Autore
Pietro SantoroAnno
1952 -1972Luogo
Bari/provinciaTempo di lettura
5 minutiEgeo. Quando ero soldato. Tirana-Roma attraverso la guerra

[..] A quell'epoca Roma non aveva subito ancora nessun danno a causa della guerra, mentre in seguito... Beh, è meglio lasciare stare...Ora dovevamo soltanto prepararci a fare il nostro ingresso nella Città Eterna. Eravamo in attesa dell'ordine di partenza che doveva giungere da un momento all'altro. Tutto era pronto, dovevamo disfare soltanto le tende ed arrotolare la coperta intorno allo zaino che ciascun militare aveva in consegna. Si attendeva l'ordine sin dal mattino del 3 giugno 1944, invece arrivò poco prima di mezzanotte del successivo giorno 4. A quell'ora di notte diventava un po' difficile compiere le altre operazioni, specialmente quella di sistemazione dei viveri sugli autocarri. C'era soltanto mezz'ora di tempo per poter caricare quattro Spa-38.
Io, con la mia solita corvè, ci demmo da fare proprio come forsennati. Tra l'altro poi l'oscurità era tale che si poteva tagliare a pezzi. Comunque fra di noi si era stabilita una vera gara: noi a porgere e gli autisti a sistemare le cassette negli automezzi. Sentivo Perazzoli ansimare come un mantice e mi rendevo conto dello sforzo che faceva in quei momenti di frenetico lavoro. Purtroppo non c'era niente da fare, bisognava continuare con lo stesso ritmo. Continuando questa gara, mi accorsi, ad un certo punto, che le ombre degli uomini che lavoravano erano aumentate:
“Beh- feci tra me- e chi è quell'altro che si è inserito? Da dove è venuto?” Incuriosito, mi avvicinai all'ombra. Poi chiesi a bruciapelo:
“E tu chi sei? Chi ti ha mandato?
Mentre dicevo questo, mi accorsi che mi trovavo alla presenza del mio Colonnello. Fu tale la sorpresa che mi parve di aver ricevuto in quell'istante come una mazzata in testa, ma subito mi ripresi:
“Signor Colonnello! Ma cosa fa?...”
Immediatamente si udì un brusio di commento a queste mie parole da parte degli uomini che erano intanti a caricare le cassette di viveri.
“Zitto, zitto! - fece il Comandante- Non c'è tempo e noi dobbiamo sbrigarci...”
“No, signor colonnello, non permetterò mai questo!...”
“Non c'è tempo da perdere, ti dico!”
“Lei, per fare quello che sta facendo, dovrà passare sul mio cadavere!”
 
Il comandante non replicò. Poi mi passò lo scatolone di cartone che aveva in braccia e se ne andò. Poco dopo il carico degli automezzi fu completato. Dopo di che pian piano le macchine si disposero in colonna sulla strada, attendendo l'ordine di marcia. Al buio vedevamo i contadini dei caseggiati vicini, colà convenuti per darci il loro saluto ed augurarci un felice viaggio. Avevo l'impressione di trovarmi in prima linea in attesa di scattare all'assalto. In questi momenti mi venne di ricordare la trincea di Monte Asolone sul Grappa e tutta la fila di uomini che il 28 ottobre 1918 dalle posizioni di prima linea scendeva nella Valle del Brenta sino a Ciamon attraverso una mulattiera molto accidentata che ancora qualche giorno prima era servita agli austriaci per recare sulle posizioni dell'Asolone proiettili ed altro materiale bellico che doveva inutilmente servire a contenere la nostra gloriosa avanzata. Allora avevamo una speranza nel cuore; ora ne avevamo cento. Verso le ore due del 5 giugno 1944 giunse l'ordine di partenza. Ad un certo momento un fischio acuto si fece udire. Immediatamente i motori si misero in moto. Poi un altro fischio fece muovere la colonna. Era buio e bisognava procedere molto piano, quasi a passo d'uomo. Prendemmo la strada per Latina e, sempre adagio, uscimmo sulla “fettuccia” di Terracina, girando a sinistra verso Roma. Primo obiettico: Cisterna. La colonna procedeva sempre piano e ogni tanto si fermava. Allora le ansie crescevano e ognuno si chiedeva: “Perché ci fermiamo?”. “Cosa è successo?”. “Ma allora i tedeschi sono ancora vicini?”. Queste le domande che nel cuore della notte ciascuno si rivolgeva. Io ero sull’autocarro accanto a Perazzoli, che teneva gli occhi bene aperti e cercava di mantenersi sempre al centro della strada. L’andatura era del passo d’uomo, come eravamo partiti. Verso le tre giungemmo a Cisterna.ui ci fermammo di nuovo. Qualcuno, che era alla testa della colonna, scese dalla macchina. Sentivo bisbigliare delle parole che non afferravo bene, infine capii che era giunto il generale Mark Clark il quale aveva preso posto alla testa della colonna con tutto il suo stato maggiore. Fino a quel momento la lunga sosta si era giustificata, ma il fatto che si sostasse più oltre cominciava a dare qualche preoccupazione. A che cosa poteva attribuirsi questo ritardo? Forse che i genieri stavano rastrellando la strada dalle mine tedesche? E intanto la sosta si prolungava e tutto faceva pensare ad un fatto del genere se non al peggio...