Autore
Laura NassiAnno
-Luogo
Arezzo/provinciaTempo di lettura
16 minutiBerlino 1961
Nell'Unione Sovietica dopo la morte di Stalin avvenuta nel 1953 fu eletto segretario del partito Nikita Kruscev che mise fine il culto della personalità e fece sapere al mondo gran parte delle atrocità che aveva fatto Stalin, creando grande sconcerto nei comunisti europei soprattutto quelli italiani e francesi che avevano il più grandi partiti comunisti europei che sperarono che Kruscev portasse delle innovazioni dentro il partito comunista sovietico. A tutto questo pensavo mentre avanzavo lungo la desolazione del viale Unden den Linden. Poi mi distaccai dai miei pensieri e come avevo programmato prima di entrare a Berlino Est andai a visitare I' Antikenmuseum. Vi entrai solo per vedere la perla del museo che è il busto della bellissima regina Nefertiti che aveva sposato Akheton della XVIII dinastia e padre del famoso faraone Tutan Kamon. Akheton era colui che aveva cambiato la religione ammettendo l'esistenza di un solo dio Armaketon ed aveva trasferito la capitale ad Tell el Amarna. Il mio secondo desiderio fu vedere l'altare di Pergamo. Attraversai un ponte sullo Spreer al quale non prestai attenzione come si solito si fa quando si attraversando per la prima volta un ponte ed un fiume sconosciuti, che spesso offrano dei bei panorami, ma nello stato d'animo in cui mi trovavo non potevo pensare ai panorami. La zona dei musei mi sembrò desolante ed impolverata e poco popolata, in quel contesto le colonne del museo Alte, (ancora chiuso a causa dei danni subiti durante la guerra), in quel contesto in parte distrutto, non avevano legami di appartenenza e mi apparvero desolatamente inutile e fuori tempo. Contai le colonne, erano diciotto e non appartenevano al passato essendo il museo stato costruito solo nel 1824, ma avevano in comune con altri templi costruiti millenni prima la desolazione di aver subito le ferite della guerra, che malgrado i millenni passati continua ad interessare gli uomini. Lasciato quello spazio, m'incamminai verso il Pergamo Musei in parte riaperto al pubblico e, ne rimasi talmente affascinata che programmai di tornare a visitarlo una seconda volta, poi, girando un po' per la città, fui colpita nel notare che molti bar esponevano grandi quantità di panini imbottiti con vari salumi, ed entrai in uno di questi negozi per comperarne, uno che mangiai camminando e cercando di familiarizzare con le immagine di distruzione della città. La seconda volta che tornai a Berlino Est, rifeci il percorso che avevo fatto nella prima visita, e mentre camminavo lungo il viale Unden den Linden incontrai una coppia di anziani che come me camminavano lentamente guardando le rovine con sguardi accorati. Era una coppia che di certo non apparteneva al popolo ma all'alta borghesia di un tempo: lei, era una signora alta ed esile, indossava un vestito rosso scuro che un tempo era sicuramente appartenuto all'alta moda e che le stava troppo ampio anche se una cintura nera stringeva all'esile vita tutta la staffa superflua che la signora, in ricorda della sua lontana civetteria, aveva garbatamente distribuito tutto intorno in ricordo alla vita in testa aveva un cappellino grigio con veletta, non portava orecchini ma le su scarne mani vi era un anello importante ed il suo magico brillare contrastava con quello che c'era tutto intorno. Il marito che la teneva sottobraccio con un senso di protezione, era un signore anche lui alto, distinto, con una capigliatura imbiancata che fuoriusciva da un cappello chiaro, anche il vestito che indossava era chiaro ed aveva lo stesso difetto del vestito della moglie, gli stava troppo largo. Era una bella coppia di vecchietti che la mia l'immaginò belli e giovani come di certo erano stati, volteggiare felici in grandi saloni dalle pareti con i simboli della svastica e grandi ritratti di Hitler nel quale avevano creduto. Ma mi chiesi, mentre lentamente si allontanavano da me mi chiese se erano stati dei nazisti, e il perché erano rimasti in quella parte della città, perché non erano scappati come avevano fatto tutti quelli che appartenevano alla loro classe, ma