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Noi e la RDT - Lettere dalla DDR (1976-1978)Autore
Claudio MarabiniTempo di lettura
8 minuti35 ° anniversario della caduta del Muro di Berlino
Il "Muro"
Per noi "pendolari" il passaggio del Muro era diventato fin dai primi, tempi un fatto normale, quotidiano, che ci permetteva comunque di evadere dal grigiore della vita in quel paese. Ma pochi avevano allora e forse hanno ancora oggi, in Italia, un'idea di cosa fosse effettivamente quel "Muro".
Cos'era, in realtà, questo "Muro"(?). Intanto, un po' di storia: Alla fine della Guerra, con la disastrosa sconfitta della Germania di Hitler, le "Potenze Alleate" si erano spartito l'intero territorio tedesco in "zone d'influenza" lasciando all'Unione Sovietica, come compenso per la famosa Battaglia di Stalingrado, l'Europa Orientale e metà del territorio  tedesco,  ad  esclusione  di  Berlino  che  (pur  essendo geograficamente  all'interno  della  "Germania  Orientale")  avrebbe dovuta restare come Zona Autonoma di Occupazione, sotto il controllo delle Quattro Grandi-Potenze. Mentre la "Germania Occidentale" si era data una nuova capitale in Bonn, una piccola cittadina che aveva dato i natali a Beethoven, l'Unione Sovietica decideva invece nel '49 di annettere la "Sovjetische Besatzings Zone", facendone la "Capitale della DDR". Di qui l'origine del Muro che come realtà fisicamente visibile, tra muro vero e proprio e reticolato, circondava l'intera "Berlino-Ovest" per isolarla ermeticamente, all'interno della "Germania Orientale", dal resto del mondo. Ma l'intera linea di confine fra "Germania-Est" e "Germania-Ovest" era divenuta di fatto un muro-invalicabile fatto, per migliaia di chilometri, di reticolati, fossati, territori minati e difese militari, destinati a rendere praticamente impossibile qualsiasi contatto fra gli abitanti delle "due Germanie".
Per renderne un'idea può essere interessante ricordare il caso del nostro Parroco, della Parrocchia cattolica cui facevamo capo a Berlino Est. Con lui si era sviluppata fin dalla nostra prima visita a quella Chiesa una certa familiarità, come mai ne avevamo avuta fino allora con un sacerdote, tanto che sarebbe venuto spesso da noi a trovarci nella nostra casa sulla Leninallee, raccontandoci così la sua storia.
Dopo la Messa, il Parroco aveva l'abitudine di spostarsi all'uscita per ricevere uno-ad-uno il saluto dei suoi parrocchiani (avremmo scoperto dopo che era l'unico modo per mantenere un rapporto fra la Chiesa e i fedeli. Nessun'altra forma di comunicazione era altrimenti consentita, perfino l'affissione degli orari delle Messe all'esterno della Parrocchia era considerata una forma di propaganda anti-sistema, quindi vietata). Arrivato il nostro turno, nel sentire che venivamo da Roma si era quasi emozionato, ci aveva chiesto l'indirizzo ed era poi venuto spesso a trovarci. Valeria avrebbe poi fatto con lui, a Berlino, la sua Prima Comunione e dopo la caduta del Muro siamo andati ancora a trovarlo, da Monaco, ricevendone una festosa accoglienza.  Era una simpatica persona dall'aspetto sportivo, che somigliava molto anche nei tratti del volto a Papa Wojtila.
Nato e cresciuto in quella che sarebbe diventata poi la Berlino-Ovest (si era perfino scoperto "compagno di scuola" di Fabio, al "Canisius Kolleg"), Joseph Weinzieher si era trovato ad essere giovane Parroco in quella che nel primo dopo guerra era diventata la "zona di occupazione sovietica". Nell'autunno 1952 aveva appreso della costruzione del "muro" (che all'inizio era un semplice filo spinato fortificato, che divideva in due la città di Berlino) durante una sua vacanza invernale in Austria. Preso subito contatto con il suo Vescovo, e pur essendone informato che la separazione delle due Berlino sembrava definitiva, aveva deciso che "il suo posto era fra i suoi parrocchiani".
