Questo sito usa cookie di analytics per raccogliere dati in forma aggregata e cookie di terze parti per migliorare l'esperienza utente.
Leggi l'Informativa Privacy completa.

Logo Fondazione Archivio Diaristico Nazionale

Autore

Paule Roberta Yao

Anno

2019

Luogo

Camerun

Tempo di lettura

5 minuti

Questo strano mercoledì

Di sicuro, andarmene in Italia da sola in QUEL preciso momento era una scelta coraggiosa ma che sapevo essere quella migliore.

Le giornate passavano senza che riuscissimo mai a mettere a punto una risposta collettiva alla tragedia che si stava consumando. Ogni tentativo di elaborazione, anche se prematuro, sfociava puntualmente in scontri, in un perenne rinfacciarsi di colpe, mancanze ed inadeguatezze. In tutto questo, dovevo pensare seriamente al mio futuro. Qualche mese prima, avevo superato un colloquio per effettuare un tirocinio in una compagnia di assicurazioni dal 10 gennaio 2011. Peraltro, l’agenzia di traduzione dove avevo lavorato per convalidare il suddetto Master era rimasta molto soddisfatta del mio operato e mi aveva proposto di collaborare curando le traduzioni dall’italiano e dall’inglese al francese. Benché fossi combattuta sul da farsi ed avessi contemplato la possibilità di stare a Marsiglia con i miei vita natural durante, i continui litigi mi fecero ben presto capire che dovevo pensare a me. Dovevo allontanarmi quanto prima da queste dinamiche mortifere. Ne andava della mia salute mentale, già pesantemente compromessa. Di sicuro, andarmene in Italia da sola in QUEL preciso momento era una scelta coraggiosa ma che sapevo essere quella migliore. Indipendentemente dagli eventi, avevo sempre accarezzato il sogno di sistemarmi definitivamente in Italia fin dalle mie primissime esperienze di studio e di lavoro nel Bel Paese. L’occasione si era finalmente presentata anche se il percorso che mi aspettava era tutto in salita sia per le vicende personali che per il periodo fisiologico di transizione ed adattamento ad un’altra realtà. Man mano che passavano i giorni, ero sempre più convinta di stare prendendo la decisione giusta. Così comunicai al direttore della compagnia di assicurazioni che, compatibilmente con le esigenze della ditta, sarei potuta e voluta venire ma un mese più tardi. Si dissero felici e così concordammo di posticipare l’entrata in azienda ai primi di febbraio. Quel mese fu uno dei più penosi della mia vita, mi rifugiavo ogni tanto da mia madre, i crolli erano frequentissimi, se non addirittura quotidiani. Ogni tanto dormivo da lei o andavo a trovare qualcuno ma il tratto distintivo di quel capitolo della mia vita fu la voglia di stare da sola, in silenzio, che era in netto contrasto con la mia indole estroversa e solare.

 

Non feci praticamente nulla, chiacchieravamo quando l’umore lo consentiva, mangiavo quando ero appetente.

Dopo settimane di smarrimento acuto, venne il momento di lasciare Marsiglia per raggiungere l’Italia. Partii da casa non senza ansia e nonostante fossi abituata a girovagare da sola, la perspettiva della solitudine in un momento di debolezza estrema mi fece dubitare della mia decisione. Presi un Eurolines per Firenze. Avevo sentito Giulia, una studentessa fuori sede che studiava a Trieste l’anno in cui feci l’Erasmus. Al rientro da Trieste era tornata a vivere con i suoi genitori. Mi propose di trascorrere qualche giorno da lei a Prato, voleva che stessi in un ambiente famigliare prima di affrontare l’impatto del rientro a Roma. Sono stati giorni che io non dimenticherò mai e che ci legano tuttora. Non feci praticamente nulla, chiacchieravamo quando l’umore lo consentiva, mangiavo quando ero appetente. In quei giorni, Giulia mi accolse in tutti i sensi. Viviamo in una società estranea al dolore, molti non sanno nemmeno ascoltare il proprio, figuriamoci quello di un’altra persona. Giulia invece lo sapeva fare e questo le dava da sempre una corsia preferenziale d’accesso al cuore degli altri. Dormii tantissimo in quei giorni e quando proprio non ce la facevo, occupavo il telefono di casa per ore con mia madre che, a stento, riusciva a calmarmi, ma sentire la sua voce mi placava un po’. Lasciai Prato dopo tre giorni anche se non riuscii a prendere il regionale per Roma per via di un forte moto d’ansia. Giulia mi portò a fare una passeggiata al centro commerciale, parlammo a lungo e mi disse: “Paolina, tu puoi stare qui anche 10 mesi per quanto mi riguarda. Puoi stare qui con noi ma credo che sia fondamentale che questa sera, o domani se non te la senti, tu salga su un treno diretto a Roma e ricominci da qualche parte a ricostruire la tua vita, un passo alla volta, giorno dopo giorno”. Quel treno, lo presi la sera stessa, Giulia aveva ragione ed era lo stesso motivo che mi aveva spinta a portare avanti il mio progetto di vita in Italia, passato il momento più critico a casa. […]