forze, erano rimasti perché avevano perduto  i loro figli in guerra e non volevano lasciare la casa dove loro erano nati e che era miracolosamente rimasta intatta, ma anche perché, essendo stati dei nazisti, volevano autopunirsi per aver contribuito a far crescere tale regime, restando nella loro città distrutta a causa del nazismo e non volevano lasciare la loro casa piena di ricordi che miracolosamente si era salvata dai bombardamenti. A pochi giorni dalla mia seconda visita a Berlino Est, avvenne ciò che avrebbe portato costruzione del Muro di Berlino avvenuta il 13 agosto 1961. Le motivazioni dichiarate per giustificare tale impresa, vertevano sulla volontà di impedire alle spie fasciste di penetrare nel territorio sovietico. La verità però era un'altra: d'impedire che i berlinesi dell'Est fuggissero all'Ovest, creando così penuria di manodopera specializzata e non solo. Ricordo che in quei giorni ci furono momenti di forte tensione e preoccupazione per la sorte di Berlino Ovest. Tutti mi scrivevano di lasciare la città, cosa che non feci, ma che era pronta a fare se le cose fossero peggiorate. Malgrado il clima di tensione che si respirava, andai a vedere gli eserciti d'occupazione che sfilavano a protezione dei confini della parte Ovest di Berlino. Ricordo che guardando sopra ai lucidi carri armati, dei giovani soldati che abbracciavano il mitra, ebbi una reazione inaspettata: mi misi a piangere e copiose lacrime cominciarono a scorrere lungo il mio viso. In principio fu un pianto silenzioso poi, piano piano fui colpita da forti singhiozzi che scossero il mio corpo tanto che quelli che mi stavano accanto si avvicinarono chiedendomi se potevano fare qualche cosa per me. Mi chiesi il perché di quella mia incontrollata reazione, e pensai che fosse la paura a dettarla perché se ad esempio se un bambino avesse sparato un colpo da una pistola giocattolo, si sarebbe potuto scatenare una sparatoria ad opera di quei giovani muniti di mitra. Ma c'era un'altra risposta alla mia domanda interiore, che il mio animo non accettasse affatto quell'implicito quadro di violenza in una manifestazione del genere dove truppe americane, inglesi e francesi marciavano contro truppe sovietiche, dimentichi di quello che era successo nella Seconda Guerra Mondiale quando combattevano a fianco per abbattere il nazismo. E il muro fra Berlino Est e Berlino Ovest fu infine innalzato e i tedeschi dell'Est da quel giorno non poterono più a lavorare all'ovest (come la signora che faceva le pulizie alla pensione) e così le domande che avevo intenzione di farle, non appena avessi avuto la possibilità di-esprimermi un po' meglio in tedesco e che riguardavano il regime comunista dell'Est, rimasero senza risposta. Era allora sindaco di Berlino Ovest Willy Brandt, un socialista che è stato per la città un buon sindaco e per la Germania un buon cittadino che, con grande sforzo, cercò di aprire un dialogo con l'altra parte del paese. Nel 1970 vinse il premio Nobel per la Pace. Dopo aver eretto il muro a Berlino, ne costruirono uno anche uno lungo il confine tra la Germania comunista da quella democratica. Dopo molti giorni di preoccupazioni; la vita a Berlino riprese ma non come prima. Il muro aveva creato fra le due parti della città una divisione molto più profonda di una semplice spartizione materiale della città, esso divideva anche gli affetti e le vite di coloro che aveva parenti, amici nell'altra zona a causa della mancanza di libertà per i tedeschi dell'Est di visitare i perenti dell'Ovest. A causa degli effetti svantaggiosi e delle poche libertà vissute a Berlino turanti gli anni dell'esistenza ·del muro, ci fu una continua fuga di cittadini che dall'Est tentavano di raggiungere all'Ovest, ciò portava alla drammatica conseguenza di ulteriore morte perché lungo il muro esistevano torri di controllo con sentinelle armate che avevano l'ordine di sparare ai fuggitivi. Per realizzare queste fughe furono create vie di fuga di tutti i tipi, primi fra tutti i tunnel scavati numerosi ed attraversati con successo sfuggendo i controlli, ma comunque sono state molte le persone che per attraversarli hanno perso la vita.
