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Tratto da

Appunti di vita vissuta

Autore

Pietro Poponcini

Tempo di lettura

10 minuti

Il ricordo dell'estate del '44

Leggi il mio diario
Lutto
Mio zio ha sempre detto che la morte fu istantanea, forse di pochi secondi soltanto un lamento, con lo spostamento d’aria furono scaraventati nel vuoto sottostante.

Rientro nel racconto: nel sentire quelle parole offensive per lui la guardò rispondendo: Prima due bestemmie poi che ne sai della vita, posso morire prima io che tuo marito; era le ore nove questo lo voglio sottolineare. Io normalmente mi posizionavo all’ingresso dell’aia in modo da poter vedere quando arrivavano i tedeschi dalla strada; ad un certo punto ne scorgo quattro che vengono giù correndo velocemente, vedo mio padre lo chiamo dicendogli “i tedeschi” lui si nasconde, però fu talmente veloce la corsa di loro che arrivati trovarono quattro persone fra cui mio zio Rinaldo. Questi soldati portavano con se una barella per il trasporto dei feriti e obbligarono i quattro ad andare con loro e non potevano rifiutare avendo una pistola puntata al viso. Si recarono nel bosco prelevando un ferito penso un comandante e ripresero la via del ritorno; io ho ripensato tante volte a questo momento, date che mio padre mi ripeteva sempre di stare attento e avvisarlo se c’erano i tedeschi. Mentre io guardavo dalla parte che si credeva che ritornassero; invece vollero attraversare il bosco e i campi arrivando alla casa dalla parte opposta li vidi sbucare (dalla parte opposta) all’improvviso mio padre era con me per l’ultima volta. I soldati vedendolo prelevarono Lui sostituendolo con quello più anziano. Esaminando questo particolare mi sento in colpa (e questo magone me lo porto dietro ancora) per non essere stato capace nel compito assegnato, se ero stato più attento, avendo calcolato tutte le possibilità; come potevo prevedere quell’arrivo stavo attento dall’altra parte, però dentro di me mi faccio questa domanda: E’stata colpa mia se è morto? E’ un motivo, è un rimorso che mi porto dietro, dentro di me che per tanti anni ho voluto nascondere, scancellare questi miei ricordi dalla mente di un ragazzo. Riprendo il racconto da quando con mio padre ripresero il cammino per portare il ferito all’ospedale da campo alle Palazzine (fu l’ultima volta che ho visto mio padre mentre partiva). Voglio sottolineare il numero delle persone “quattro italiani civili, quattro soldati tedeschi più il ferito, nove persone, a mio avviso è molto importante questa annotazione che spiegherò in seguito. Al principio la strada era protetta dalle piante che non consentivano una buona visuale dall’esterno, passato Loreto due strade, meglio due possibilità; una proseguendo nel bosco però più lunga, l’altra attraverso i campi più corta ma esposta alla vista. Fu scelta la corta forse per arrivare prima per il ferito, loro decidevano e fu un’errore. Certamente dopo tanti anni, sopralluoghi, posso descrivere una versione di come può essere accaduto, penso che in cima a Caggiarino fossero arrivati l’alleati e vedendo questo gruppo di persone (nove) ritenendoli militari abbiano comunicato alle batterie di cannoni situati in Val di chiana le coordinate della posizione. Dopo poco percorso fatto nella strada dei campi, in un punto preciso dove la stessa da un lato si trova il greppo e dall’altro il vuoto; diversi proiettili scagliati da quei cannoni cascarono nel greppo adiacente a loro ed esplodendo uccisero soltanto mio padre in particolare una scheggia attraversò il bacino all’altezza della cintura dei pantaloni. Mio zio ha sempre detto che la morte fu istantanea, forse di pochi secondi soltanto un lamento, con lo spostamento d’aria furono scaraventati nel vuoto sottostante. Io credo che certamente perse i sensi e quando riprese conoscenza sarà passato del tempo perciò non ritengo attendibile quanto ricordato da lui, non mi ha mai detto quello che fece dopo, non ha mai risposto alle mie domande al riguardo solo pianto. Data la situazione del momento non saprei dire con esattezza come si svolse il fatto; di nove persone rimase ucciso solo lui, l’altri illesi; non fu stabilita la posizione esatta della caduta delle cannonate e dove si trovavano loro; mi rimane difficile accettare che nello scoppio le schegge si propagano in tutte le direzzioni e abbiano colpito soltanto lui certamente ci fu un fuggi fuggi generale, allo zio quando gli domandavo dell’accaduto si metteva a piangere non ricordando nulla. A distanza di tempo pensando a questo episodio per me molto importante data la mancanza di testimoni oculari (non sono mai riuscito a parlare con gli altri due e non sapendo chi fossero anche se ho cercato di rintracciarli) e attendibili può essere successo diversamente: Stavano percorrendo quel