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Tratto da

Ricordi

Autore

Paolo Berti Arnoaldi Veli

Tempo di lettura

5 minuti

Festa della Liberazione 2024

Leggi il mio diario
Bologna libera

Domenica 22 aprile '45 ritornai da via Solferino in via Borgolocchi e lì fuori dalla caserma mi incontrai con mio cugino Frisco Martelli. Un incontro festante e affettuoso con tanti bolognesi plaudenti a quell'abbraccio fra un soldato della Guardia di Finanza in divisa grigioverde, com'era Frisco, ed un partigiano della "Legnano" in divisa kaki, com'ero io. Due ragazzi giacchè io avevo ancora 17 anni e mio cugino 18. Una scena che sarebbe molto piaciuta a qualche giornalista fotografo. La Guardia di Finanza era stato l'unico corpo militare della repubblica sociale a collaborare apertamente nell'insurrezione della città salvaguardando assieme agli insorti gli impianti del telefono, dell'acquedotto, dell'elettricità ecc. Ma lascio ancora parlare il mio diario:

"Giornata di festa immensa: magnifica giornata in Bologna liberata. Tutti i visi sono sorridenti, esultanti. La città è imbandierata e nelle vie un fitto passeggio di gente. La Madonna di S. Luca scende dalla Guardia per portare a Bologna il suo saluto, perchè la gente ringrazi la Santa Protettrice. Poi sfilano le truppe italiane, i gloriosi alpini della "Legnano". La folla applaude e nel cuore di ognuno di noi sentiamo una stretta: la commozione ci assale. Rivedere i nostri bravi soldati in una città che da tanto tempo non vedeva altro che le brutte facce dei tedeschi e delle brigate nere!",

Anche noi sfilammo non molto marzialmente per via Rizzali dopo esserci riuniti in via S, Stefano angolo via Carducci e c'era un'ala di folla plaudente.

Da via Borgolocchi fummo intanto trasferiti in una scuola di via Rimesse al quartiere Libia.

"Sistemo convenientemente - la mia brandina vicina a quella del Dottore mio inseparabile compagno. Ma il capitano Pietro acconsente alla mia richiesta di andare a casa. Me ne vado, quindi, dopo aver consumato un ottimo rancio".

Fu dalla scuola di via delle Rimesse che assistemmo sbigottiti ad un'esecuzione, all'angolo della strada vicina, di un borghese trascinato da una massa di persone urlanti di cui alcuni armati. Passarono davanti alla scuola tutto ad un tratto e non ci rendemmo conto di quanto stava per accadere. Si fermarono un po' più avanti e uccisero a colpi di mitra e pistola quell'uomo contro un muretto, abbandonandolo a terra agonizzante sul marciapiede.

Ricordo che da parte nostra ci fu una reazione istintiva e rabbiosa. Qualcuno tirò fuori e puntò il mitragliatore Bren ma fortunatamente si fermò. La gentaglia se ne andò subito e Wilmo raggiunse il colpito per prestare soccorso ma non potè altro che constatarne la morte.

"[...] E' molto triste dopo un tale periodo di terrore quale quello nazifascista. Anche il dottor Gianni Berti è stato ucciso. Era repubblichino ma non credo avesse fatto del male. La famiglia è angosciatissima"

Tutti stigmatizzammo l'accaduto: un'esecuzione sommaria, una vendetta probabilmente contro un fascista, come tante se ne verificarono in quei giorni. Scrissi infatti: "I partigiani di città stanno però agendo con troppa leggerezza: molti fascisti colpevoli sono stati giustiziati, ma purtroppo sono stati sacrificati anche degli innocenti. E' molto triste dopo un tale periodo di terrore quale quello nazifascista. Anche il dottor Gianni Berti è stato ucciso. Era repubblichino ma non credo avesse fatto del male. La famiglia è angosciatissima".Ricordo che Carlo il pompiere mi raccontò di essere stato nell'area dell'ospedale militare e di aver visto tanti ammazzati. Anche lì vendette ed esecuzioni sul luogo di una storica battaglia partigiana in città nel novembre del '44.

Era esplosa la giustizia sommaria dopo anni di persecuzione poliziesca che specie nel '44-'45 era divenuta nella città, in piena retrovia del fronte fermo sulla Linea Gotica, intollerabile e spietata. Noi partigiani "G.L." aggregati alla "Legnano" non fummo coinvolti e non accettavamo queste repressioni incontrollate che lo stesso CLN cittadino condannò e cercò di evitare.

Il 22 aprile scrissi ancora: "Riabbraccio tutti i parenti che stanno bene, per fortuna. Sono stati molto in pensiero per noi, perchè sentivano spesso i nomi dei nostri posti citati sui bollettini. Li tranquillizzo".

Vidi la zia Memè Martelli sfollata in un appartamento di via Marsala con i Mantel, andai dagli zii Galassi in via Broccaindosso, fui anche alla ditta Martelli sfollata in via D'Azeglio all'altezza di piazza dei Celestini per salutare lo zio Pericle. Il mio ingresso negli uffici fu accolto, ricordo, con molta titubanza ed apprensione: non mi conoscevano e credevano chissà cosa, dati i tempi di vendetta.

E alla sera andai a trovare Antonio Roppa Sàssoli e le sorelle Guglielma ed Angela nella loro bella casa di porta Saragozza. E mentre ero in casa loro ci fu un attacco aereo tedesco con qualche forte esplosione ma soprattutto con un enorme volume di fuoco di cannoni e mitragliere antiaeree americane piazzate lungo i viali. Ci rifugiammo nella cantina di Roppa e fu per me l'ultimo fatto cruento di quella lunga guerra.