[...]
Dopo la caduta del muro di Berlino, il desiderio di ritornarci è stato forte, ma è rimasto inappagato per venti a anni, ma, il tempo come si sa passa in fretta. Così il mio ritorno ha avuto tempi lunghi e solo nel 2006, a ben quaranta cinque anni dalla mia prima visita, ho rimesso piede nella rieletta capitale tedesca. Sono partita in compagnia di una mia nipote e tre sue amiche. Siamo arrivate a Berlino che era passata la mezzanotte. Lungo la Via dall'aeroporto al nostro albergo, non ho potuto, e non potevo, riconoscere il tragitto avendo la prima volta viaggiato in treno. Il nostro albergo non troppo lussuoso ma confortevole, che si trova lungo uno dei viali che conducano ad Alexanderplatz. Il mattino dopo, mi sono svegliata molto presto, dato che le mie giovani compagne di viaggio dormivano ancora, mi sono alzata, ho fatto una colazione veramente buona e abbondante, in una sala accogliente e popolata di ospiti. Poi, dopo essermi informata con il portiere dell'albergo, (un signore di mezza età che non aveva niente in comune con i portieri di tutta Europa, in quanto, almeno così o pensato, che essendo cresciuto in un paese comunista non aveva minimamente quel fare ossequioso che di solito hanno i portieri verso la clientela), su qual'era la via più breve per raggiungere Alexanderplatz, sono uscita in quella direzione. Per raggiungere la mia meta ho impiegato più di venti minuti. Durante il cammino guardavo quei palazzoni compatti e tutti uguali nella loro architettura popolare (pare un po' abbellita in questi ultimi anni), ma che ha una sua piacevolezza dovuta all'ampio marciapiede che li costeggia, striscia verde con alberi seguita da un altro marciapiede; al centro corsie in ambo i sensi per il traffico delle macchine e dei mezzi pubblici. Credo che fosse la famosa ed ex via di Stalin. Appoggiati i piedi sulla Alexanderplatz, ho percorso con lo sguardo intorno il grande spazio della piazza, dove un tempo si tenevano il mercato dei buoi e le esercitazioni militari, ma niente mi è sembrato familiare. L'attuale sistemazione della piazza, e le aggiunte successive, come la fontana dell'orologio, la torre della televisione, l'albergo Stadt Berlin, il Centrum Warrenhause ed altri grandi edifici sono stati costruiti dopo il 1961. Al ritorno della mia prima passeggiata mattutina, trovate le mie compagne che facevano colazione in allegria, mi sono seduta con loro per sorseggiare un altro caffè e raccontare la mia piccola avventura per la città, che poi ho replicato tutte le mattine ma percorrendo sempre strade diverse. Dopo tali passeggiate, al mio ritorno in albergo, raggiungevo sempre le mie compagne di viaggio per un caffè. Una mattina, l'argomento della loro conversazione verteva sul comportamento degli uomini dopo un rapporto sessuale e ognuna raccontava l'esperienze di alcune amiche, e sono venuti fuori i comportamenti più strani, che ci hanno molto divertito. Guardandole mentre parlavano con disinvoltura di un simile argomento, non mi sono scandalizzata ma piuttosto sono rimasta sorpresa perché comprendevo quanto il mondo fosse cambiato dal tempo della mia giovinezza in quella città. Dopo colazione siamo andate alla conquista della città. Il mio primo desiderio, condiviso dalle "girls", come chiamavo le mie compagne di viaggio a causa della loro età, fu di dirigersi alla porta di Brandenburgo. Dopo quarantacinque anni ho guardato la porta simbolo, non solo di Berlino, ma della Germania intera, con grande euforia il mio