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Autore

Claudio Luciano

Anno

1996

Luogo

Roma/provincia; Rovigo

Tempo di lettura

7 minuti

Pensieri a pedali

Una scossa alla fantasia che mi fa intravedere come inaspettata opportunità da perseguire la ripetizione di quel percorso nell'arco di una sola giornata, dall'alba al tramonto.

Una cartolina che ricorda la tempestosa tappa del Gavia nel Giro del 1988, i corridori nella tormenta e Chiocciali, con quell'espressione da Coppi reincarnato, avvolto in coperte all'arrivo di Bormio; il racconto della Cuneo-Pinerolo del '49 nelle parole di Orio Vergani, penna nobile prestata ai primi giri d'Italia del dopoguerra. Una scossa alla fantasia che mi fa intravedere come inaspettata opportunità da perseguire la ripetizione di quel percorso nell'arco di una sola giornata, dall'alba al tramonto. E' iniziato così. Come spesso accade la prospettiva prende velocemente forma e colore alimentandosi del plausibile entusiasmo di cui si nutrono i progetti che nascono sull'onda di una suggestione forte e che mettono alla prova la capacità di organizzarsi autonomamente, senza il concorso di grandi apparati tecnici. Vorrei provarci proprio considerando l'azzardo che rappresenta un'iniziativa come questa per chi come me pratica il ciclismo con passione ma con ampia discontinuità lungo l'arco dell'anno. Nulla di paragonabile alle migliaia di chilometri che nello stesso spazio temporale porta a totalizzare un ciclismo che si vorrebbe amatoriale, ma che troppo spesso si trova a rincorrere con foga ossessiva i modelli del ciclismo agonistico. Come polesani, abitanti cioé la Padania più profonda e piatta, addirittura degradante verso il mare con le grandi estensioni del delta del Po, siamo stati beneficiati dalla sorte dalla dislocazione a una ventina di chilometri dal capoluogo di quella singolare conformazione collinare rappresentata dai Colli Euganei. Questi costituiscono da sempre una palestra ideale per chi si voglia misurare con le grandi montagne. Un vero microambiente dal punto di vista geomorfologico, delle specie vegetali e animali e, per quello che più importa al ciclista, anche dal punto di vista del percorso e del rilievo. Pur su lunghezze mai eccessive, fino a un massimo di sei o sette chilometri, si possono incontrare salite con pendenze degne di un Puy de Dome o di qualche "muro" belga. Poste a breve distanza l'una dall'altra consentono l'organizzazione di percorsi che possono essere inaspriti da più ripetute, fino a totalizzare dislivelli complessivi consistenti. Su queste strade si svolge da qualche anno una "gran fondo" di centosessanta chilometri e che prevede di norma il superamento di oltre mille metri di altitudine. E' qui dunque che conto di curare, con più metodo rispetto alle mie normali abitudini, la preparazione.

8 maggio, mercoledì

Ho iniziato anticipando le uscite ai primi di aprile, partendo con una cinquantina di chilometri, inclusi cinque di salita di media difficoltà con pendenze dell'ordine del 4/5% e con punte del 9%. Conto di non avvalermi di particolari supporti, né dal punto di vista della meccanica né da quello di eventuali tabelle di allenamento scientificamente predisposte. Lo ammetto, pateticamente fiero di praticare una mia inattualità. Dispongo da 16 anni di una bicicletta da corsa patriotticamente montata "Campagnolo" e su cui, a parte due verniciature resesi indispensabili per far fronte alle ingiurie degli anni, le uniche migliorie apportate riguardano le corone posteriori. Viaggio con dodici rapporti: una moltiplica 52/42 e una ruota libera con questa progressione 14-16-19-21-25-28. Il 28, per la cronaca, montato relativamente di recente è quello che in condizioni di allenamento medio mi ha consentito di affrontare le salite più impegnative. Operando in deroga alla mia sindrome luddista, prevedo comunque di munirmi di un contachilometri che credo si renderà prezioso nel corso di un allenamento che dovrà puntare necessariamente sul fondo e sulle lunghe distanze.

Sto constatando non senza qualche preoccupazione lo sforzo che mi procura lo stare in sella per più ore a danno soprattutto del collo e della schiena.

13 maggio, lunedì

Da aprile ad oggi ho cercato di rispettare la scadenza delle tre uscite settimanali che mi ero proposto. Alcune di queste sono state funestate da condizioni meteorologiche fortemente avverse: la pioggia e soprattutto il vento, che ho trovato quasi sempre sostenuto, con raffiche violente e spiranti perlopiù in senso trasversale rispetto alla direzione di marcia, in modo che sia all'andata che al ritorno il pedalare finiva per risultarne grandemente ostacolato. A parte ciò, dopo le prime uscite di assaggio in cui, come recita il gergo, la gamba sembrava rispondere in modo soddisfacente, ho dovuto registrare che allungando e indurendo progressivamente il percorso, accusavo una sensazione di affaticamento diffuso non pienamente riassorbito nell'intervallo di un giorno. Sto constatando non senza qualche preoccupazione lo sforzo che mi procura lo stare in sella per più ore a danno soprattutto del collo e della schiena. Ulteriore nota non proprio confortante è data dal ricorrente indolenzimento ai piedi per i quali ho di norma usato in questi anni, in ossequio ad uno stile pauperistico che ha sollevato non poche ironie, un vecchio paio di scarpe da jogging ormai in disarmo, con la tomaia consunta ma con la suola ancora in buono stato. Le trovavo felicemente adattate alla forma del mio piede che con una pianta larga ed irregolare, ritenevo avrebbe mal sopportato una scarpa più rigida e costrittiva. Se è vero che perdevo qualcosa in fase di spinta, mi sembrava di beneficiarne in benessere. Cedendo comunque alle ripetute reprimende di coloro per i quali l'ortodossia nella tenuta pare costituisca una sorta di prerequisito da cui non si può prescindere, ho accolto come un gradito e provvidenziale omaggio il regalo paterno di un paio di scarpe godenti dell'imprimatur dei "tecnici".

16 maggio, giovedì

Limitandomi per il momento ad uscite attorno ai 70 - 80 chilometri e grazie ad un clima ancora piacevolmente primaverile, non mi sono misurato né con problemi di rifornimento idrico, una borraccia basta, né di alimentazione. Ma sono aspetti che diventeranno più importanti con l'allungarsi progressivo del chilometraggio e con il temuto rialzo delle temperature. Se penso poi ai 250 chilometri tra Cuneo e Pinerolo e ai circa 5000 metri di dislivello da superare, l'inquietudine diventa comprensibile. Rimando per il momento la risoluzione del problema a tempi più maturi.

18 maggio, sabato

Con un'unica eccezione fino ad ora sono sempre uscito da solo. Non so se la cosa possa avere qualche effetto significativo ai fini del buon esito finale. Non si tratta d'altra parte di una scelta deliberata perché, da un lato gli orari di lavoro discordanti, dall'altro obiettivi e modalità di allenamento diversi, fanno sì che la periodicità delle tre uscite settimanali che mi sono imposto escluda o renda nei fatti problematica la partecipazione di altri.