Tratto da
[...] In nottataAutore
Umberto GuidottiTempo di lettura
6 minuti25 Aprile 2025

24 aprile - martedì
[ore 1] Ho pisolato un poco, ma senza convinzione. Tutti sono dell'idea che partiremo all'alba di stamani, ma non giunge alcuna conferma; dal Teseo Tesei non giungono ordini. Il maresciallo dell'autoreparto allora decide di andare a prendere disposizioni dal Com. Arillo, e Nando e io lo accompagniamo: stare calmi; null'altro. Il principe Borghese ha telefonato da Milano che là tutto è in ordine, e di ripiegare ordinatamente. Il maggiore Arillo ne ha informato il generale Meinhold, comandante di piazza, che ha confermato; perciò i Risoluti hanno già lasciato la loro caserma di S. Fruttuoso, con capo Botero, e i “mezzi d'assalto”, si ritireranno coi reparti della Marina tedesca. Tornando passiamo anche dal Comando Marina; moltissimi se la sono già squagliata, mentre gli altri stanno asportando un sacco di materiale di ogni genere; fermiamo due Risoluti curvi sotto il peso di due balle di cuoio e sequestriamo tutto. Intanto giungono ininterrottamente esplosioni dal porto e grandi vampate rompono l'oscurità: sono le navi e le fortificazioni che vengono fatte saltare. Tutto mi ricorda insistentemente la ritirata di Roma, sembra che si ripetano gli stessi avvenimenti. Aspettiamo che si faccia giorno.
(ore 4) Dalla città giungono gli echi di sparatorie; due nostri camion che sono usciti stanotte con scorta non sono ancora rientrati. È arrivato or ora un borghese a avvertirci che davanti alla prefettura è stato assalito un camion militare e la scorta sopraffatta: parla tutto affannato, agitato da un tremito nervoso. Viene dato l'ordine a tutti gli uomini di armarsi e stare pronti. (ore 21) Intanto è spuntata l'alba; un'alba brutticcia, grigia e di malaugurio: siamo rimasti veramente in pochi, i marinai si contano sulla punta delle dita; tutti gli altri sono ufficiali e sottufficiali che hanno la famiglia al Nord. [...] È stato informato il com. Arillo che l'edificio della Questura è in mano ai partigiani - i questurini naturalmente se la sono squagliata da un pezzo - e che il com. Zonza, che era uscito iersera con un camion, è moribondo in loro mani; si tratta certamente del camion assalito questa mattina presto. Tutti gli uomini liberi si radunano col Maggiore in testa, ma siamo pochi, una ventina appena, tutti quei topi d'ufficio non se la sentono, e restano ad affaccendarsi attorno ai camion, per far vedere che proprio non possono venire; hanno tanto da fare! Vedo capo Frangini, accanto alla moglie; dal modo come stringe il bastone si vede che avrebbe una gran voglia di romperlo in testa a qualcuno; gli sorrido con una strizzatina d'occhio e mi avvio cogli altri: il com. Arillo non vuol lasciare morire un camerata senza fare di tutto per aiutarlo; non posso fare a meno di ammirarlo mentre, chiuso in una elegante giacca a vento di pelle, e col mitra a pistola in mano, dirige calmissimo l'attacco.
Mentre la metà degli uomini si annidano nei giardini dietro la Questura, gli altri, io compreso, salgono su un camion. Come bolidi siamo passati davanti alla Questura, collo spiacevole presentimento di sentirci arrivare una scarica da un momento all'altro, facendo uno strettissimo giro in Piazza Brignole, che ci ha mandato sacramentando a gambe all'aria uno sull'altro. La gente, in piccoli capannelli, ci stava a guardare dagli angoli delle case e dei portoni, come ripromettendosi di divertirsi un mondo allo spettacolo dei novelli gladiatori; mentre noi cercavamo di disperdere quegli stupidi borghesi, che potevano anche essere non tanto stupidi e non del tutto borghesi, con urlacci e minacce. Ritornati davanti alla Questura, l'autista ha inchiodato d'un tratto, mentre per il contraccolpo sono andato a baciare la cassa d'un mitragliatore che m'ha spaccato un labbro, e ci siamo buttati nel campo di grano di fronte, "orto di guerra", perché formavamo un bersaglio troppo compatto, aprendo contemporaneamente il fuoco contro le finestre. Tutta questa manovra era stata fatta per dividere l'attenzione dei difensori, e poter prendere a rimorchio il camion immobilizzato. Mentre acquattato nel verde miravo una finestra molto sospetta, mi son sentito arrivare una scarica alla schiena. "La faccenda si complica" mi son detto pensando che la guerriglia in città non è mica una delizia: ho pensato che era un documentario di guerra, che offrivano pel divertimento degli spettatori genovesi. Meno male che è venuto l'ordine di ripiegare, giacché, grazie alla diversione, gli altri erano potuti entrare e portar fuori il com. Zonza. Dopo trenta metri han dovuto posarlo al riparo del muretto, in attesa che giungesse una macchina per portarlo all'ospedale. Al riparo di un albero del viale, vicino a lui, ho potuto vederlo bene. Una raffica l'aveva attraversato dal viso all'inguine; aveva rotta la spina dorsale e dalla bocca gli usciva un flusso sanguigno. [...] Questa scena mi ha dato come un malessere, una nausea; il pensiero che una di quelle pallottole, che rompevano fischiando le fronde, potevano ridurmi in eguale stato, e ho avuto paura. Basta, di lì a poco è giunta una macchina a portare il ferito all'ospedale, e noi ci siamo ritirati al Comando Marina. La colonna si era portata davanti al Teseo Tesei pronta a partire, ma oramai anche da quella parte la città è in mano ai partigiani. Stando così le cose - dico la verità - sono stato sul punto di tagliare la corda, ma poi ci ho ripensato, e sono rimasto. [...]