Autore
Giulia FabbriAnno
1987Luogo
Arezzo/provinciaTempo di lettura
6 minutiRicordi di una fanciullezza
Cominciano le Feste della stagione più mite, della primavera. Altra grande Festa: la Pasqua. Ricordo il venerdì Santo, quando andavamo con le bacchettine ricoperte di carta velina colorata, a batterle con forza sui gradini della Collegiata. Perchè Non lo sò tuttoggi. Sacro e profano? Forse si voleva ricordare la flagellazione di Gesù....A Pasqua c'erano tanti buoni dolci fatti in casa: gli zuccherini che una penna d'oca dorava del rosso dell'uovo e la Panina che sapeva di anice e "gli sputi di monaca” fatti con la chiara d'uovo e lo zucchero. E i dolci del Caffé dell'Ines? Come la "piccola fiammiferaia” avevo visto tante volte dalla vetrina esterna, tante cartine colorate che contenevano chissà quali golosità. A Pasqua si entrava dentro. Uova di cioccolata ricoperte di stagnola ce n'erano, ma le più erano disposte in vassoi, senza involucro e si mostravano nel loro colore naturale bruno e lucido, dipinte di fiorellini di zucchero colorato. Ma quello che attirava la mia attenzione e mi rendeva perplessa erano i gianduiotti. Ce n'erano color argento e color oro. Pensavo di capire il perchè di quei due colori differenti: in quelli d ' argento c'era la purga di caromelano che ci davano i nostri genitori quando eravamo ammalati, d'accordo con il Signor Eugenio. E' sì, caro signor farmacista, avevo capito! Era inutile poi che ti volessi far perdonare mandandoci insieme al gianduiotto traditore, un grappolino di frutto di tamarindo! Altra Festa grande con un fascino particolare era il giorno del Corpus Domini. L'aria era pulita, tiepida e profumata...io ricordo un panierino che veniva dato a noi bambini perchè lo riempissimo di petali di fiori per cospargere le strade dove passava la Processione. Non ricordo la malinconia dei fiori calpestati, la mia memoria si sofferma al ricordo del profumo che emanava dal mio panierino pieno di fiori e alla gioia che provavo nel coglierli: le mie piccole mani si erano graffiete degli spini delle siepi quando avevo rubato le roselline, i biancospini e le “manine della Madonna".
[...]
Nel Paese c ' era un posto tanto triste per me: l'asilo d'infanzia. Era tenuto dalle Suore ed ogni mattina ci venivo accompagnata tenendo in mano il mio panierino della merenda. Era lunga la strada per arrivarci, così in cima al Paese e, quando c'era la neve che formava due grosse muraglie più alte di me, non bastavano le caldarroste o le ballotte che tenevo in tasca per riscaldarmi. E non mi davano conforto. C'era l'odore inconfondibile e nauseabondo della minestra fatta dalle suore, i cartoncini colorati abbandonati a penzolare dai banchini neri quando correvamo nel cortiletto a giocare che mi facevano venire un certo nodo alla gola non appena varcavo l'ingresso di quell'asilo. Nemmeno la rappresentazione che facevamo noi bambini nei giorni precedenti il Natale mi dava gioia. Forse per colpa di quella volta che, vestita da angioletto con tanto di ali, avevo bagnato il palcoscenico con vergognose goccioline scivolate lungo la tunichetta bianca dalla mia ... incontinenza infantile. I nostri giochi erano fatti di niente. Di tutto, perchè le piccole mani ed i piedini di un bambino aiutati dalla sua fantasia sànno scoprire e gustare il mondo dei giochi. Nascondino, mosca cieca, i quattro cantoni, il girotondo attorno alla banda che suonava in Piazza, il “fuori verde” e la “campana”, questi erano i miei giochi. C'erano poi altri giochi, un po' meno innocenti o comunque un pochino più impegnativi come la tombola, il gioco dell'oca, il far volare un moscon d'oro con la zampetta legata ad un filo o tagliare la coda di una lucertola per vederla saltellare da sola. Poi c'erano le grosse zucche gialle dalle quali prendevamo i semi che essiccati al sole e salati erano molto buoni. In un lato della zucca vuota poi si intagliavano con un coltellino tanti fori per formare un volto: occhi naso e bocca. Si poneva nel suo interno una candela accesa ed anche lei era pronta per illuminare la notte insieme alle stelle e alle lucciole che erano tante. Penso con tenera nostalgia ai miei piccoli compagni di giochi: la Diva, l'Irene, la Gianna e la Maringia, l'Ornella, la Bibi e Walter, Fefa e Nicola. Dove siete, quanto vi ha cambiato il tempo, la vita? Degli adulti, o meglio dei "grandi” come dicevano allora, ho il ricordo indelebile di alcune persone: Il Rucca, il gelataio che girava il paese con un carrettino bianco, d'autunno portando mentine, caramelle d'orzo e croccante e d'estate il gelato. Aveva una macchinetta che manovrava con le dita per stabilire l'altezza della parte di gelato che doveva mettere fra le due cialde che uscivano poi a forma di rettangolo. Forse la mia monetina di rame era troppo piccola, perchè dalla sua macchinetta usciva sempre un rettangolino tanto smilzo. Il dottor Zammarano, un giovane bruno che quando mi incontrava mi accarezzava i capelli dicendo: ogni ricciolo un capriccio. La Nunziatina, la levatrice che aveva aiutato a nascere tutti i bambini del paese e che aveva una certa peluria scura sul labbro superiore. L'Olinto, un povero vecchio che girava sempre con un sacco in spalla e che i "grandi" nominavano quando eravamo cattivi, minacciando di farci mettere nel suo sacco. Il Rosso, un calzolaio che viveva in una piazzetta vicino al Campo alla Badia con un pappagallo legato ad un trespolo e che portava sempre attorno al collo un fazzoletto rosso. (da qui forse "il Rosso”?) A questo personaggio era attribuito un fattaccio, tanto è che un giorno, come capitò a Pinocchio, si trovò fra le gambe dei Carabinieri che lo invitarono a visitare le prigioni .... Lo spazzacamino, un ragazzotto tutto nero di fuliggine con una corda lunga e nera legata attorno alla vita. Lo avevo visto attorno al mio camino e non l'ho più dimenticato.