoni di tela, e ben 5.000 lire! La stessa somma era stata erogata ai combattenti della prima Guerra Mondiale nel 1919 Non ci sono commenti, tanta è la gioia di essere in vita e la speranza di rifare l'Italia.

Certo non è questa l'Italia che sognavamo: la democrazia non è questa licenza, questa incoerenza demagogica, questa ingiustizia sociale, questa corruzione, questa violenza assurda di estremisti fanatici e velleitari.

Epilogo. Nel quarantennale

Gli anni e la conoscenza più profonda degli avvenimenti mi portano talvolta ad un più pacato, forse più amaro, giudizio sugli eventi, modificando certe mie primitive opinioni. Le mie azioni durante la Resistenza, nonostante la giovane età e l'inesperienza, furono improntate da un adeguato equilibrio. Equilibrio risultante dalla rettitudine connaturata e dalla concezione religiosa della vita umana: qualità che mi derivavano dall'educazione ricevuta in famiglia e dalla formazione militare. Nella prima convivevano felicemente tradizioni profondamente cristiane e idealità liberali; nella seconda l'esempio paterno dei validi Comandanti avevano incanalato le aspirazioni giovanili con probità e intelligenza. Anche nei momenti "crudi", io non ho mai odiato i nemici, se non per brevi istanti di fronte ad assurde efferatezze. Ma ho combattuto il male dove si manifestava, usando le armi, ma deponendole non appena l'avversario non poteva più nuocere. Talvolta sono stato anche troppo pietoso con il vinto nel rispetto della sua condizione umana. Quanta differenza tra il mio modo di sentire, di immaginare il ritorno della libertà, della pace, con il quadro odierno. Certo non è questa l'Italia che sognavamo: la democrazia non è questa licenza, questa incoerenza demagogica, questa ingiustizia sociale, questa corruzione, questa violenza assurda di estremisti fanatici e velleitari. Chiudo queste pagine in un momento particolarmente difficile per la mia patria, travagliata internamente da una crisi morale, sociale, economica e politica. Mi duole che non sia stato possibile trasferire durevolmente i valori della Resistenza. E mi rincresce che allora, per l'incalzare degli avvenimenti, persone illuminate, come Livio Bianco, Dino Giacosa ed altri nel mio Settore, non abbiano aperto un dialogo impegnato con noi giovani, digiuni di nozioni politiche; dialogo che ci preparasse all'avvenire. Talvolta penso che avrei dovuto partecipare attivamente alla vita politica per cercare di agire alla luce delle idealità della Resistenza. Però con dolore constato che anche chi lo ha fatto non è riuscito nell'intento che in minima parte. Si compiono quarant'anni da quando l'Italia era diventata terra di scontro tra eserciti contrapposti. Al sud, inizialmente in Sicilia, erano sbarcati gli anglo­ americani. Mentre al centro e al nord era scomparso lo Stato italiano, per il trasferimento del Sovrano e del suo Governo in Puglia. I tedeschi avevano occupato gran parte della penisola, contrastando l'avanzata degli eserciti liberatori, con il conseguente sorgere della Resistenza contro oppressione nazifascista. Uno storico ha affermato: «La scelta più ardua, più difficile, fu compiuta, non vi può esser dubbio, da coloro che decisero di organizzarsi e di operare per bande e per guerriglia nell'ambito del territorio occupato dalle truppe naziste.». Seguendo l'esempio luminoso di mio fratello Ezio, io partecipai, combattei e soffersi, con la speranza di giovare alla mia patria e di uscire vivo dalla lotta, anche per vedere un mondo migliore, senza tirannie. Oggi appare lontano quel tempo, nel quale su ciascuno di noi, sui nostri fiancheggiatori, persino su parenti ignari, incombeva la pena di morte, che poteva essere inflitta sul momento, senza processo, nel massimo arbitrio e con ripugnante crudeltà. I nostri sacrifici riuscirono allora a tener bloccate circa metà delle Divisioni germaniche scese in Italia, e quasi tutte le forze della Repubblica di Salò, impegnandole nella difesa degli obiettivi militari e delle vie di comunicazione, nonché nella lotta specificamente antipartigiana. Così noi Resistenti armati dimostrammo al mondo intero che non tutto il popolo italiano era fascista. Poi la smobilitazione e il ritorno alla vita civile. Ma presto «fummo ritenuti uomini scomodi in ogni ambiente: eravamo stati bravi a combattere, e bastava! Fummo fiore all'occhiello per breve tempo; la nostra partecipazione alla vita operativa nella società si assottigliò sempre più, quasi per sottintesa discriminazione. Ci fu persino chi ne fu danneggiato, perché si ritenevano tutti i partigiani dei rossi, al servizio di Mosca, e dannosi e pericolosi per l'Italia.». Si dimenticò troppo facilmente il valore morale, l'entità e l'importanza dei risultati ottenuti dalle azioni originate dalla nostra scelta. Il simbolico riconoscimento del "nastrino di Volontario della Libertà", attestante il comportamento onorevole nella lotta, fu guardato talvolta con diffidenza, o sospetto, o invidia. E una sottile discriminazione fu silenziosamente subita da molti di noi. Ricordo che già nel 1948 a Pinerolo, il Gen. Alessandro Trabucchi¹³ in occasione della visita al Gruppo Esplorante 1 Dragoni, rivolgendosi al mio Comandante, Magg. Mangione, al Cap. Di Nanni ed a me, tutti e tre distinti da quello stesso "nastrino V.L. ", ebbe a dire: «Siete stati i migliori, scegliendo la via più difficile allora. Ma non è finita. Lo dovrete essere ancora per sopravvivere.». Vorrei che nell'opinione pubblica si facesse strada il concetto che la Resistenza non è monopolio di nessuna "parte", e non è riferibile solo a noi. Sono stati Combattenti della Libertà nella sua essenza, nei suoi valori più alti, anche tutti quei cittadini in armi che, in patria o fuori dei confini, operarono analoga "scelta": subendo il martirio, come a Cefalonia, Lero... oppure scegliendo la lotta armata a fianco dei resistenti locali, in Iugoslavia, Grecia, sempre in condizioni difficilissime perché stranieri ed ex-occupanti ...  e ancora i tanti internati dai tedeschi che rifiutarono ogni forma di collaborazione, soffrendo oltre la fame tutte le angherie che lo spietato carceriere inflisse loro. Auspico che questo aspetto della Resistenza, completo e veritiero, venga a conoscenza dei giovani ed entri nel loro bagaglio spirituale per ispirarli al meglio, per il bene della Patria e dell'Umanità, nella scia dell'esempio luminoso tracciato da tutti coloro che parteciparono alla Resistenza nelle sue diverse forme. Nel mio ambito ho cercato di essere fedele a me stesso, ai miei ideali di giustizia e onestà, mosso dall'unica ambizione personale del compimento del mio dovere. Non rimpiango di aver percorso così anche la mia quarantennale esperienza militare. Mi confortano la stima, l'affetto e la comprensione dei miei cari e dei compagni d'arme. Di vero cuore auguro a tutti che i valori morali illuminino sempre il cammino della loro vita. E in particolare lo auspico per chi ha responsabilità sociali e per chi è stato deputato dal popolo a promuovere un "buon governo".