tratto, sono stati avvistati, sono cadute delle cannonate nelle vicinanze, aiutati dalla paura e dallo spostamento d’aria, tutti e quattro l’italiani hanno cercato di fuggire giù dal greppo, i tedeschi vista la situazione con i mitra hanno sparato contro di loro, quello più prossimo era mio padre uccidendolo, lo zio cascò svenuto fu creduto morto, l’altri due riuscirono a fuggire nascondendosi sotto ad un secondo greppo. Di queste due versioni quella giusta non saprei; può anche darsi che sia una terza, questo non lo potrò mai stabilire. Mia madre quando sentì quelle cannonate ebbe come un presentimento, non riusciva a stare calma e decise di andare a cercarlo, nel frattempo si vide mio zio che correndo verso di noi giù per la strada urlava: E’ morto Aldo è morto Aldo; presa dalla disperazione riuscì a malapena a farsi dire il luogo e benché in stato interessante avanzato prese la strada correndo che portava a suo marito urlando il suo nome. Io vedendo partire prima il padre e poi la madre volevo andarci anchio, piangendo e chiamandola, ma riuscirono a trattenermi portandomi in casa cercando prima di trattenere le lacrime, ma era impossibile avevo capito di aver perso un genitore, credo che per un maschio la persona più importante quello che ti doveva accompagnare insegnare per diventare uomo. Ripetevo in continuazione che ancora non sapevo nulla di Lui dato il poco tempo dal suo ritorno dalla guerra (circa un’anno) che cosa avevo commesso per meritarmi questo castigo; anche ora mi rimane difficile ricordare dato che questa perdita ha segnato tutta la mia vita e sono sicuro anche di mio figlio e nipoti; ma la volontà dia conoscenza di chi lo vorrà leggere questo diario è più forte perciò devo proseguire. Mi posso immaginare conoscendola quello che successe alla vista di Lui cadavere, ma non ho la forza mentale mi si blocca la mano per scrivere quella disperazione che occorse a lei con la sua sola forza riuscì a metterselo sulle spalle come un sacco tenendo stretto le sue braccia, anche se le gambe venivano trainate per terra riuscì a portarlo per circa mezzo chilometro ad una casa vicina (Loreto) mettendolo al piano terreno nella stalla e più precisamente nella basella del concio. Quanto tempo sarà stato che è rimasta insieme a Lui (ricordo l’ora del decesso 10,30 del mattino) quanti pianti, quanta disperazione, posso soltanto dire che era piena di lividi di graffi nella faccia quanto avrà patito a portarlo a Loreto. Al suo ritorno nel tardo pomeriggio e nel suo stato d’animo rivolta alla suocera ebbe appena la forza di pronunciare: Siete contenta ora per colpa vostra è morto perché volevi per forza stare qui per il vostro benessere. La risposta di lei fu molto esplicita: Ritornerai dai tuoi fratelli come sei venuta. Con queste parole significative esprimono il carattere e la cattiveria di questa donna; e si ritirò nella stanza dove dormiva. Mia mamma piangeva tanto forte che sua sorella Ines la sentì lo disse a Guido suo marito e tutti e due dalle Chiuse vennero da noi per sincerarsi di quanto era accaduto e nello stesso tempo arrivò un tedesco chiedendo chi erano i parenti del morto. Alla specifica domanda si fa avanti Guido dichiarandosi cognato, il militare gli ordina di portare via e seppellire il cadavere altrimenti domani al suo ritorno a Loreto lo fa bruciare; viene assicurato che verrà fatto. Ma la situazione è sempre più critica i bombardamenti di continuo, le persone hanno paura preferiscono stare nascosti; soltanto Guido Ines e Dina decidono di portarlo da Loreto alle Chiuse dove sono loro e seppellirlo. Quando si fa notte fonda vanno a Loreto e mi ha raccontato zia Ines l’urla di mia madre alla vista di suo marito in quello stato, la crisi nervosa tremava tutta, lei cercava di calmarla, parlandoci tenendola stretta fra le sue braccia, consolandola ma era inutile. Trascorsero molto tempo mi raccontava la zia nel cercare di farla ragionare di farla staccare dall’abbraccio con suo marito dicendogli che lo dovevano portar via, forse la stanchezza prese il sopravvento e i due riuscirono a sistemarlo alla meglio nella barella, poi Guido davanti e Ines dietro iniziarono il tragitto. Anche se era notte raccontano c’era la luce dei lampi delle cannonate delle mitragliatrici, Ines si trovava in difficoltà per la paura e perché non poteva camminare a causa gli battevano le scarpe del defunto sulle gambe. Mia madre completamente fuori di se aveva aperto un’ombrello perché non lo colpissero ancora un’altra volta perciò lo copriva con lo stesso. Al mattino seguente diverse persone di buona volontà s’impegnarono alla costruzione di una cassa con il materiale che poterono reperire e vicino alla casa al riparo dalla direzione delle cannonate fu scavata una fossa nell’orto e seppellito nelle condizioni che si trovava.

