Autore
Laura TakacsAnno
2022 -2022Luogo
RomaniaTempo di lettura
7 minutiUn arcobaleno di colori
Non volevo fare come tutte le donne della mia famiglia. Avevo e ho ancora voglia di essere IL PUNTO DI RIFERIMENTO per me stessa. Le mie zie, molte delle mie cugine, mia nonna e mia madre si sono sposate prestissimo, hanno avuto figli prestissimo, prima ancora di avere un’identità propria al di fuori del matrimonio. Nel mettere giù questa frase mi vengono i brividi! Lo scopo PERSONALE della vita di ogni essere umano dovrebbe essere quello di CERCARE E SCOPRIRE chi è, quale posto può avere nel mondo, quale parte di sé apprezza e a quale parte vuole dare spazio e vuole far crescere, espandere, CON-DI-VI-DE-RE. In due più difficilmente si può fare, o almeno IO l’avrei potuto fare a fatica. Sono sempre stata responsabile, dovevo, non era una scelta, ho imparato a farlo perché nella mia famiglia ce n’era bisogno. È stato faticoso, certo, ma soprattutto formativo. Ero una mini-adulta già da adolescente, analitica e razionale, con gli occhi puntati sull’obiettivo invece che sulla gratificazione immediata. Il senso di responsabilità… mia madre mi ha sempre lasciato molta libertà di scegliere, anche se mi metteva bene in chiaro quale fosse il suo punto di vista e cosa avrebbe fatto LEI al posto mio, ma non c’è mai stata una scelta che non abbia fatto per conto mio, prendendomi la responsabilità di tutte le conseguenze. È questo che fanno gli adulti, giusto? Valutano una situazione secondo diversi parametri, prendono una decisione e affrontano o accolgono le CON-SE-GUEN-ZE delle proprie azioni, giusto? Ecco, Antonio non l’ha mai saputo fare. L’immagine che mi dipingeva davanti era molto bella, allettante. Non ha mai saputo fare l’adulto, nonostante l’adulto fosse lui, tra i due. Ha scelto di non scegliere, aveva chiesto alla me quasi ventenne di prendere una decisione al posto suo, chiedergli di lasciare la moglie, con cui il rapporto evidentemente era già in crisi da un pezzo. Se glielo avessi chiesto avrebbe preso casa a Milano, dove aveva cominciato a lavorare da poco, si sarebbe separato prima, avrebbe scelto da che parte stare, invece di lasciarsi trascinare dalla corrente, come spesso mi ripeteva di fare. Ma non si può avere tutto, non si può credere di poter pretendere tanto senza tenere conto della vita della persona che si ha a fianco, delle potenzialità e dei talenti da affinare e sviluppare con cure e dedizione. Della mia vita, non ne ha mai tenuto conto davvero, ma solo in funzione alla sua. Pretendeva che fossi a sua completa disposizione, pretendeva che mi adattassi, plasmassi, rimpicciolissi dentro un ruolo e una forma che erano più funzionali per lui che per me. Al contrario di quello che continuava a ripetermi, che Milano per me sarebbe stata un’opportunità da non perdere, che non sarebbe più ricapitata, occasione unica…Quello che lui in me REALMENTE VEDEVA era quello che gli altri avrebbero pensato di lui, io non ero compresa nel soggetto, ero solo sullo sfondo sbiadito di uno stereo- tipo. MO-NO-LO-GHI lunghissimi ore e nessuna decisione all’orizzonte. Perché comunque, nella vita, per prendere qualsiasi decisione, per vivere la propria vita nel migliore dei modi possibili, CI VUOLE CORAGGIO. Lui non l’ha avuto, ha scelto di rimanere una bandiera bianca al vento, senza nessuna direzione, senza nessuna responsabilità, ha scelto di non scegliere, rimanendo paralizzato in una situazione di comodo solamente per “salvare le apparenze”. “Ma se lascio mia moglie per te, poi cosa pensano gli altri? Come lo spiego ai miei figli? Come glielo dico che non è il tempo che si passa insieme, ma LA QUALITÀ che conta. Sì, perché nella Bibbia non c’è scritto da nessuna parte che bisogna essere monogami per forza. Si può benissimo scegliere di sposare due persone. Però magari ci sposiamo con il rito buddista o induista o vediamo poi. Perché abbiamo una testa troppo uguale per non stare assieme.” Io ascoltavo, in silenzio il più delle volte, osservavo i dettagli, la coerenza o meno tra quello che diceva e di ogni singolo gesto che faceva. Era molto più chiaro a me che a lui, che non sarei stata altro che L’ALTRA. A lui sarebbe andata benissimo così, avrebbe avuto tutto quello che voleva, Milano e Padova, lavoro e famiglia. E io sarei stata di contorno, un piccolo soprammobile carino, un orpello decorativo…E Milano, per me, all’epoca era allettante, mi ispirava come idea, bella, piena d’arte, di mondi, di vita. Ci sarebbe stato abbastanza spazio. L’Università a Milano non a Padova sulla carta ha più valore semplicemente per la quantità e la QUALITÀ delle esperienze che si possono fare.
Mi chiedo se sia davvero così o se me l’abbia ripe- tuto talmente tante volte che me ne sono convinta. “Se vieni qui magari è la volta buona che prendo l’appartamento qui, poi Milano è più grande, magari trovi qualcuno, così non rimani da sola quando torno a Padova.” “Poi, quando ti sposi facciamo un figlio, gli altri possono anche non sapere che è mio.” Era chiaro dall’inizio, era chiaro ed evidente, per tutti tranne che per lui, era una relazione con una data di scadenza. Avrebbe dovuto essere un campanello d’allarme, per me, questo, insieme al fatto che la maggioranza delle sue ex erano “pazze o squilibrate” o avevano qualche disturbo, me [ne] aveva accennato qualcosa. Per non parlare del fatto che: “Se volessi farti del male, saprei ESATTAMENTE quali parole usare”. Detto con una quantità di cattiveria nella voce da farmi venire ancora i brividi sulla schiena se ci ripenso! Avrei dovuto sconvolgere LA MIA vita, per riempire la sua, o meglio la sua incapacità di stare da solo, di ESSERE da solo, di prendersi la responsabilità e il coraggio di guardarsi dentro per scoprire che la vita che avrebbe voluto in realtà era un’altra, ma non si poteva lamentare tutto sommato. Per un pezzo sono stata paziente, ho aspettato, gli ho lasciato lo spazio per cercare gli elementi in base a cui prendere una decisione, ma non l’ha saputo fare. Allora ho deciso io, per entrambi. Ho scelto di andare avanti con la mia vita, continuare a scoprire chi sono, o almeno provarci. DA SOLA.