Autore
Marina ZampoliniAnno
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4 minutiGli ultimi tre anni con il babbo. Diario della figlia di un ultranovantenne

 
I problemi di vista del babbo, legati alla presenza di cataratte in entrambi gli occhi, perdurano da qualche anno. Mi preoccupano molto, anche perché il babbo ha problemi pure con l'udito, in parte ridotti da un apparecchio acustico. L'idea che negli anni venga avvolto dal silenzio e dal buio mi è insopportabile, e mi sono dedicata già da tempo all' "impresa" di assisterlo nell'intervento di cataratta, perlomeno ad un occhio, come consigliato dagli oculisti consultati. E di una vera e propria impresa si tratta, perché il babbo, accompagnato da me e da mio marito a diverse visite oculistiche finalizzate all'intervento già nel 2012 e 2013, ha avuto grosse difficoltà a tenere bene aperti gli occhi durante le visite per l'instillazione dei colliri ecc. Sembra scattare in lui un meccanismo automatico di difesa che lo porta a serrare le palpebre non appena la mano dell'oculista si avvicina ai suoi occhi, un meccanismo che non riesce a controllare, nonostante la manifestata intenzione di sottoporsi alla visita. Siamo sempre usciti quindi da queste visite con un nulla di fatto, perché, come ripetono puntualmente gli oculisti, "il paziente non collabora", tristi, delusi, arrabbiati con la sorte che non ripaga i nostri sforzi e che soprattutto esporrà lui, in prospettiva, al rischio di cecità. Da tempo sono alla ricerca dell'ospedale, o della clinica privata, in cui siano in grado di approcciare i pazienti "non collaboranti" con modalità idonee, che non siano l'anestesia generale, improponibile alla sua età per i rischi che comporterebbe. 
 
 
Gennaio 2014 
Ho saputo, da ricerche fatte su internet e da consigli medici, di una clinica privata convenzionata nel capoluogo di Regione, dove opera un oculista molto qualificato, esperto nella gestione dei pazienti anziani. Chiedo un appuntamento, a cui andrò da sola, per un colloquio esplorativo. E' freddo, c'è una piccola bufera di nevischio, ma io affronto i disagi del viaggio (pullman + treno + autobus) con baldanza, perché spero di aver trovato il posto giusto per far operare il babbo. Dopo aver pranzato di gusto in un ristorantino pakistano di cui sono l'unica cliente, mi reco alla clinica e incontro il professore, molto rassicurante. In primavera il babbo sarà operato. 
Settembre 2014
Vado a parlare con il primario oculista dell'ospedale del capoluogo di Provincia, gli racconto i precedenti, e lui, molto comprensivo e disponibile, mi prospetta la possibilità di operare il babbo in stato di sedazione, profonda quanto basta per garantire l'immobilità del paziente durante il breve intervento, ma senza i rischi dell'anestesia generale. Questa volta il percorso nasce sotto una buona stella. Il babbo viene operato con successo, sta bene, e io lo riporto a casa: sono al colmo della felicità. La prima notte dopo l'intervento il babbo ha l'occhio bendato, e durante il sonno cerca continuamente di togliersi la benda. lo sto accanto al suo letto, e gli tengo ferme le mani. Passo tutta la notte così; la mattina sono sfinita, ma pronta ad accompagnarlo al primo controllo. Il controllo va bene, torniamo subito a casa. A me sembra di sognare: il babbo è tranquillo, è possibile somministragli i colliri senza troppa difficoltà. Vivo un grande senso di liberazione per l'uscita dall'incubo della cecità, e provo molta soddisfazione per essere riuscita nell'impresa: sono per me giorni di sole sfolgorante, che non dimenticherò mai.