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Autore

Mouhamadou Lamine Dia

Anno

2019

Luogo

Senegal

Tempo di lettura

6 minuti

Pourquoi? Pourquoi? Chi lo ha detto? Dove sta scritto?

Ho capito a dieci anni che la mia vita sarà quello che ne farò.

La situazione in famiglia non era sempre rosea: nessuno lavorava, le uniche due persone che mantenevano tutti erano mio papà e lo zio che viveva in Francia.

Nel frattempo ero cresciuto, adesso avevo 13 anni e frequentavo la scuola media. Facevo tante domande.

Per un bambino africano, curioso e desideroso di capire il perché delle cose, e soprattutto testardo, la vita sarà piena di domande con pochissime risposte. L’ordine delle cose era già stabilito. Non si poteva chiedere ai miei genitori il perché delle loro decisioni, non era ammesso il perché sulle cose religiose, neanche il perché il papà poteva avere più di una moglie. Più che risposte, la maggior parte delle volte ricevevo schiaffi e punizioni. Una frase ha accompagnato la mia infanzia: “sei partito male”. Come se voler capire e non subire il pensiero dei grandi era un reato. Ma niente di questo mi poteva fermare. Osservavo tutto. Ed ero perplesso su ogni cosa.

L’unica che è riuscita, su alcuni aspetti, a darmi risposte, fu mia zia Barbara, la moglie dello zio che viveva in Francia da più di dieci anni. Lei, insieme ai miei cugini nati da questo matrimonio misto, veniva ogni estate in vacanza, a volte anche più spesso durante l’anno. Mi sono sempre definito un bambino fortunato. Fortunato perché sin da piccolo, mia nonna ha messo bene in chiaro le cose: Non mi doveva la vita né mi doveva il successo tantomeno la felicità ma mi dove insegnare ad affrontare la vita con le mie capacità e potenzialità. Ho capito a dieci anni che la mia vita sarà quello che ne farò. Mio Padre era morto da un anno ma non ho sofferto molto all’inizio perché la nonna ha sempre fatto da tutto per me sentivo lei come padre, madre, nonna, maestra ed amica insomma tutto...

Con la zia Barbara chiacchieravamo molto era l’unica con cui mi potevo confrontare su alcuni argomenti anche perché in casa nessuno aveva avuto successo a scuola. Bastava dire che avevo compiti di inglese per non studiare: anche gli zii che mi picchiavano per ogni errore non si permettevano di verificare non avendo studiato.

 

Barbara mi ha appena comunicato che io ero diverso dei miei cugini. Loro per venire in Senegal gli basta comprare i biglietti e venire ma io dovevo avere il VISTO. Cosa vuol dire?

Ci confrontavamo su molti temi, dalla filosofia alla libertà di espressione in Europa di cui mi innamorai. Una sera mi promise che una volta superato l’esame della terza media, che ha un grande impatto in Senegal perché apre le porte delle superiori e si inizia a capire se si può pensare ad un futuro negli studi, sarei andato in Francia in vacanza. Ero molto entusiasta anche perché potevo vedere con i miei occhi tutti i racconti di questi anni di vacanze dei miei cugini sia per curiosità sia per poter vedere per credere e farmi la mia propria concezione delle cose.

La mia idea non era mai di andare a rimanere là perché vorrebbe dire vivere lontano della nonna ed era una cosa impensabile. [...] Ma io comunque volevo andare a vedere Parigi. Mi sono concentrato molto in quell’anno, ho studiato tutti i libri avevo rinunciato anche al calcio pur di studiare bene e passare l’esame e fu cosi.

Ero molto fiero e la nonna di più, ero il primo nella famiglia ad avere questo diploma. Abbiamo festeggiato alla grande, per la prima volta mi sono sentito orgoglioso di ciò che ho fatto, non per l’esame, che per me non era nulla in confronto a quello che volevo fare, il giornalista o l’avvocato, ma piuttosto di come vedevo orgogliosa la nonna: era l’unica che credeva in me e averle dato ragione davanti ai miei zii era la cosa più bella che mi era mai capitata. Una settimana dopo, chiamai la zia Barbara per ricordarle della promessa e si ricordava benissimo. Il giorno dopo accompagnato dallo zio sono andato a fare il passaporto e nel giro di una settimana era già pronto. Lo guardavo, non avevo mai pensato di possederlo, nessuno dei miei amici lo ha mai avuto. Quanto mi sentivo figo! Però il mio entusiasmo non durò molto. Non bastava solo il passaporto e il biglietto d’aereo che avrebbe pagato la zia. Barbara mi ha appena comunicato che io ero diverso dei miei cugini. Loro per venire in Senegal gli basta comprare i biglietti e venire ma io dovevo avere il VISTO. Cosa vuol dire? Io che non ho mai accettato nulla senza una spiegazione che soddisfaceva il mio cervello non riuscivo proprio a capire.

Perché? Perché? Perché loro, che il loro padre è fratello della mia mamma avevano questo diritto e io no? Su cosa era basato e chi l’ha deciso? Io ero più intelligente di Jean, a scuola andavo dieci volte meglio di lui, Moussa e Greg prendevano ripetizioni da me e a calcio erano i miei tifosi, allora perché devono aver più privilegi di me? Miliardi di domande che non hanno mai ricevute risposte.