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Autore

Gabriella Zocca

Anno

-

Luogo

Bologna

Tempo di lettura

6 minuti

Dipanando un lungo filo

Fortunatamente, in una terribile disoccupazione generale, fui riassunta dalla SITA. Mi accolsero anche se sapevano bene come ero diventata. Probabilmente era una sorta di riconoscimento per aver nascosti, oltre agli autobus, anche alcuni Dirigenti della Sede centrale di Firenze, Ebrei.

Presentata dalla sezione PCI di Crespellano fui accolta, dalla Federazione PCI di Bologna, nella storica sede di Via Barberia N° 4. Palazzo allora malmesso, con pavimenti sconnessi e ancora qualche sfollato senza casa nelle sale.
Fui accolta nel "gruppo femminile", in quella bella stanzetta che forse era stata il salottino privato di qualche contessa. Lì abbiamo lavorato, discusso, elaborato, ...... organizzato manifestazioni, specie con l'UDI (Unione Donne Italiane), allora molto potente, e della quale ho, fatto parte attiva per molti anni; insieme a tante amiche che in seguito si sono disperse nelle varie istanze: Vittorina Tarozzi, Marta Muretti, Diana Sabbi, e tante altre.
Dopo pochi mesi, un po' penchè non condividevo certe linee politiche sulla quali dovevo lavorare, ed anche perchè con tre fratellini da mantenere e un Padre che lentamente moriva, era necessario trovassi un lavoro retribuito venni via.
Fortunatamente, in una terribile disoccupazione generale, fui riassunta dalla SITA. Mi accolsero anche se sapevano bene come ero diventata. Probabilmente era una sorta di riconoscimento per aver nascosti, oltre agli autobus, anche alcuni Dirigenti della Sede centrale di Firenze, Ebrei.
Appena assunta mi recai alla Camera del Lavoro e, mi iscrissi al sindacato Trasporti. Mi unii al gruppo dei giovani che insieme al compagno Malaguti davano vita a quell'organizzazione: Lama, Scheda, Pederzoli ecc.
Divenni attivista del mio settore.
I miei Nonni -paterno e materno - nel pre-fascismo erano stati attivi nelle Leghe, mia Nonna aveva partecipato agli storici scioperi delle donne della "Calonga”….io ne raccoglievo l'eredità.
In seguito successe un fatto straordinario per quei tempi: al primo congresso nazionale di categoria, fui eletta nel Direttivo Nazionale. Era una cosa tanto straordinaria che ne parlò la Radio. La famiglia di mia Madre - proprietari di un'officina meccanica – insorse indignata:
"Ora le banche non ci faranno più credito....tu vuoi rovinarci.... !!"
Ma  il Nonno, vecchio e stanco, mi diceva:
"piccola hai ragione tu, continua per la tua strada... !"
E mi ricordava la Sua giovinezza.
Ovviamente mi ero legata anche alla sezione del PCI della piccola frazione di Barbiano.
L'attività era intensa: ero stata nominata Segretaria della Commissione Interna Nazionale della SITA. Era necessario un Organismo nazionale perchè quell'azienda esercitava servizi su tutto il territorio dello Stato: trasporto pubblico ed anche servizi postali. Le condizioni di lavoro dei dipendenti erano veramente terribili, specie per il personale viaggiante. Salari bassissimi, condizioni di lavoro al limite......
io mi ero accorta che i miei compagni erano iri soggezione alle trattative quando il Direttore Generale, dopo una richiesta, estraeva dal taschino il "regolo calcolatore" e ci sfornava conti e spese. Io sapevo usare quello strumento e alla trattativa seguente esibii un “regolo” più grande: infatti per me era uno strumento di lavoro. In quegli anni le calcolatrici erano strumenti rozzi, faticosi e quasi inutili e un regolo era molto più pratico per chi doveva fare molti calcoli: così fini un mito.
Come già vi ho detto, ero molto impegnata, molto.
Ma nella mia mente continuavano a imporsi due "occhiazzurri". Si per questa ragione, che per l'assillo dei miei impegni, rifiutavo ogni occasione di incontri, specie sentimentali.

Io, ovviamente, continuavo le mie attività, ma poi successe che rimasi incinta. Dramma per entrambi: non avevamo nessuna voglia di sposarci. Io cominciavo a capire che la mia vita era quella presente che in altro modo lì avvenire si presentava molto buio.

Il Seminario Arcivescovile, che confinava con la villa nella quale eravamo accolti, ospitava un reparto dell’ospedale Militare che ricoverava feriti di guerra e reduci. Tra essi un giovane, di nome mirco, mi faceva una corte serrata: mia Madre sperava che mi convincessi ad, accettarlo. Oltre che giovane e di bella presenza, Mirco era figlio di una famiglia di costruttori di Roma. Ma io avevo davanti soltanto due "occhiazzurri ". Mia Madre non mi ha mai perdonato.
......il tempo passava ......
Una domenica pomeriggio mi trovavo in giardino a godere i primi giorni del sole primaverile: seduta sotto un albero, con un libro, cercavo di farmi passare la malinconia.
A un tratto la mia sorellina Cia mi chiamò, indicandomi una persona che faticosamente saliva la collina, trascinando la bicicletta:

"Lella, è "quello" di Crespellano! Cosa vuole, mandalo via, non lo voglio...!"
Cia non lo ha mai accettato.
Era “occhiazzurri". Ci incontrammo, ci stingemmo le mani, e:
"Ciao!"
"Come stai Compagna!?!"
Nemmeno Lui poteva dimenticarmi.
Riallacciammo l'amicizia, anche se con difficoltà considerata la distanza e, sopratutto, la mancanza di servizi di collegamento. Io, ovviamente, continuavo le mie attività, ma poi successe che rimasi incinta. Dramma per entrambi: non avevamo nessuna voglia di sposarci. Io cominciavo a capire che la mia vita era quella presente che in altro modo lì avvenire si presentava molto buio.
La SITA, caso raro in quei tempi privi di solidarietà per le ragazze-madri, mi comunicò che non mi avrebbe licenziata "certi che mi sarei..... tranquillizzata”.
Ma la mia era una Famiglia di quel ceto medio un po' bigotto: l'ONORE! Mi convinsero a sposarmi, anche se per il mio adorato Babbo fu una tragedia.
Mi trasferii a Crespallano, in un rudere di casa nel complesso delle abitazioni dei braccianti di Villa Aldrovandi.
[...]
Sola compagna: disoccupazione e miseria.
Ero annichilita.