Autore
Egizia MigliosiAnno
1943 -1947Luogo
FirenzeTempo di lettura
7 minuti[...] 18 anni
15 Agosto
Avvenimenti straordinari si sono susseguiti in tutti questi giorni. Per prima : Siamo Inglesi. Già da venerdì scorso cioè 11 agosto 1944 la nostra cara città è stata liberata dalla tirannia tedesca. La notizia ha reso giubilante il popolo fiorentino che stanco delle prepotenze tedesche non sognava altro che quel momento. Dopo una altra notte, di solito movimentata, il risveglio ci ha portato il suono di una campana che ci ha fatto subito pensare a qualche cosa d’insolito. Subito alzati siamo corsi sul tetto per rendersi conto da quale parte veniva il suono dolce e rassicurante della campana. Incerti ancora sono gli avvenimenti. Siamo ridiscesi per ritornare alle nostre case quando dalle strade già si udiva il grido di gioia prorompente da tutti i petti che gridava : Evviva gli Inglesi! Da ogni angolo e dalle strade apparivano a gruppi i patriotti armati pronti a battersi contro qualsiasi tentativo di rappresaglia che poteva sorgere al momento. Al passaggio di questi giovani che si slanciavano esultanti a sopprimere quella poca marmaglia che poteva ancora esistere, l’entusiasmo della popolazione si manifestava in clamorosi battiti di mano. Non posso certo accomunarmi alle loro idee perché ripenso ancora convinta nella mia mente che questa liberazione non rappresenta altro che un’indipendenza perduta. Ma sono d’accordo nel dire che questa liberazione era necessaria per liberarsi dall’oppressore tedesco che ci aveva racchiuso nelle proprie maglie. Ecco uno dei manifesti raccolti in quei giorni:
Questa nuova ha portato il ritorno di molte famiglie nelle loro case abbandonate per ordine militare. Molte hanno avuto la gioia di rivivere nella propria abitazione, ma anche molte sono rimaste senza tetto, specialmente tutte quelle che abitavano dalla parte del Ponte Vecchio verso Por S.Maria e via Guicciardini. E’ una cosa addirittura straziante il dover guardare come quella razza (...) ha ridotto la nostra cara Firenze togliendole la (...) dei ponti dell’Arno e di tante altre cose. Per molti giorni ci siamo sforzati nel convincimento che non tutti i ponti siano stati fatti saltare (...), mentre invece all’infuori del Ponte Vecchio, per ostruire il passaggio del quale hanno creduto meglio di far saltare tanto i palazzi dell’una che dell’altra parte, tutti gli altri ponti sono un cumulo di macerie. È uno spettacolo che fa stringere il cuore a chi ha veramente l’anima attaccata a questa cara città. Anche io che mi vanto tanto di essere fiorentina e declamavo con sincero entusiasmo la bellezza più che altro artistica che sgorga in ogni parte di Firenze, mi sono sentita un nodo salirmi alla gola nel vedere lo sfregio che hanno fatto quegl’incalcolabili delinquenti tedeschi prima di darci la gioia di non rivederli più. È nato così nel cuore di tutti i fiorentini un odio spregiudicato per tutto ciò che abbia sapore di doiceland, odio che permarrà per molto tempo in tutti quelli che hanno avuto la sfortuna di vivere in questi momenti, avendo ora la cognizione degli atti disumani adottati da un popolo creduto giusto e retto. Anche la famiglia Vanni è tornata a casa propria già da 3 giorni prevedendo un pericolo cessato. Con un certo rimpianto abbiamo salutato i nostri compagni di sorte che hanno vissuto i tristi momenti uniti a noi tutti, ma contenti nello stesso tempo di essere ritornati liberi delle nostre azioni. Abbiamo rievocato con un senso di sollievo la nostra prigionia casalinga, le nostre serate teatrali, con concerti di musica di pianoforte, di violino e di… fischi e ruggiti notturni, per tutti i gusti, più o meno forti, continui o ad intervalli, che ci trasportavano diritti diritti ad uno stato di nervosismo tale da farci alzare ad andare a mettere a posto le posizioni del momento, per la potenza insonnifera che producevano. Erano proprio le rievocazioni, le faticose nottate che ci davano la soddisfazione di ritornare a casa dopo ore e ore con mezzo etto di roba in mano. E tutti gli scoppi più forti che di corsa ci facevano fare le scale per scendere ai piani più bassi. E i nostri pranzi con menù di piselli. Minestra fatta con brodo di piselli, dopo la minestra per secondo piatto arrivava una porzione di piselli rifatti, mangiati con pane fatto in casa e impastato con farina di piselli. Come base partivamo dai piselli per poi maneggiarli in diverse maniere, polpettine, purè, piselli interi smezzati, ma in fondo in fondo era sempre sapore di piselli. Non si trovava niente fuori perciò dovevamo arrangiarsi con quel po’ che avevamo di riserva. E come non arrangiarsi con i piselli data l’abbondante quantità che ne avevamo accaparrata? A somma fatta ripensando a quei momenti ci pare di essere dei signori adesso che se non altro abbiamo riavuto la nostra libertà. Libertà: una parola che racchiude in se’ tante cose, per conto mio è la più bella parola che esista, e vederla concretare nel suo vero significato, sarebbe la felicità di qualunque uomo ma purtroppo non è mai resa perfetta nella sua espressione di vocabolo e le fa subito prendere una modesta importanza.
Anche nel suo piccolo però, quando ci è mancata per molto tempo, comincia a riprendere larghissima importanza, specie in questo momento che tutto ci manca, come è bello avere la libertà di andare in giro in cerca di qualcosa di cibo, essere padroni di allontanarsi o no dalla propria casa, passare da qualsiasi luogo che ci paia o più corto o più comodo, per soddisfare un bisogno corporale che è quello di mangiare, senza il quale sarebbe impossibile la vita. Lo scopo della vita è quello di vivere aiutato dalla nostra alimentazione per assicurarci la quale escogitiamo tutte le altre secondarie azioni. Questa libertà di azioni ci era stata serrata, di conseguenza la nostra alimentazione non era più assicurata, anzi cominciava a mancare, cosa che non poteva andare alle lunghe. Ora questa libertà ci è stata resa in tempo per riprendersi della caduta precedente, e cerchiamo di risalire giorno per giorno ad uno scalino tale da mantenersi nel giusto vitto necessario. Oggi per la prima volta, data l’impossibilità di attraversare l’Arno, siamo riusciti a passare dalla pescaia di Santa Rosa per recarsi a San Frediano o a porta Romana a comprare verdura dove dicevano che era facile trovare. Siamo tornati infatti carichi di verdura, frutta e perfino di zucchero e sapone. In confronto ai giorni passati, ci è parsa una manna tutta questa grazia di Dio, e ci siamo buttati a capofitto con tutta la fame che avevamo a festeggiarla con gioia.