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Tratto da

Scegliere

Autore

Houda Latrech

Tempo di lettura

4 minuti

Premio Lucia

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Scegliere
Ho basato tutta la mia vita sulle scelte [...]

Scegliere.

Ho basato tutta la mia vita sulle scelte, perché la prima importante decisione che ho vissuto, si è solo riversata su di me. Eppure, vengo definita a partire da quella, solo quella, come fossi solo quel viaggio, solo quel trasferirsi da un giorno all’altro, da un paese all’altro.

Scegliere e ho scelto, da quando ho capito quanto valore potesse avere questo verbo, ho sempre scelto per me. Scelto i miei quaderni, la mia scuola, il mio liceo, scelto

le lingue, scelto il diritto, scelto la facoltà di legge, scelto di leggere, tanto, tantissimo, scelto di scrivere, fino a coprire ogni superficie possibile, un nero che vince il bianco di cui è circondata una parola, una ragazza, sulla cattedra di una scuola, che grida silenzio e urla ribellione, scelto quindi di parlare, scelto i microfoni e i palchi e soprattutto scelto le parole.

Perché non ho deciso io di attraversare il mare da un aereo, ma sapevo, sapevo già, che sarebbe arrivato il momento di farlo, prima o poi, con un padre appeso a un filo, un filo diventato un nodo, un nodo che ero io, dall’altra parte del molo. La vera storia non è la mia, ma è di chi girando scelse, provò tutte le città come un nomade e poi si stabilì da un momento all’altro, contento, di aver trovato per sé uno strappo di mondo. Eppure, so che lo fece per me, ora che non mi vedrei crescere in alcun altro luogo, ora che le parole ricamate scorrono in una solo lingua, mentre sullo sfondo, pareti di un colore indefinito, sanno di cantilene nel deserto, che ancora capisco, ancora per fortuna parlo, ma sfuggono sempre di più, sempre più lontane da me e da ciò che sono diventata non per scelta, ma che ho abbracciato con consapevolezza.

 

E quindi la vera storia no, non è la mia

E quindi la vera storia no, non è la mia, che ho imparato a distinguermi il primo giorno di scuola, che ho fatto del riscatto la mia missione, correndo più veloce degli altri solo per non dovermi fermare a pensare, non è la mia, che ho fatto del tuffarsi in ogni attività, la mia passione, non la mia, che ho scelto di cogliere ogni opportunità, io che a dodici, a quindici, a diciassette, diciotto, diciannove e pure vent’anni, ho partecipato a premi letterari come fossero le olimpiadi, le uniche capaci di farmi dimenticare la goffaggine di un corpo che non sentivo mio, il mio riflesso allo specchio sfigurato solo ai miei occhi, da un amore che ti segna e ti imprigiona. E risorgere, araba fenice, il tempo è una spada, a non impugnarlo, ti ferisce, fare di ogni passo una rincorsa, riempire ogni minuto, rappresentare gli studenti del liceo più grande di una città conosciuta per odiare, ma che in qualche modo ho saputo amare, corsi, concorsi e perdersi in pagine di poesia in lingue che già di per sé sanno di lirica, perdersi in lezioni di storia e trovare l’entusiasmo parlando di Leopardi, siepi, muri e Montale.

Ritrovare la fede, perdere gli amici, ritrovare la compagnia, scegliere l’autonomia, essere pionieri è essere soli, riempire le piazze riscalda il cuore, ma lo fa di più una pizza con gli amici.

Ma la vera storia no, non è la mia, che unica a indossare un indumento insolito, siedo ogni giorno in un corso di laurea quasi elitario, chiuso al diverso, chiuso al nuovo. 

La vera storia non è la mia, che ho fatto delle parole la mia arma e il mio unico scudo, della lingua del paese in cui sono straniera, la mia unica difesa. La vera storia è la sua, di noi due, diversi da ogni altro membro della famiglia, perché, per caso, ancora stranieri, nonostante l’ago della bilancia sposti i suoi anni più in questa sponda che nell’altra, nonostante il mio cuore bruci poesia e passione per questa terra. La vera storia è quella di mio padre, Genova 1989, dopo aver attraversato tutto il nord Africa come un unico tappeto disteso, alla ricerca di una fortuna che non parlava arabo, dopo aver varcato frontiere che allora non esistevano, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia e poi il Visto, trent’anni fa come ora, scegliere la legalità come unica via, la Spagna, la Francia, la Germania e finalmente stabilirsi, finalmente l’Italia.