Quanto tempo sarà stato che è rimasta insieme a Lui (ricordo l’ora del decesso 10,30 del mattino) quanti pianti, quanta disperazione, posso soltanto dire che era piena di lividi di graffi nella faccia quanto avrà patito a portarlo a Loreto.

Di queste due versioni quella giusta non saprei; può anche darsi che sia una terza, questo non lo potrò mai stabilire. Mia madre quando sentì quelle cannonate ebbe come un presentimento, non riusciva a stare calma e decise di andare a cercarlo, nel frattempo si vide mio zio che correndo verso di noi giù per la strada urlava: E’ morto Aldo è morto Aldo; presa dalla disperazione riuscì a malapena a farsi dire il luogo e benché in stato interessante avanzato prese la strada correndo che portava a suo marito urlando il suo nome. Io vedendo partire prima il padre e poi la madre volevo andarci anchio, piangendo e chiamandola, ma riuscirono a trattenermi portandomi in casa cercando prima di trattenere le lacrime, ma era impossibile avevo capito di aver perso un genitore, credo che per un maschio la persona più importante quello che ti doveva accompagnare insegnare per diventare uomo. Ripetevo in continuazione che ancora non sapevo nulla di Lui dato il poco tempo dal suo ritorno dalla guerra (circa un’anno) che cosa avevo commesso per meritarmi questo castigo; anche ora mi rimane difficile ricordare dato che questa perdita ha segnato tutta la mia vita e sono sicuro anche di mio figlio e nipoti; ma la volontà dia conoscenza di chi lo vorrà leggere questo diario è più forte perciò devo proseguire. Mi posso immaginare conoscendola quello che successe alla vista di Lui cadavere, ma non ho la forza mentale mi si blocca la mano per scrivere quella disperazione che occorse a lei con la sua sola forza riuscì a metterselo sulle spalle come un sacco tenendo stretto le sue braccia, anche se le gambe venivano trainate per terra riuscì a portarlo per circa mezzo chilometro ad una casa vicina (Loreto) mettendolo al piano terreno nella stalla e più precisamente nella basella del concio. Quanto tempo sarà stato che è rimasta insieme a Lui (ricordo l’ora del decesso 10,30 del mattino) quanti pianti, quanta disperazione, posso soltanto dire che era piena di lividi di graffi nella faccia quanto avrà patito a portarlo a Loreto. Al suo ritorno nel tardo pomeriggio e nel suo stato d’animo rivolta alla suocera ebbe appena la forza di pronunciare: Siete contenta ora per colpa vostra è morto perché volevi per forza stare qui per il vostro benessere. La risposta di lei fu molto esplicita: Ritornerai dai tuoi fratelli come sei venuta. Con queste parole significative esprimono il carattere e la cattiveria di questa donna; e si ritirò nella stanza dove dormiva. Mia mamma piangeva tanto forte che sua sorella Ines la sentì lo disse a Guido suo marito e tutti e due dalle Chiuse vennero da noi per sincerarsi di quanto era accaduto e nello stesso tempo arrivò un tedesco chiedendo chi erano i parenti del morto. Alla specifica domanda si fa avanti Guido dichiarandosi cognato, il militare gli ordina di portare via e seppellire il cadavere altrimenti domani al suo ritorno a Loreto lo fa bruciare; viene assicurato che verrà fatto. Ma la situazione è sempre più critica i bombardamenti di continuo, le persone hanno paura preferiscono stare nascosti; soltanto Guido Ines e Dina decidono di portarlo da Loreto alle Chiuse dove sono loro e seppellirlo. Quando si fa notte fonda vanno a Loreto e mi ha raccontato zia Ines l’urla di mia madre alla vista di suo marito in quello stato, la crisi nervosa tremava tutta, lei cercava di calmarla, parlandoci tenendola stretta fra le sue braccia, consolandola ma era inutile. Trascorsero molto tempo mi raccontava la zia nel cercare di farla ragionare di farla staccare dall’abbraccio con suo marito dicendogli che lo dovevano portar via, forse la stanchezza prese il sopravvento e i due riuscirono a sistemarlo alla meglio nella barella, poi Guido davanti e Ines dietro iniziarono il tragitto. Anche se era notte raccontano c’era la luce dei lampi delle cannonate delle mitragliatrici, Ines si trovava in difficoltà per la paura e perché non poteva camminare a causa gli battevano le scarpe del defunto sulle gambe. Mia madre completamente fuori di se aveva aperto un’ombrello perché non lo colpissero ancora un’altra volta perciò lo copriva con lo stesso. Al mattino seguente diverse persone di buona volontà s’impegnarono alla costruzione di una cassa con il materiale che poterono reperire e vicino alla casa al riparo dalla direzione delle cannonate fu scavata una fossa nell’orto e seppellito nelle condizioni che si trovava.