sguardo, attraversato il colonnato della porta, liberata dal muro, ha potuto finalmente vedere la zona ovest congiunta alla parte est. Il monumento è stato rimesso a nuovo, come la quadriglia in alto è stata munita dai simboli della vittoria. La quadriglia, carro compreso fu fatta imballare da Napoleone e portata a Parigi come bottino di guerra, ma dopo otto anni i prussiani la riportarono in Germania. Il ricordo dei palazzi colpiti dai bombardamenti e la passata desolazione del luogo, improvvisamente si sono distaccati dalla mia memoria per essere rimpiazzati da edifici nuovi, freschi di calce e da altri ben restaurati. Camminavo lungo la famosa strada, trasformata in una elegante via, vivace e piena di bei negozi, non ho ritrovato le impronte dei miei piedi che avevo lascito nel sessantuno avevano lasciato su quella via, e neppure la visione della mia bionda giovinezza mi è venuta incontro. Il passato era magicamente svanito, ad un certo punto, come a testimoniare che non esisteva più, un grande cartellone pubblicitario di biancheria intima si imponeva allo sguardo coprendo interamente la facciata di un edificio: quattro figure di belle e giovani donne, di razze diverse indossavano solo limitatissime mutandine, distruggendo in un solo colpo, l'ultimo malinconico ricordo del tempo andato. A quel punto ho girato su me stessa ed ho alzato per un attimo le braccia al cielo per comunicargli il mio entusiasmo per gli sforzi che la Germania aveva sostenuto e dovrà ancora sostenere per dare alla capitale la nuova antica bellezza. Durante quella giornata, animata da un potente e brillante sole che colpiva tutto al massimo, è stato possibile fare qualcosa di normalmente piacevole e imprevedibile a causa del clima autunnale di inizio novembre, periodo in cui in Germania fa freddo. A metà passeggiata ci siamo, infatti, potute sedere ai tavoli di un bar all'aperto molto accogliente, e abbiamo bevuto un ottimo cappuccino. Lì seduta, il mio entusiasmo, essendo un'accanita bevitrice di cappuccini. Essere seduta in un bar "Under den Linden" a sorseggiare il mio cappuccino è stato veramente bello: poi guardandomi intorno mi è sembrato di rivedere quella coppia di anziani visti tanti anni prima, che mi sorridevano come per dirmi vedi il muro e caduto. E' stato un attimo che mi ha ripensato al lontano 1961 e alla mia ferrea convinzione che quel muro, allora ancora fresco, sarebbe prima o poi caduto. Di certo all'euforia seguita, alla caduta del muro di Berlino, gli abitanti dell'Est avranno pensato con speranza al loro prossimo futuro, più libero e più ricco, immaginandolo venirgli incontro come la cosa più naturale del mondo. Come accade in tutti i periodi di forte cambiamento, molti caduto il muro saranno stati probabilmente delusi dal fatto di non essersi potuti inserire nel mondo del lavoro a così alta competitività. Molti sono stati coloro che non hanno trovato un'occupazione all'ovest in quanto non è possibile creare dall'oggi al domani tanti posti di lavoro, mentre le aziende dell'ex Germania socialista venivano smantellate perché non più produttive, altamente inquinanti e obsolete. Molti di loro avranno rimpianto le poche, ma sicure, cose che avevano, e si saranno sentiti osservati dai loro connazionali, come quelli che venivano dall'Est, cioè" gli altri, i diversi". Ma i nati poco prima o dopo la caduta del muro, si sentiranno completamente inseriti e riuniti, e con il tempo i problemi della divisione saranno superati e dimenticati.