Autore
Claudio CimarostiAnno
2001 -2006Luogo
MilanoTempo di lettura
5 minutiQuello che desidero da Claudio...

Dicevo, parlando della signora Cavalieri, che il 27 aprile del 1945 Mussolini e la Petacci furono uccisi a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como. 
E' noto che il giorno dopo i cadaveri di Mussolini e della Petacci furono portati a Milano per essere lasciati al disprezzo della gente, in piazzale Loreto, insieme ad altri gerarchi fascisti. 
Quel giorno in piazzale Loreto io c'ero. 
Prima ancora che fossero appesi a testa in giù alla pensilina del distributore di benzina, la notizia che Mussolini e la Petacci erano stati uccisi ed erano in piazzale Loreto si sparse in città. Anche mio papà lo seppe, prese immediatamente la bicicletta, mi mise in canna e partimmo per piazzale Loreto. 
In piazzale Loreto c'era una folla enorme. Mio papà, con me per mano, tentò di avvicinarsi al punto dove c'erano i cadaveri di Mussolini, della Petacci e degli altri gerarchi, ma fu impossibile anche perché, ad un certo punto, la strada era stata completamente allagata. Qualcuno aveva aperto degli idranti per disperdere o quantomeno tenere a distanza la folla. 
Questo è quello che si vede anche nei filmati dell'epoca che spesso vengono trasmessi per televisione. Ed ogni volta che vedo queste immagini, io guardo con cura le riprese perché sono sicuro che in mezzo a quella folla ci siamo anch'io e mio papà e spero sempre di poter riconoscere almeno la sua figura, se non la mia perché, piccolo com'ero, sarei sicuramente stato nascosto dalla folla. 
Una volta ho comprato pure delle cassette con questi filmati e le feci scorrere fotogramma per fotogramma alla ricerca dell'immagine di mio papà o della mia. Ma niente. 
Comunque quel giorno in piazzale Loreto noi c'eravamo, lo ricordo come fosse successo ieri. 
Poco dopo che fummo arrivati, Mussolini, la Petacci e i gerarchi furono appesi a testa in giù alla pensilina di un distributore di benzina a Piazzale Loreto e noi potemmo vederli. 
 
Forse credo (lo penso oggi che sono passati sessant'anni ed io sono diventato un po' più ...anziano), che quello non debba essere stato uno spetta-colo molto edificante per un bambino di otto anni! 
E questo ebbi modo di dirlo a mio papà, una sera, chiacchierando, qualche anno prima che lui morisse, intorno agli anni '80. 
“Come hai potuto pensare - gli chiesi - di portare un bambino di otto anni a vedere dei cadaveri esposti in piazza?” 
E lui mi diede ragione. 
“Oggi - mi disse - non lo rifarei sicuramente, ma questo ti deve far capire che clima c'era in quel periodo, che aria si respirava in quei giorni. Tu sai che in vita mia non sono mai stato un esagitato (v'un scalmanà, diceva lui in milanese), però quel giorno mi sembrò assolutamente normale portare anche te, perché quello era un avvenimento storico eccezionale, ma sopratutto perché tutti gioivano che il fascismo avesse fatto quella fine. Che fosse finita la guerra, le lotte civili, la dittatura. E mi sembrò giusto far partecipare anche te a questa gioia”. 
Pensandoci bene, sono sicuro di non aver avuto, in vita mia, contraccolpi psicologici per quello che vidi quel giorno. Sono invece fiero di poter dire che quel giorno io c'ero e di poterlo ora raccontare. 
D'altro canto non era la prima volta che vedevo dei cadaveri. Era una cosa quasi normale in quel periodo. Una mattina io ed i miei amici, nel bel mezzo del parco Solari che dovevamo attraversare per andare alle scuole di Via Ariberto, trovammo, steso in un prato, il cadavere di un partigiano. Evidentemente era stato ucciso nel corso della notte e giaceva la da ore senza che alcuno se ne curasse. Un'altra volta andammo a vedere due partigiani che erano stati fucilati in piazzale Cantore. E di morti se ne sentiva parlare ogni giorno. Uccisi da entrambe le parti, partigiani e fascisti. E si sentiva parlare di gente arrestata, di persone sparite, si sentiva parlare di torture che avvenivano nelle carceri. 
C'era la guerra civile. E la si respirava in ogni momento. 

