Autore
Luca PellegriniAnno
1831 -1850Luogo
Udine/provinciaTempo di lettura
7 minutiL’inquieto navigare
Settembre Novembre Dicembre
 
Ai 10 Settembre 1835 io partiva da Trieste comandante della goletta, anzi Scoooner-Brik triestina della quale era comproprietario e capitano con una paga di fiorini 50 al mese e libero e padrone assoluto a bordo.
Questo mio viaggio fino a Tunisi lo segno come l’epoca la più bella, più felice, più ridente della mia vita. Era finalmente sortito dal quel tristissimo tirocinio che mi fece gemere per il corso di 10 anni non interrotti. Respirava più libero. Era padrone di me stesso. Mi pareva d’esser diventato un altro uomo.
Durante tutto il viaggio da Trieste fino a Tunisi ebbi a lottare con ostinato vento contrario che nell’Adriatico soffiava a scirocco e nel Mediterraneo passò all’occidente e fui costretto eziandio a restare alcuni giorni alla cappa sotto il capo Passero in Sicilia.
Cessato finalmente il vento all’occidente si elevò ai 12 Novembre un leggiero venticello al Nord-Est che mi portò ad ancorare ai 15 di Novembre nella rada di Tunisi.
Appena ancorato mi disponeva a discendere a terra allorquando giunse a bordo una barca dell’ufficio di Sanità a dichiararmi che le provenienze da Trieste erano assoggettate ad una contumacia di 8 giorni perché era corsa voce che il choléra si avesse avvicinato e forse fosse eziandio giunto a Trieste. Protestai perché le mie carte di bordo facevano fede qualmente alla mia partenza Trieste era libera d’ogni contagio. La mia protesta non giovò gran fatto, ma pure la quarantena che era fissata ad 8 giorni terminò col terminare del quarto.
La reggenza (come qui s’intitola il governo del Bey) aveva sottoposto ad una osservazione sanitaria non solo le provenienze da Trieste, ma altresì tutte quelle dell’Adriatico e del Mediterraneo.
Questa misura che a dir il vero mi fece non poco arrabbiare, comprova però che il Bey di Tunisi ed i suoi ministri sono sulla via del progresso.
Qualche anno addietro se la peste bubbonica od altro malore contagioso od epidemico qui infieriva la popolazione gemeva, s’ammalava e crepava contentandosi di pronunziare la solita consolante giaculatoria: Allah- Kerim (Dio così vuole) senza curarsi di opporre argini alla malattia devastatrice. Ora però il governo oltre all’istituzione delle quarantene diede vita ad altre varie pratiche ed usi e vuolsi eziandio ch’egli pensi seriamente ad abolire il nefando mercato di schiavi. Se ciò si veri fica sarebbe a desiderare che il potere di questo Bey si estendesse su tutta la costa di Barbaria a luogo di essere circostritto al solo Pascialato di Tunisi che misura bensì circa 3.500 leghe geografiche da 20 [leghe] al grado di superficie, ma che conta per tutta popolazione circa 2 millioni di anime.
La città di Tunisi giace alcune miglia marittime discosta dal mare e vi si giunge nullameno per acque traver sando una laguna nominata El-Bahira che riceve l’acqua dal mare a mezzo del canale della Goletta, il qual canale forma il vero porto di Tunisi. Il porto della Goletta è sicurissimo ma non troppo vasto e non potrebbe dar ricetto a navigli di gran mole.
La popolazione di Tunisi viene valutata a circa 150.000 abitanti dei quali un quinto circa di ebrei discendenti da quelli cacciati di Spagna e che ne conservano ancora la lingua. Questi formano il nerbo della popolazione industriale mentre il commercio, sia al dettaglio come pure il gran commercio, è diviso fra essi e gli europei di varie nazioni che qui stabilirono la loro sede.
Le case in generale sono fabbricate con pietra e mattoni e si rassomigliano tutte. Meno poche eccezioni queste case presentano delle alte muraglie senza altri fori che una piccola porta continuamente chiusa. L’interno poi delle case che si elevano generalmente d’un piano presenta un ricinto quadrato intorno al quale, tanto a pian terra che al piano superiore, corre un colonnato formante dei corridoj non dissimili da quelli che si vedono nell’interno dei conventi. Le stanze si aprono sopra questi corridoj e ricevono anche la luce dalle finestre che li prospettano. Alcune moschee, il palazzo nuovo del Bey e poche case appartenenti a negozianti europei e residenza dei consoli delle differenti nazioni rompono la triste mo notonia delle case di Tunisi. A questi pochi edifizj se ne possono aggiungere alcuni altri pochi destinati ad uso di bagni ed ad uso di scuole. Molti europei abitano anche in case che per nulla si distinguono dalle sopra descritte. Vuolsi che Tunisi esistesse già quando Cartagine era grande. Se ciò è ammissibile bisogna convenire che l’ala distruttrice del tempo ha fatto sparire fino al più piccolo indizio che rammentar potesse secoli andati. Quanto qui si vede, parlando di edifizj sia pubblici che privati, non sembra datare da epoca molto remota.
 
Ad una delle maggiori due moschee, e che pare essere più antica dell’altra benché di puro stile moresco, e ad una piccola capella che sorge in mezzo ad un piccolo giardino difeso da alto muro e che si dice tomba degli Abbemeraggi si dà il vanto di essere antichissime benché probabilmente entrambe innalzate da quella possente famiglia dopo l’espulsione dei mori dalla Spagna.
Sopra un colle che domina tutta la città sorge una fortezza che si dice fabbricata dagli spagnuoli sotto il regno di Carlo V. Chi entra nella fortezza traversando un lungo e spazioso atrio si crede in un arsenale perché alle pareti veggonsi disposte in bell’ordine delle superbe armature appartenenti ad epoche assai anteriori a quella in cui l’in venzione della polvere pirica fornì all’uomo i mezzi di distruzione che diventano ogni giorno più tremendi quanto più si perfezionano.
Non lontano dalla maggiore entrata nella fortezza giace un cumulo di pietre che si direbbero ammonticchiate colà dal caso, ma che si vuole rappresentino le rovine d’un monumento sepolcrale che per secoli qui torreggiava. Una tradizione popolare dice che sotto quelle rovine sia sepolta una donna egizia o d’altro paese situato all’oriente. Tunes (questo è il nome che si dà alla donna) veniva, dice la leggenda, da là dove il sole nasce e fermando qui la sua stanza fondò la bianca Tunes (la Tunita dei greci). La poca distanza da qui a Cartagine, di cui pure vuolsi fondatrice una donna, avrà forse dato vita alla leggenda su indicata.
Perché poi gli arabi, e molti secoli prima di loro i Greci, dicessero Tunisi la bianca non saprei indicare. Forse così la denominarono a causa delle sabbie bianche in mezzo alle quali sorge.