Autore
Antonio CoccoAnno
1952 -1954Luogo
VenetoTempo di lettura
4 minuti 30 secondiRidotta Isabelle
Saida, Algeria, 28 luglio 1952
 
Carissimo papà
Mentre ti scrivo, un centinaio di legionari stanno cantando a squarciagola più o meno tutti ubriachi e felici.
Felici di partire per L’Indocina, felici di spargere il proprio sangue per una patria che non è loro, e che forse odiano. Anch’io odio la Francia e i Francesi e tuttavia sarei contento di partire, partire ed andarmene lontano di lasciarci la vita, non importa, ma d’andare via da… questo Inferno, per provare un’inferno che forse è peggiore ma d’andarmene. Quand’ero a Marsiglia non vedevo l’ora di arrivare a Sidi Bel Abbes poi speravo di partire presto per Saida ora desidero d’andare in Indocina. Scusami se ti scrivo questo, ma questa sera ho bevuto ho bevuto tutta la miserabile paga che ti danno, 30 franchi al mese, in un’ora ho sciupato il lavoro il sacrificio d’un mese.
Ho lasciato il Bar del Legionario, stanco e avvilito, facendomi largo a stento tra tutta quella gente mercenaria che cantava ubriaca e mi sono diretto nella mia camerata, solo come un cane, mi sono sdraiato sul letto e mi son messo a piangere. In quale pasticcio mi sono cacciato papà, ho osservato il mio “kepi blanc” [copricapo distintivo dei legionari, Ndr], i miei calzoni sporchi di polvere, la camicia e una rabbia intensa mi è venuta, perché, perché devo portare questo abito, perché devo mettermi questo berretto, perché devo condividere la giornata con dei delinquenti che non parlano che di cose schifose e si vantano dei loro atti di delinquenza, perché devo sottostare alla ai comandi di qualunque lurido e analfabeta di caporale, perché devo sopportare gli schi[a]ffi e le pedate di sergenti disgraziati. Già perché… per uno stupido colpo di testa quanti dolori ho procurato a voi ed a me. Forse sarà il vino e la birra, certo però che questa sera sento dentro di me che non potrò ritornare più in Italia sono sempre stato ottimista, su questo punto, ma questa sera molte cose mi hanno fatto cambiare idea. Papà caro dovrò sopportare altri otto giorni di prigione, sono stato consegnato oggi dall’aiutante per una fesseria, forse perché s’è voluto far vedere dal tenente. Certo però che a me fanno paura e non so come me la caverò, dormire per terra e lavorare dalle 3 del mattino alle 9 e ½ di sera.
 
Questa mattina ho marcato visita perché erano 2 o 3 notti che dormivo poco per l’asma e mi ha dato un’aspirina. Tu dici che solo all’inizio è dura poi ci si abitua. Ma caro papà qui solo una bestia può abituarsi, tu non potrai mai avere una minima idea di cosa facciamo. La marcia e l’istruzione sarebbe nulla, ma quello che ti scoccia e le continue riviste al fucile, alla camera, al pacchettaggio [grande zaino dove il milite stipa tutto il proprio equipaggiamento, Ndr] doverti vestire e rivestire in alta tenuta per 6, 7 otto volte in un’ora. Nonostante tutta la mia buona volontà credo papà che durerò ancora per poco e allora non so cosa combinerò, sono arrivato al punto di desiderare la morte come unica liberazione, e di desiderare una pistola per ammazzare qualche disgraziato.
[…]
Scusami papà di questi sgorbi quanto mai sconnessi, ma sono ubriaco e forse solo l’ubriachezza mi ha reso così sincero e m’ha indotto a scriverti questa lettera che forse ti farà vergognare d’avere un figlio che ragiona così e che ha un cuore ormai così incallito. Eppure se ci penso l’unica cosa che a casa mi potessi vantare era quella di aver compassione di tutti, ora però me ne accorgo che anche questa mia unica cosa buona se n’è andata, ma ti prego papà abbi un pò di compassione per questo povero disgraziato di legionario. Non so nemmeno quando potrò impostarti questa lettera perché non ho più un quattrino molto probabilmente mi ridurrò a rubarli a qualcuno oppure a rubare qualche bollo dalle lettere di qualche camerata, mi faccio schifo ma non so fare altrimenti tutti lo fanno e come al solito lo faccio anch’io
T’abbraccio e ti bacio.
toni