Autore
Maria BrunettaAnno
1917Luogo
Pordnone/provinciaTempo di lettura
4 minutiVita vissuta
17-II-17
Via per Napoli. Giungiamo alle sei di sera. Al posto di ristoro della marina mi offrono un calice di marsala e biscotti. C’è un ufficiale che ha conosciuto Agostino e che ci dà mille suggerimenti. Mafame Laìs ci fa un biglietto per la questura e un altro per il conte Filo. Il commissario Sergio ci offre una camera all’Hotel Torino dove alloggiamo magnificamente. Il conte Filo ci dà un buon sussidio.
18-II-17
Napoli bella, ci appare ammantata di luce e colori nella mattina splendida. Mare e cielo si confondono nell’azzurro purissimo sì che cielo e mare sembrano riflettersi. Capri si profila come uno zaffiro che sorga dell’acqua ed il golfo stende le sue braccia per rinchiuderlo in una stretta amorosa. Mare, monte e cielo, palazzi marmorei, vita intensa e gaudente, sorrisi di pace. L’anima nostra mutilata e sanguinante dimentica le sue ferite, mentre il cervello scaccia momentaneamente gli orrori della grande tragedia che abbiamo vissuto.... E discretamente forniti di denaro, rassegnati all’esilio, insensibili alle probabili nuove sofferenze, giriamo tutto il giorno, poi papà parte ed io resto sola all’Hotel Torino. Quando torno all’albergo trovo la graditissima visita del col. Samperi. Con “Lui” mi trattengo tutta la sera. La sua compagnia mi fa tanto bene. Come amico, come filosofo, come medico egli sa consolare la mia psiche, quietare i nervi scossi, rinvigorirmi tutta....e per circa venti giorni riempì le mie giornata vuote, mi fece conoscere, ammirare Napoli bella, mi fu padre, fratello, amico. Per lui serbo e serberò sempre una simpatia profonda ed una grande riconoscenza.
 
..................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................e passarono i giorni, le settimane, i mesi......e vivemmo accasermati nel grande Hotel Vittoria benevisi, confortati prima dai mutilati che col sig. Heller diressero per primi l’albergo.....poi ridotti non a personalità ma a numeri, umiliati, asserviti, resi alla mercè dei marinai, offesi più che grati dalla generosità spaccona, obbligati a tutto, con un sacco di doveri e nessun diritto. Questo l’effetto della direzione americana nell’Hotel Vittoria. La mamma soffrì indicibilmente, o no..seppi tener sempre alta la testa, forse fui malvisa, ma rispettata ognor. Passai sei mesi anche nell’umido ufficio magazzino dello Ospedale Sacramento, molto stimata dal Capitano Cavadini mio diretto superiore, amata dalle compagne, rispettata dai soldati. L’ambiente malsano moralmente non riuscì a piegare l’onesta dritta dei miei sentimenti. S’infiacchì invece la mia tempra robusta, impallidirono anzi svanirono i colori che la salute aveva stampato sulle mie guance e l’epidemia della febbre spagnola trovò in me uno dei più arrendevoli soggetti
.............................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................Ma vissi, vissi perché io dovevo amare, perché sulla via erta e spinosa che percorrevo avevo incontrato un dolce compagno che con tutti i mezzi cercava di spianarmi il cammino, perché troppi legami avevo ancora con la vita. Dolcezza intima di sentimenti posso io descrivervi? Può questo mio cuore confessare tutti i suoi palpiti? Può il pensiero dettarmi ancora le sue rosee vedute? Posso mettere a nudo la mia anima onde rilevare tutta la mia vita d’amore? Proverò.
IIa parte
C’incontrammo per la prima volta nella luminosa saletta da pranzo del Castello Spadaccio a Cardite dove papà aveva invitato a colazione tutta la cordiale e generosa famiglia Carmosino. Scambiammo poche parole, ma lo sguardo s’incontro e sorprese molte volte sulla testa del piccolo Bruno. Erano sguardi lunghi, un po' curiosi, sembrava interrogassero continuamente. Ci rivedemmo l’II aprile 1918. Pioveva. Impossibile continuare.  .....motivi di gioia e di melanconia, ragioni di lavoro e di speranza..... .....Perché gli uomini come i mondi si rasentano con le orbite del loro cammino senza conoscersi e si accostano nella vita come le navi nella notte dei mari, senza intendersi.