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Angelo GaccioneAnno
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6 minutiLettere ad Azzurra - uno scrittore scrive a sua figlia

Lettera n.1
 
Reggio Emilia dicembre 1982
 
Caro moscerino,
non sappiamo ancora niente di te. Non sei ancora nell'orizzonte dei nostri pensieri, e non ci hai finora dato alcun segnale della tua presenza. Non ci sentiamo investiti di alcuna responsabilità; ancora siamo all'oscuro di tutto, e da questa elegante città dove siamo venuti per incontrare uno scrittore,meditiamo di andare a passare il Natale a Roma o a Padova. Abbiamo scartato un viaggio dai nonni perché si prevedono scioperi delle ferrovie, da Roma in giú.
Non sappiamo nulla di te, ed invece a nostra insaputa c'è stato l'annidamento: (finalmente una bellissima espressione poetica anche in bocca a dei medici!). Come dire che tu come un passerottino, ti stai preparando il nido della sopravvivenza; è avvenuto quello che i ginecologi definiscono (questa volta con parole piú specializzate), l'impianto della cellula nella parete uterina.
Caro moscerino ci è andata male: tutte le telefonate sono andate a vuoto; alcuni amici sono partiti per altri luoghi, altri hanno problemi di vario tipo: per farla breve non se ne fa nulla, e il Natale lo passeremo da soli fra la nebbia di Milano.
Ho un po'di nostalgia. Però ripensandoci a cose avvenute (voglio dire ora che siamo certi che tu sei lí,ben protetto e al caldo nella tua piscinetta) mi rendo conto che se tutto è andato storto, è perché tu hai voluto che non ci muovessimo, perché non volevi strapazzarti, non volevi correre rischi.
Sennò come spiegare l'impossibilità del nostro viaggio?
Secondo me erano tanti presagi, gli indizi di qualcosa di importante che stava e doveva accadere. O sono forse fantasie ingenue che coltivano i papà e le mamme?
A noi piace pensare che sia cosí. E poi sai che ti dico? E' stato meglio cosí; tu non hai corso rischi, la mamma non si è affaticata, ed io ho scritto delle cose importanti che leggerai da grande.
Grazie moscerino mio.
A proposito voglio confidarti una cosa: verso la fine del mese peserai un grammo e sarai lungo due centimetri e mezzo.
Ora capisci perché ti chiamo moscerino?
Lettera n.2
 
Milano Gennaio 1983
 
Caro moscerino,
abbiamo passato il Natale più bello della nostra vita. Soli e senza muoverci da casa, ma con la tua per ora invisibile presenza. Sí caro moscerino, ormai sappiamo con assoluta certezza che tu ci sei, che hai messo radici. Questa notizia è esplosa come un bagliore accecante, come un incendio nel cielo avvertibile da ogni parte, da ogni luogo. Caro moscerino sono confuso; non trovo proprio. le parole giuste per descrivere questa emozione, io che ho ricevuto in dono la sacralità della parola, che è la mia unica e sola ricchezza posseduta. Solo un moto interno caotico, che si agita, si muove, senza lasciarsi afferrare e tradurre, privo di un codice di comunicabilità, di trasmissione...insomma caro moscerino, è meglio che la pianti qui, altrimenti divento complicato.
E che dire di tua madre? Lei non sa mescolare parole a parole come me, le parole per lei sono inadeguate rispetto alla sua emotività, alla sua sensibilità. Lei esprime attraverso le forme ed i gesti, attraverso la serenità o l'inquietudine, ed ora la vedo sospesa fra il riso ed il pianto, in uno stato di incertezza, in uno stato di grazia esaltato e sublime, ancora poco consapevole, e vorrebbe sciogliere l'incanto, in un pianto di gioia che non arriva, che muore in gola. La sua è una sensazione di vertigine; nessun'altra parola può definire il suo stato attuale.
Caro moscerino, sei lungo quattro centimetri e pesi appena undici grammi, e già sono cominciati i progetti, i sogni, i desideri, e forse, anche se non ne parliamo apertamente, i dubbi, i fantasmi, le insicurezze. Intanto la notizia con la velocità della luce, è rimbalzata per ogni dove: in Calabria, in Germania, a Roma, in Toscana, ovunque c'è un amico, una persona cara. E fioccano le telefonate di congratulazioni, le manifestazioni di affetto e di gioia. Ti attendevano tutti da troppo tempo: è naturale che ora i tuoi ci sia tanto rumore. Da un libro apprendo che tutti organi sono già esistenti, in abbozzo: puoi capire come corra la nostra fantasia. Expo Sappiamo che i primi tre mesi sono i più delicati e pericolosi, questo ci tiene in ansia, col fiato sospeso. Depenniamo dal calendario ogni giorno che passa, con la certezza che tu ti attacchi meglio e diventi più forte, meno vulnerabile. Consapevoli di quello che ci sta accadendo, abbiamo preso tutte le contromisure necessarie per la tua protezione. La mamma ha eliminato tutti i lavori più pesanti, parte dei quali li eseguo io, e sta attenta a che tu passi questo periodo nel migliore dei modi, e senza insidie. Andiamo abituando ci a te come ad una presenza viva, quale sei.