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Autore

Laura Takacs

Anno

2022 -2022

Luogo

Romania

Tempo di lettura

5 minuti

Un arcobaleno di colori

Sarebbe davvero così sbagliato? Perché il cambiamento fa così paura?

È tutto il pomeriggio che procrastino, scrivo due righe a penna, imposto la struttura del racconto, che poi in realtà è la mia vita, per quanto assurdo possa sembrare. Dieci minuti di pausa e poi riprendo, sono già troppo in ritardo. I dieci minuti diventano mezz’ora, perché ho risentito quella canzone che ho in mente da una settimana, e come fare a meno di cantare, sono anche a casa da sola, non disturbo nessuno. E poi, in realtà non mi va tanto di raccontare, cos’avrò mai di così tanto importante da dire ogni tanto me lo chiedo anch’io, in fondo mi è andata bene, non dovrei lamentarmi. Ecco, sono già, di nuovo, fuori dallo schema, tutto questo potevo fare a meno di raccontarlo! Ma se, invece di lodare chi si frantuma in mille pezzi per raggiugere un obiettivo che per la maggioranza è scontato, viene da sé, è il naturale passo successivo, ci facessimo altre domande? Chiedo per un amico – cit. Per esempio, perché farsi a pezzi per rispettare i canoni di un sistema alla radice fallace, invece di ammettere che un errore di fondo c’è, che sarebbe più efficace, sensato, facile e produttivo, in un’ottica di lungo termine, ristrutturare tutto da capo. Smontare e ricostruire dalle fondamenta una società arcobaleno, più inclusiva, più sociale e più sostenibile. Sarebbe davvero così sbagliato? Perché il cambiamento fa così paura? Una storia non si racconta per forza in un’unica direzione: può essere raccontata in avanti e all’indietro, in cubi e cerchi, salti e vuoti. Può essere raccontata e riraccontata dai presenti e dagli assenti, e ogni racconto, se affrontato con sincerità, ha le sue qualità, la sua integrità. Ecco, così si sta dentro la mia testa, COLORI, cubi, cerchi, salti e vuoti. Tanti assenti, che hanno segnato un cambio di rotta nel percorso che avevo immaginato… Ma non le puoi dire queste cose, sei troppo complicata, perché non la fai più semplice, tutta questa roba non interessa. Sì, però il terzo piano… sai, quello che racconta Nevo, in Tre piani. Voglio dare forma, struttura e vita ai miei ideali ora, nel presente, voglio vivere ora, sono viva O-R-A. Invece di rimandare i bisogni, spostare i limiti un po’ più in là per vedere fino a dove posso arrivare senza crollare. Invece di sperare in un futuro migliore, perché non costruire un presente che mi accoglie? Questi anni non ritornano, non posso più aspettare per poter essere me stessa. Dove sta scritto che DEVO PER FORZA essere come dice lui? Sì, lui. Uno dei primi punti di riferimento, o almeno così credevo.

Regole che non ha mai avuto il coraggio di rompere, non fino a qualche anno fa almeno.

Struttura

Invece comincio nel mezzo, da quello che mi manca, da quello che avrei voluto, da quello di cui avevo bisogno. Una struttura portante, un’impostazione, qualcosa che fosse razionale, logico, comprensibile ragionando, A PA- ROLE, perché la lingua che si usa da una prospettiva di- versa ogni volta, scolpisce nella mente un immaginario di possibili mondi da esplorare o da creare. Anche in questo caso pendo troppo verso il lato sentimentale, le parole men- tono, sono ingannevoli a modo loro… “E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre, chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro?” “Tu sei troppo emotiva, ti preoccupi troppo degli altri e di quello che pensano.” Lui me lo ripeteva sempre, anche se era il primo a cercare costantemente l’approvazione di chiunque gli stesse attorno. Una struttura, delle regole da seguire a volte vengono date per scontate, ma sono la base per la riuscita di qualsiasi progetto. Mia madre non è mai stata una persona impostata, non ha mai avuto regole, se non quelle che le raccontavano in Chiesa, a cui non ha mai creduto più di tanto. Regole che non ha mai avuto il coraggio di rompere, non fino a qualche anno fa almeno. Regole che non si è mai scelta. È un retaggio del comunismo, quello di obbedire senza fare domande, senza mettere mai in discussione quello che ci viene chiesto. È deleterio. La paura ti entra nelle ossa, ti paralizza e ti tiene fermo sempre nello stesso punto. L’ho visto in mia madre. Sempre ferma. Non fisicamente, perché con il corpo si è spostata, ha viaggiato e lavorato all’estero, ancora prima di avere figli. La paura blocca, ti ferma

SEMPRE
NELLO
STESSO
PUNTO.