Autore
Giulia FabbriAnno
1987Luogo
Arezzo/provinciaTempo di lettura
6 minutiRicordi di una fanciullezza
Voglio abbracciare con uno sguardo la collana di monti che cinge il mio piccolo Paese. Del Monte Fumaiolo ricordo i suoi boschi fitti e impenetrabili ed una fontanella da dove sgorgano le prime acque del Tevere. Così piccola per un fiume così importante che passava sotto la mia terrazza , prima di correre verso Roma. Alla Verna io ci sono arrivata bambina, con un faticoso camminare lungo una stradina piena di sassi e, confortata in alcuni tratti dal groppa di un mulo compiacente. Ricordo un grande caseggiato con una grande stanza dove mangiammo e tanti fraticelli. Ma una cosa mi è rimasta scolpita nella memoria: il sasso spicco. Caro Monte di Costantino con la tua grande croce! Partenza alle prime luci dell'alba, con mio fratello Ranieri il seminarista e sù con i piedini doloranti dentro gli scarponcelli di vacchetta, per arrivare a quelle grosse pietre nere a forma di sedili e divani per riposarmi. Era bello arrivare in cima al Monte, si vedeva tanto mondo e perfino un aquilotto ho visto una volta. Non mi è mancato il calore del focolare, perchè quando era spento nella mia casa, trovavo il suo tepore e la sua viva fiamma nelle case accoglienti dei parenti. Posso scaldarmi in casa dello zio Otello, anche se mi mette un pò di soggezione quel distinto signore con gli occhi tanto azzurri ed il vestito da cacciatore di fustagno. Mi soffermo a guardare l’ippocastano che è davanti alla porta d'ingresso. Già, prima di salire la scala che porta dentro l'abitazione (al piano terra c ' era una rimessa con tanti sacchi pieni di grano che veniva dalle sue terre) sento il profumo di dolci e cose buone. Trovo la zia Maria, una donna imponente e robusta con la sua voce dolce e carezzevole. Ci sono tutti i miei cugini: Elba; Onelio, Piero, Scilla e una nidiata di cuccioli che aveva partorito la Stellina. E posso scaldarmi anche in casa della zia Alzira, tanto lo zio Fabio non c 'è. Perchè anche lui mi metteva timore. (penso oggi che la mia timidezza nei confronti della figura maschile, derivasse dal fatto che mio padre era tanto scorbutico e severo nei nostri confronti) Qui trovo le cuginette Franca e Esa, mie coetanee, e posso incantarmi a guardare l'aquila imbalsamata nella grande sala. Ricordo una sera, quando la zia tanto bella (doveva essere carnevale) mi apparve con un vestito di seta verde lungo, ci riempì le mani di stelle filanti e di mascherine da mettere sul viso, affidandoci alla Giuseppina dalle mani tanto rosse e rozze, per andare ad una festa da ballo. Anche dalla zia Sofia posso fermarmi. Ci sono Lina e Noemi le mie cugine ma tanto più grandi di me e poi, per via di quel lindore della casa con due mezzine lucidate a specchio, la mancanza dello zio Adolfo che era morto in guerra troppo presto, e per via di tutte quelle preghierine per i parenti, mi metteva malinconia. Ma posso riscaldarmi ancora al focolare della zia Aida se attraverso il Ponte Vecchio, e posso trovarci l 'Alduina e Francesco mio coetaneo e compagno di giochi. E poi ci trovo spesso la nonna Caterina. La zia Aida, vedova di un certo signor Virgilio Collacchioni che io non ho mai conosciuto, aveva seguitato la vita brillante conosciuta da ragazza, sposandosi. Lo zio Virgilio era un signorone, se è vero che alle sue nozze era stato ingaggiato l'organista della SS. Annunziata di Firenze per suonare in Chiesa. Ma poi il patrimonio era finito e la Zia si finiva gli occhi a ricamare biancheria con una macchina Singer. Ma come non soffermarmi sulla nonna? Aveva i capelli candidi, la carnagione chiara delle bionde, senza rughe. Il suo volto di bisquit prendeva lucé dai suoi occhi azzurri. Era tenera, fragile e dolce e sapeva raccontare tante favole. Penso alle nonne che avrei incontrato dopo. O troppo giovani con capelli tinti e rossetto alle labbra che non sanno raccontare fiabe, o tanto vecchie e sdentate da far cuscino nei ricoveri in attesa del dolce riposo che tarda ad arrivare...In casa della zia Aida c'era anche un giardino pieno di peonie, mughetti, lillà, rose e glicini e una vecchia tartaruga che si nascondeva fra le foglie di insalata. Ritorno a casa, quella della Piazza della Collegiata. Mi devo fermare e sostare fino al momento della mia partenza...Sento il rumore delle bocche voraci dei bachi da seta che mangiano le foglie di gelso e fanno il bozzolo, sù in soffitta. (era un modo per arrotondare le magre entrate per sfamare le bocche voraci di tanti bambini)
[...]
E' stata bella la mia infanzia! Forse mi è mancata qualche carezza, ma la natura è stata generosa con me:
Ho visto boschi pieni di ciclamini e viole a ciocche e alle sorgenti mi sono dissetata
Ho visto giardini pieni di fiori e il loro profumo mi ha inebriata
Ho visto campi pieni di spighe di grano e papaveri e fiordalisi e il vento che li cullava ha accarezzato anche me
Ho visto prati pieni di primule e botton d'oro e i grilli che l ' abitavano hanno sfiorato la mia mano
Ho visto il cielo pieno di stelle e le lucciole che si lasciavano prendere da piccole mani
Ho visto le api lavorare nelle arnie ed ho succhiato il miele della loro cera
Ho visto agnelli e caprette appena nati nella stalla e conosco il sapore caldo del latte appena munto
Ho conosciuto il tepore del nido degli uccelli e ho visto sfrecciare nel cielo le rondini libere......
 
Non so quanto questo possa interessare qualcuno. Ma penso che il suo posto sia a Pieve, perchè è dedicato a lei.
Mi firmo Giu-Ni (un nome piccolo e breve come il tempo della mia fanciullezza)
Firenze, Gennaio 1987