Secondo il suo racconto, quando si era presentato al posto di controllo sulla Friedrich-Strape era stato salutato da quei "VoPos" con deferente sorpresa (era l'unica persona che cercasse di rientrare al settore orientale, mentre tutti cercavano di fuggirne) ricevendone peraltro l'avviso che, una volta rientrato, non gli sarebbe stato più consentito di recarsi nella sua "Berlino-Ovest".
Da allora non aveva mai più messo piede in quella parte di Berlino dove era nato e cresciuto, né aveva mai più potuto vedere i suoi genitori, che nel frattempo erano morti, e dove viveva ancora una sua sorella... con cui una volta ci eravamo prestati a fare da tramite, per portarle i suoi saluti ed un suo libro. Questo era "il Muro". Un limite invalicabile fra due mondi, per impedire a chiunque di far sapere cosa effettivamente avveniva dall'altra parte, in un senso e nell'altro
Naturalmente, a Berlino quella totale separazione fra i due mondi era in un certo senso "violata" dall'esistenza a Berlino-Ovest di una stazione radio, la SFB (Sender Freier Berlin) che poteva essere difficilmente oscurata da quelle Autorità. Per questo era stata creata nella RDT una controinformazione radio e TV, specializzata nel dare ai concittadini la "vera informazione" sulle "falsità" della propaganda occidentale ... bastava per loro estrapolare dalla stessa voce di qualche politico occidentale le due o tre parole che, isolate dal loro contesto originale, sembravano dire esattamente l'opposto di quello che "la propaganda occidentale" voleva far credere; iI relativo commento faceva il resto... Anche se in quella gente restava pur sempre il dubbio su quale fosse, la "verità"(!).      (CM-'08)
Ma il bello è che dalla parte della RDT il "muro" era pressoché inesistente, come tale. L'unica cosa visibile per i cittadini di Berlino-Est era una semplice palizzata di legno come quelle che nascondono un normale cantiere edile, dietro la quale, a seguito di una serie di demolizioni che avevano praticamente arretrato la città di parecchie decine di metri, era cresciuta nel tempo un'ampia fascia deserta con tanto di reticolati e campi minati, su cui sembra che ogni tanto saltasse qualche sventurato coniglio. Il muro vero e proprio, con i suoi alti blocchi di cemento, era visibile soltanto da Berlino-Ovest, da dove era possibile ammirare sia "il Muro" (un'enorme palestra per i graffitari che lo coprivano di "murales", spesso pregevoli) sia, dalle apposite piattaforme panoramiche, quell'ampia zona di nessuno che era controllata all'interno da minacciose torrette di guardia, ed ostentatamente attraversata  su  apposite corsie dagli automezzi militari in perlustrazione fra reticolati e campi minati... Una vera attrazione, per i turisti occidentali (!).
Fra i miei più interessanti ed "esclusivi" reperti fotografici figura un filmetto girato nel settembre 1965 in occasione di una mia prima missione alla Internazionale Industrie-Messe (Berlino-Ovest). Una scena del filmetto, di pochi minuti, mostra il lavoro di demolizione di una casa sulla famosa Bernauer-Strasse, le cui case si erano trovate esattamente sulla linea di confine fra il "settore francese" ed il "settore sovietico" della Zona di Occupazione Alleata. Quando i colleghi me ne avevano parlato, quella strada era nota come la Kreuzer-Strasse (Strada delle Croci") della quale era assolutamente sconsigliato fare fotografie, in quanto "zona di confine". Il fatto è che qualche anno prima parecchi abitanti di Berlino-Est erano riusciti a fuggire calandosi dalle finestre che davano sulla Bernauer Strasse. Quando quelle autorità se ne erano accorte, dopo aver sequestrato gli appartamenti ai piani bassi avevano iniziato a sparare sugli ultimi fuggiaschi in fuga dai piani alti. Nel  filmetto  sono  riprese,  dopo  ripetuti  tentativi  di  passare "innocentemente" lì sotto, sia alcune delle croci che costeggiavano la strada, in ricordo di quelle tragiche morti, sia qualche furtiva scena con gli operai al lavoro sotto il controllo di armati Grenz-Poliziesten..
(CM-'09)