Autore
Laura TakacsAnno
2022 -2022Luogo
RomaniaTempo di lettura
4 minutiUn arcobaleno di colori
Arrivata in quinta superiore mi ero fatta più o meno un’idea di quello che avrei voluto fare, con tanto di quiz, test, tabelle Excel di comparazione, visite a fiere, università:
- lettere,
- psicologia,
- scienze politiche.
Tutte le informazioni me le sono andate a cercare, ho analizzato senza che qualcuno mi dicesse come e cosa avrei dovuto fare. Avevo bisogno di qualcosa che mi potesse dare una visione d’insieme e che mi permettesse di fare il lavoro che avevo in mente, giornalista, fotografa, come speravo in quinta elementare. Lettere pensavo fosse un po’ più specifica e settoriale, psicologia era troppo emotivamente impegnativa, avrei fatto la psicologa, ma ascoltare davvero è tanto, c’è bisogno di troppa emotività e mi volevo distaccare da tutto quello che era puramente emotivo. Come ho ripetuto credo quasi mille volte, avevo bisogno di qualcosa di RAZIONALE. Col senno di poi forse sarebbe stata la scelta più ovvia e sensata. Ogni persona che ho incontrato dal 2014 in poi e con cui ho avuto un po’ di confidenza si è appoggiata a questo lato di me, quello che si prende cura, che ascolta, che anticipa i bisogni ed è sempre disponibile. Ho sempre fatto la mamma, insomma, quello che non avrei mai voluto fare. Scienze politiche, invece, mi avrebbe potuto dare la visione d’insieme per fare un lavoro che avesse senso e impatto nel sociale, qualcosa che mi avrebbe permesso di esprimere e mettere all’opera il lato creativo e quello razionale, mi avrebbe dovuto permettere non solo di diventare una persona completa, ma anche fare una piccola differenza. Quello che avevo in mente all’epoca era creare un contesto educazionale in cui Padova, tra tutte le altre università, aveva il corso che faceva per me. Ho scelto Padova e non Milano o Gorizia. Tra le diverse università Padova è l’unica ad avere un corso improntato sia sulle relazioni internazionali sia sui diritti umani, è l’unica che prevede lo studio di due lingue. A differenza di Antonio, per un attimo sono stata una persona adulta, HO SCELTO di fare una scelta, scegliere di mettere me stessa al primo posto e vivere la vita che IO avevo in mente. Abbiamo continuato a sentirci, ogni tanto mi dava qualche consiglio, ogni tanto mi chiedeva di andare a Milano, ma mai una volta che si fosse impegnato a COMUNICARE apertamente, in modo chiaro, allineando parole e fatti. Quando gliel’ho fatto notare, la risposta è stata: “Da sola non ce la fai”. Magari no, da sola sarebbe impossibile fare tutto, senza avere l’umiltà di chiedere. Ho chiesto, ma la soluzione non era mai quella che sarebbe stata la migliore per me, o forse ero io a non vederlo. A un certo punto mi sono stancata di dipendere, chiedere consigli a persone che della mia vita non sapevano niente, perché non si erano presi la briga di conoscere ME, ma erano rimasti alla versione che loro si erano immaginati. Ho deciso di prendere la situazione nelle mie mani, ho deciso di essere davvero adulta, anche se avrei potuto benissimo “fare come le altre ventenni e fregarmene…”. Ho cercato di, letteralmente, co-stru-i-re la vita che volevo, con riferimento ai soli ideali che mi ero scelta. Ho deciso di non voler più sentire nessuno che appartenesse alla parte della mia vita che non mi piaceva, ho deciso di tagliare i ponti. FARE SPAZIO, lasciare che qualsiasi cosa di nuovo potessi scegliere, mi venisse incontro. Avevo bisogno di essere indipendente e mi sono trovata un lavoro che mi avrebbe permesso di studiare, ho fatto la cameriera per tantissimi anni. Quando ho chiesto un contratto, perché sarebbe stato più facile iscriversi come studentessa lavoratrice, mi è stato proposto uno di quei contrattini di venti ore al mese… con quella specie di tacito “accordo” per cui io andavo a lavorare perché volevo pagarmi gli studi e il titolare del locale non trovava nessun’altro che fosse disposto a rimanere a quelle condizioni.