Autore
Laura NassiAnno
-Luogo
Arezzo/provinciaTempo di lettura
9 minutiBerlino 1961
Avevo trovato il lavoro, naturalmente nella zona ovest della città quella sotto la tutela degli Stati Uniti, attraverso un'agenzia londinese. La pensione si trovava in una zona residenziale del quartiere, ed era una vecchia villetta a due piani, con poche camere più una piccola mansarda, circondata da un giardino poco curato e abbastanza ampio confinante con altri molto più grandi e lussureggiante. La Signora Maria gestiva la pensione con il marito, un uomo molto più anziano di lei, fuggito dalla zona russa dove aveva delle proprietà passate allo stato. Era di media statura e molto esile: ciò metteva ancor più in evidenza l'altezza e l'abbondante corporatura e la giovane età della moglie. La coppia veniva da precedenti matrimoni, lei era stata sposata ad un italiano morto in Russia durante la guerra, dal quale aveva avuto un figlio da poco sposato, mentre il marito aveva dei figli che erano rimasti oltre la cortina. Il mio insediamento nella piccola pensione non fu difficile, avevo una piccola camera nella mansarda, con una finestra che spj3ziava sui giardini confinanti e dove potevo ascoltare a volume alto (e senza disturbare nessuno) i pochi dischi di musica classica che possedevo, ma che per l'epoca costituivano un vero patrimonio. Anche il mio piccolo giradischi, che avevo comprato a seguito di molte rinunce, era un piccolo, grande lusso. Non conoscendo il tedesco, comunicavo con i miei datori di lavoro in inglese. Il mio lavoro non era faticoso perché i lavori pesanti venivano fatti da una signora residente nella zona est di Berlino, che io osservai subito con molta curiosità, delusa di non trovare in quella donna sorridente esule della zona dove esisteva il "vero" comunismo, nessuna differenza con le altre della zona ovest della città. Al contrario delle mie aspettative, era cordiale ed allegra e comunicavamo fra di noi a gesti. Avrei voluto farle tante domande ed aspettavo di poter esprimermi un pò nella sua lingua per chiedere e avere risposta a tutte le mie curiosità e fantasie. Le villette che circondavano la pensione, erano le uniche superstiti scampate ai bombardamenti che avevano distrutto il settantacinque per cento la città. Verso la Germania nutrivo quel rancore comune a tutti gli europei, per aver scatenato la Seconda Guerra Mondiale e non solo. I tedeschi avevano ideato a tavolino i campi di sterminio dove erano stati uccisi, nelle camere a gas milioni di ebrei, zingari, dissidenti. Sapevo che i nazisti avevano effettuato delle ricerche abominevoli e di ogni genere sui corpi di poveri individui affetti da patologie particolari, sottoponendoli ad esperimenti su trapianti e altro, senza anestesia, per studiarne le reazioni (o meglio per crudeltà) incuranti degli atroci lamenti che i poveretti emettevano. Sapevo che tutti, me compresa, avevamo paura che la Germania potesse riarmarsi e scatenare una Terza Guerra Mondiale. Sapevo che l'Italia fascista era stata a fianco della Germania nazista. Sapevo che gli italiani, messi di fronte alla realtà delle cose (o ammessa la verità) avevano tradito la Germania. Sapevo anche che i tedeschi, ormai sconfitti, si erano ritirati dall'Italia lasciandosi dietro morte e distruzione.
