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Tratto da

Quei ragazzi del vicolo "antiche prigioni" - Una gioventù perduta

Autore

Onelio Pisani

Tempo di lettura

4 minuti

Il ricordo dell'estate del '44

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I ragazzi del vicolo
Ma chi erano quei ragzzi del vicolo "Antiche Prigioni"?. Eravamo noi, della nostrà generazione, che mantenne il nome alla Società dato dai padri: "Carlo Goldoni".

Stretto fra le Logge del Grano e un"ala" del Palazzo Comunale, si apre fra la piazza delle logge stesse e il ponte vecchio sul fiume Tevere. Forse Molti non hanno notato la targa con il nome del breve vicolo nascosto, ove si cela un arco, che permette il passaggio pedonale con la piazza del Palazzo Comunale. Nei secoli scorsi, all'ultimo piano del palazzo esistevano locali adibiti alle prigioni, che allora, servivano temporaneamente per i reclusi e i locali per il personale. Nei locali sottostanti ancora esiste la sala del Teatro che ora à un'entrata dal vicoletto, e una dalla scala che porta alla Sala del Consiglio e l'entrata dei locali adibiti agli uffici del "Diario" e dell'Archivio, organizzato ormai da oltre 20 "anni". Ma chi erano quei ragzzi del vicolo "Antiche Prigioni"?. Eravamo noi, della nostrà generazione, che mantenne il nome alla Società dato dai padri: "Carlo Goldoni". Giovani e giovanissimi desiderosi da fare qualcosa per offrire spettacoli drammatici, e di arte varia, di cui la popolazione era ghiotta per la buona cultura che veniva scelta con criterio. Si trattava di studenti delle scuole medie superiori, delle università e di buona volontà che nei momenti, e periodi di libertà e nei mometi di riposo partecipava, con impegno, alla preparazione agli impegni presi, organizzati con volontà, tanto da richimare l'attenzione dei paesi vicini, dove molti di noi, erano conosciuti da tempo. Non mancano doti artistiche e buona fede nelle scelte, tanto da stringere contatti fra noi e ottenere sicuri risultati. Gli anziani, il giorno dopo, giudicavano le nostre imprese, come erano soliti giudicare, Paolino e Della Luna Mario, il Direttore dell'Ufficio Postale, tanto per giudicare due dei più affezionati fra gli anziani, che scambiavano fra loro e tanti altri concittadini, i resultati della sera avanti insieme a ipercritici come Antonelli Amelio. I resultati, il più delle volte, furono degni del successo per l'impegno e i sacrifici di natura finanziaria, ai quali provvedevamo noi stessi. Ricordo Egidio tenace e deciso, Amina che profonda e appassionata, interessava per la sua attitudine e la nuova natura artistica alla quale teneva; Adele, distinta nelle sue parti, che rendeva il personaggio raffinato affidatole.

Per noi tutti ci attendevano altri eventi che invece ci tarparono le ali. Un sogno a occhi aperti. Credemmo nella esistenza e nei suoi valori, invece, la fame, le rovine, le delusioni e la morte furono le realtà che ci aspettavano nella vita con i campi di concentramento.

L'elenco sarebbe lungo e rischierei di dimenticare qualcuno. A darci una mano non mancavano le presenze di lontani compagni delle scuole elementari emigrati a darci una mano. Fra questi che ricordo con affetto, ricordo Ginino Fanfani, appassionato d'arte drammatica, già studente universitario di medicina che rinforcava la sua bicicletta, e tutte le sere si presentava alle prove febbricitante. Giuseppe Collacchioni con i suoi spettacoli di varietà, eseguiti con finezza e piacevole ascolto, non privo di una buona preparazione tecnica in compagnia di Gino Ciocchi, noto per un avvenire migliore, e dimenticare le ombreprofonde di un avvenire che non ci aspettavamo. I ricordi furono, e sono ancora tanti, e nelle meditazioni sugli argomenti sciorinati nei miei ricordi, decine dei miei coevi, e cari amici, perchè, quando eravamo giovani, potevamo senza sbagliarsi, che quella era vera sana felice e sincera amicizia, che non si può dimenticare da anziano, come mi sento, e solo perchè penso a quanti mi hanno lasciato anche molto presto, vero Egidio? e vero Giuno? e vero Mario? Giuseppe, Amina e via dicendo?. Vi ricordiamo tutti, ed è per questo che ho steso queste poche righe, perchè qualcuno di noi, doveva pur farlo e restare con il ricordo delle nostre recite e del nostro pubblico, quello del teatro "C.Goldoni". Per noi tutti ci attendevano altri eventi che invece ci tarparono le ali. Un sogno a occhi aperti. Credemmo nella esistenza e nei suoi valori, invece, la fame, le rovine, le delusioni e la morte furono le realtà che ci aspettavano nella vita con i campi di concentramento. Ho voluto raccontare i ragazzi del vicolo "Antiche Prigioni" e del suo teatro "C. Goldoni". Quanti progetti avevamo fatto e trasformato in una esistenza positiva evoluta e ben salda, la coerenza umana appartiene alla nostra civiltà e alla nostra cultura. Spero che l'avvenire dei giovani sia diverso e in Pace.