Autore
Mario TagliacozzoAnno
1943 -1944Luogo
RomaTempo di lettura
10 minutiRicordi della campagna razziale (1938-1944)

Da qualche giorno si parla di riunione del Gran Consiglio, convocato per il giorno 24 e, come ogni volta in tali circostanze, le voci, su provvedimenti imminenti, sono innumerevoli. Si parla anche di dimissioni del Governo, ma sono voci... Qualcuno dice che se ne andranno, ma è una voce anche questa e sembra quasi impossibile di poter mettere la testa ad un tale evento. Pochi quindi erano informati la mattina della domenica 25 luglio di quanto era avvenuto la notte precedente a Palazzo Venezia, durante l'ultima seduta notturna del Gran Consiglio. È la domenica 25 luglio: al mattino debbo recarmi in Via Balbo per le elezioni del consiglio della Comunità israelitica. Attraverso quindi con il filobus la città; tutto è tranquillo, il solito movimento domenicale in una afosa mattinata di luglio. Incontro qualche conoscente: si parla del più e del meno, ma nessuno è informato di quanto avvenuto la notte. Tomo a casa in filobus: t quasi mezzogiorno. Attraverso Piazza Venezia deserta sotto il dardeggiante sole di mezzogiorno. L'occhio mi cade per un attimo sopra Palazzo Venezia: "Strano", dico tra me, "non vi sono le sentinelle". Ma è l'impressione di un attimo; non vi do importanza, fa talmente caldo, il sole è talmente a picco sulla piazza, che penso i due militi fascisti siano entro le garitte. E non vi penso più tanto su, lontano dall'immaginare quel che può essere avvenuto. Passa il pomeriggio. Verso sera usciamo con i Coppo, saliamo a piedi sino al Pincio attraverso Ponte Cavour e Piazza di Spagna, sostando a lungo alla Casina Valadier. Tutto è calmo: il solito pubblico domenicale, le solite famiglie sedute al caffè a sorbire il gelato. Torniamo a casa in attesa dei giornali dell'indomani e ci prepariamo ad andare a letto. Qualcuno forse avrà saputo, ma i più certo ignoravano. Cominciamo a spogliarci, ma ora una radio a pieno volume, da una casa vicina attira la nostra attenzione.  Non ne distinguiamo le parole, ma con Virgola ci affacciamo in curiosità alla finestra. Ad un tratto mi pare di afferrare le parole Re, Badoglio. Cosa sarà mai successo? Siamo sempre lontani con il pensiero da quanto è avvenuto. Un cambiamento di governo è nei desideri di tutti, ma sembra una cosa impossibile, irrealizzabile. Ma ora che avviene? La radio suona la Marcia Reale e non è seguita da Giovinezza... Do un balzo, afferro la giacca e semisvestito sono già sulla strada. Al portone vi t qualcuno, ma non riesco ad apprendere nulla: tutti sono sbalorditi e non hanno afferrato quanto la radio ha detto.  In Via Monte Zebio vi sono gruppi di gente che discorrono animatamente: dapprima non sanno dirmi nulla, ma poi qualche notizia trapela: se ne sono andati... Mussolini è stato arrestato... Badoglio è a capo del nuovo governo... il Re ha fatto un proclama. Siamo  tutti  come  matti,  siamo tutti esaltati...  sembra una cosa impossibile. Ad un tratto un sogno irrealizzabile di tanti anni è divenuto realtà. Ancora non sappiamo nulla di preciso, non sappiamo come sia accaduto, ma la notizia è vera, è sicura. La ripetono dieci voci, poi altre dieci, qualcuno grida ed informa chi s'affaccia dalla finestra. La notte è tranquilla, ma quasi come un fremito passa nell’aria, come una scossa elettrica che vibra da un cuore ad un altro. Torno al portone: nel frattempo Virgola è scesa anche lei ed è tornata indietro anche Nannina, che stava andandosene a casa. Ormai Nannina può dormire tranquilla da noi, ma noi non possiamo andare a dormire, siamo troppo agitati, convulsi, commossi vogliamo sapere, vorremmo poterci sfogare, poter gridare la piena dei nostri cuori, la commozione dei nostri animi. Se si abitasse in centro potremmo spingerci sul Corso per assistere alla reazione del popolo, ma siamo lontani, troppo lontani. Salgo a casa e telefono a Lungotevere, ma ne sanno quanto noi e sono, come noi, sbalorditi e commossi...  Saliamo dai Bocca, ove sono anche altri amici e brindiamo insieme. Poi torniamo a casa, ma non si può dormire, siamo troppo agitati, troppo contenti... e alla gioia di tutti si aggiunge quella particolare di noi ebrei che torniamo ad essere uomini liberi eguali agli altri. Siamo svegli prima dell'alba dopo un sonno fatto di mille interruzioni, di mille pensieri, di mille palpiti di gioia. Alle sette infine parla la radio. Ci affacciamo alla finestra per ascoltarla meglio: ripete il proclama del Re e quello di Badoglio, che invita alla calma ed annunzia che la guerra continua. Prima delle otto sono per la strada e mi avvio verso il centro: gran movimento, grande animazione, gran gioia, che trapela da tutti i volti. Le prime bandiere sventolano alle finestre, i primi fasci sono demoliti dagli edifici pubblici e dalle caserme. I