Della guerra non ricordavo quasi niente avendo all'epoca del ritiro delle truppe tedesche dal suolo italiano, poco più di sei anni. Ricordo dei nazisti si stavano dirigendo in Toscana, la mia famiglia, composta di padre, madre e tre figli (due femmine ed un maschietto di appena un anno) " andò sfollata" come si dice dalle mie parti, insieme ad altre famiglie, in una casa colonica situata nell'alto Casentino, lontana dalla strada maestra ma non troppo, perché un giorno, anche in quel luogo nascosto arrivarono i tedeschi. Ricordo vivamente il momento in cui raggiunsero il podere dove abitavamo e le galline che razzolavano nell'aia, compreso il pericolo, cominciarono a correre a destra e a sinistra in cerca di scampo, gridando freneticamente. Ma la loro fuga disperata non le salvò; un giovane tedesco ben vestito che, calzava gli immancabili stivali lucidissimi, vista una falce sopra un mucchio di fieno, la prese e andò incontro alle povere gallina mozzando con un solo colpo la testa di ognuna. Con mio grande spavento le povere bestie continuarono a correre ancora qualche istante per l'aia senza la testa per cadere dopo poco morte, finalmente. Eravamo tutti terrorizzata di fare la stessa fine delle galline ma, per nostra grande fortuna, i 3 tedeschi, dopo aver raccolto le povere bestie, e preso quel poco di generi alimentari che possedevamo, se ne andarono. Il secondo ricordo vivo della guerra è legato alle macerie dei tre ponti del mio paese, Stia in Casentino, che i tedeschi fecero saltare per impedire alle forze liberatrici di raggiungerli. Prima di andarsene però fu trovato il corpo di un soldato tedesco. Per ribellione i nazisti distrussero il villaggio di Vallucciole, uccidendo in maniera crudele tutti i suoi abitanti, bambini,.. donne e vecchi. Dopo qualche tempo anche io visitai il desolato luogo ancora fresco delle memorie e degli oggetti di chi ci aveva abitato, comprese delle piccole scarpine da bambino e poveri stracci abbandonati in fretta nella disperata ricerca di un rifugio che erano sparse in misere stanze diroccate e vuote. Questi ricordi non mi predisponevano certo ad un atteggiamento aperto verso la popolazione tedesca, pur sapendo che esistevano tanti tedeschi incapaci di commettere tali atrocità anche in periodo di guerra, e i giovani che non avevano colpa. Ma non potevo dimenticare che l'Italia fascista era stata legata alla Germania nazista, e che aveva combattuto a suo fianco, applicato le leggi razziali anche in Italia, che Mussolini ed il suo governo erano legati a Hitler e alle sue idee naziste. Poi l'Italia tradì la Germania, e questo mi poneva di fronte ai tedeschi, in una posizione sfavorevole e di disprezzo, specialmente quelli di generazioni passate, mai manifestata e mai riscontrata. I tedeschi, scampati anche loro alla terribile guerra, erano consapevoli della loro recente crudele storia nazista, ed avevano troppe cose da farsi perdonare e non potevano pensare, almeno la parte più sensibile di loro, di accusare i cittadini italiani di tradimento. Certamente molti tedeschi di certo pensavano che se anche loro avessero disobbedito al loro Hitler, avrebbero risparmiato tante vite umane, tanti inutili dolori e distruzioni. Al contrario Hitler, neppure davanti alla sconfitta penso di risparmiare altre morti, altri distruzioni al suo popolo accettando l'armistizio invece di ordinare di combattere fino alla morte. Quando i russi erano vicini a Berlino impose di distruggere tutte le riserve alimentari condannando i sopravvissuti all'occupazione russa un ulteriore e insensata agonia. L'invasione della, allora Unione Sovietica da parte della Germania causò distruzioni e morte e l'assedio di Stalingrado causò altre morti in ambo le parti. Poi quando la conquista della grande nazione delle steppe comandata dal comunista Stalin si rivelò vincitrice, aiutata anche dal grande freddo russo, i soldati tedeschi (della la sesta armata) attesero invano aiuti e rifornimenti dalla Germania che non arrivarono mai, perché Hitler, al quale avevano creduto e cecamente obbedito, li aveva abbandonati al loro destino. Molti di loro furono uccisi o morirono a causa del grande freddo, ci furono molti dispersi, altri furono mandati in Siberia molti dei quali morirono lungo il viaggio; anche l'esercito italiano mandato in Russia da Mussolini per combattere a fianco degli alleati tedeschi, subì la stessa fine e moli di loro morirono o furono dati per dispersi. In Germania i famigliari (della sesta armata) che non ricevevano più notizie dei loro cari, chiedevano informazioni al Reich e venivano rassicurati dal comando nazista che stavano bene e che, dopo la vittoria sarebbero ritornati. Alla fine della guerra, durante l'avanzata dell'esercito russo nella Germania nazista, la popolazione, venuta a sapere che il nemico russo si stava dirigendo a Berlino, in molti scapparono in cerca di salvezza, ma un gran numero di loro morì lungo la via uccisi dallo stesso esercito tedesco in fuga, i quali per arrivare al più presto in salvò, guidarono senza regole  facendo precipitare i loro connazionali  più sfortunati  che marciavano a piedi, alcuni  trainando barrocci con le loro povere cose nei fossi, o venivano addirittura travolti dalle camionette,  dai carrarmati alcuni dei quali  ancora obbedienti al regime andavano verso Berlino con l'illusione di salvarla pur sapendo che la guerra era perduta da tempo. I russi, arrivati a Berlino dovettero sostenere una dura battaglia per annientare un'inutile difesa della città causando altre inutili morti da ambo i lati.