Autore
Maria PaganiAnno
1986Luogo
Varese/provinciaTempo di lettura
2 minutiLa gioventù femminile saronnese nella resistenza
Finiti schiaffoni e urla, mia madre mi proibì di uscire di casa e nemmeno a parlarne di partigiani. A sera, la signora Nina Renoldi chiamò mia madre dicendole che c'erano due signori che la volevano: erano Ferro e Gustavo. Riconosciuta la loro voce scesi anch'io con mia madre: loro prendendomi nel mezzo mi puntarono una pistola alla tempia dicendo a mia madre "Dal momento che lei mi proibiva di fare parte della staffetta, ed io sapevo luoghi e nomi, per paura che prlassi, dovevano chiudermi la bocca in tempo." Figurarsi mia madre: chiamò papà e messo al corrente della situazione la sua risposta fu " Mia figlia ha le mie stesse idee, io non nego la sua volontà."  Di fronte a questo, mia madre diede il suo permesso, ma con un preciso orario, cioè: partire il mattino alle 5 e rientrare alle 12 o al più tardi alle 14, e così si è sempre fatto. Sono stata con Ferro un'altra volta, ma dopo abbiamo dovuto rimanere fermi perchè l'inverno era vicino e in quell'anno è stato oltre che brutto anche freddo. Nel frattempo io e Rosina andammo dalla sarta (signora Gina) ad imparare a cucire. Sebbene ci fosse la guerra c'era gente che si sposava ugualmente, così la sarta aveva tanto lavoro, e ci pregava di ritornare anche la sera dopo cena. Gerolamo prese subito questa occasione per darci dei volantini che dovevamo sparpagliare per le vie del centro.  Così uscivamo dalla sarta alle 21.30 si percorreva via Vittorio Emanuele (ora Corso Italia 3 via Cavour e via San Cristoforo. Una guardava se c'era gente in giro, l'altra buttava i volantini.