Metropolitani non hanno più i fasci al bavero della giubba, non si vede più un milite. Davanti alle sedi dei fasci vi è ancora la traccia di qualche falò notturno ed il lastrico è coperto di distintivi. Poi man mano che la città si affolla, si formano colonne, echeggiano grida di dimostranti che percorrono le vie del centro. È la libertà, è un popolo compresso, avvilito, abbattuto che ora finalmente può gridare e grida infatti la sua gioia, lancia a pieni polmoni le sue grida di evviva e di abbasso, ma nel complesso il popolo di Roma è composto, non passa ad eccessi e la rivoluzione è incruenta e quasi tranquilla. Qualche scritta di abbasso appare sulle mura delle case qua e là, qualche fotografia del Duce ha frasi di vilipendio o riceve gli sputi della plebaglia, dei camion passano trascinando nella polvere del selciato un'effigie in bronzo di Mussolini, ma nulla più, poco è il sangue versato. Alle 11 è dichiarato lo stato d'assedio e tutto rientra verso la normalità, perché le dimostrazioni sono invitate a sciogliersi ed i gruppi di cittadini, fermi sui marciapiedi, a circolare. E nulla più: questo è il 25 luglio a Roma, una rivoluzione incruenta, quasi di bravi padri di famiglia disarmati. I fogli che escono vanno a ruba: ognuno fa a modo suo la storia, ma il popolo che vorrebbe sapere di fucilazioni e di arresti, non trova ancora la sua soddisfazione nelle poche e scarne notizie contraddittorie. Mussolini è stato arrestato, uscendo dal Quirinale; la seduta del Gran Consiglio è stata tragica e tumultuosa, ma gli altri responsabili, gli altri ministri...?
[...]
Il 15 agosto si ha finalmente la tanto attesa dichiarazione di Roma città aperta, ma molti suoi quartieri sono ormai devastati. Viene spiccato mandato di cattura contro l'ex segretario del partito fascista Ettore Muti, che è a Fregene. Tenta sfuggire alla cattura e viene ucciso. La cosa fa grande effetto. I giornali continuano a sfogarsi contro gerarchi grandi e piccoli e contro il duce il pubblico vuole soddisfazione e desidera conoscere tanti retroscena. Cosi molti pettegolezzi hanno anche l'onore della prima pagina. Tra questi un lungo articolo riguardante Mussolini e la famiglia Petacci, che viene pure arrestata. E per noi ebrei? nulla ancora. Ci sentiamo ormai liberi, la cappa di piombo che gravava su di noi è caduta, ma nessun decreto è venuto ad abrogare tutto il castello di decreti costruito dalla campagna razziale. Siamo ancora alleati della Germania, vi è ancora un controllo tedesco e certi campi non possono riacquistare ad un tratto libertà piena ed assoluta. Il giornale "Tevere" è stato soppresso. Non si parla di ebrei e di campagna razziale; i giornali tacciono questo argomento che è affrontato una sola volta da un articolo di De Ruggero. Appare una sera, su di un giornale, anche una lettera di un ebreo, che accenna al problema scolastico. Ma è troppo presto ancora e tutto si arresta qui. Apprendo intanto che alcuni commissariati hanno restituito le radio sequestrate agli ebrei e mi affretto a presentare la domanda al mio commissariato. Mi rispondono che per ora si limitano a raccogliere tutte le domande per inoltrarle in un'unica volta alla questura. Passa cosi del tempo e la radio non torna a casa. Una mattina si sparge improvvisa per Roma la notizia della morte di Hitler. Viene annunciata sul Corso ed in un attimo dilaga da un estremo all'altro del centro. Sono in negozio Bloch con alcuni amici e siamo presi tutti da un impeto di commozione. Il popolo tedesco, come quello italiano, è stanco della guerra; la morte di Hitler può veramente significare una svolta della politica tedesca, una rivoluzione, la fine della guerra anche. La gente sul Corso grida commossa, corre come matta. Tutti si precipitano ai giornali per avere conferma della notizia, ma la conferma non viene. Siamo ancora sotto lo stato d’assedio, escono i picchetti armati e sciolgono gli assembramenti, invitando il pubblico a circolare. Vado verso Prati, incontro un gruppo di avvocati provenienti dal Palazzo di Giustizia, che grida festoso la stessa notizia, dandola come vera. Ma non è vero nulla, non vi è nessuna conferma né all'ora della radio, né più tardi. Si sparge la voce che molti soldati tedeschi si sono mostrati esultanti e sono stati fucilati. La guerra continua e continua l'avanzata angloamericana. La campagna di Sicilia è finita, ed ai primi di settembre vi sono stati i primi sbarchi sul continente. Sembra che le truppe italiane abbiano abbandonata la lotta e non oppongano resistenza. Grandi sottoscrizioni appaiono sui giornali per i sinistrati e per i profughi siciliani. Gli ebrei danno largamente e i loro nomi riappaiono per la prima volta, dopo tanto tempo, sui giornali cittadini. La nostra situazione è triste quanto mai e quasi senza uscita. Cosa potrà fare il governo di Badoglio?