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Autore

Maddalena M.

Anno

1994 -1997

Luogo

Sassari/provincia

Tempo di lettura

9 minuti

Vita distrutta

Lei e la signora di questa persona, suo marito a avuto un incidente e morto in una autostrada, dove sono state coinvolte altre macchine, e morto anche un altro autista.

La mattina stavo sola cosi decisi di andare a trovare Patrizia, per racontarle dei progeti che stavamo facendo con Silvio, era contenta nel vedermi, e felice di vedermi cosi sorridente come non lo ero mai stata, dopo tanta chiachere tornai a casa venne anche Michele con me, stavamo salendo le scale quando la vicina mi diede un biglieto, dovevo telefonare alla polizia, erano stati a casa che mi cercavano. mi afretai ad aprire, feci il numero che mi era stato dato, un polizioto mi disse che sarebbe venuto a casa in poco tenpo e mi avrebbe informata, l’atesa era lunga, cosa era sucesso, aveva fato veramente qualche sciocheza, le ganbe mi tremavano,

Lei e la signora di questa persona, suo marito a avuto un incidente e morto in una autostrada, dove sono state coinvolte altre macchine, e morto anche un altro autista.

Non volevo acetare quello che mi stava dicendo, non era cosi che volevo la liberta, non sentivo piu quello che diceva Michele chiamava i vicini per starmi vicino mentre che prendeva gli apunti dal polizioto, cosa aveva fato, perche aveva fato una cosa cosi assurda, il mondo mi era cascato addosso, lacrime di dolore rabbia si sentivano solo le mie grida, non avrebbe dovuto darmi questo altro dolore, questo era un dolore che mi avrebbe accopagnato per il resto della mia vita, no non era questa la liberta che volevo, ma non potevo nenache tornare con lui, continuare una vita di torture era rinunciare alla mia vita come avevo fato fino ad allora, ma non speravo che mi lasciasse cosi, era un prezo tropo alto un debito che non avrei potuto mai pagare.

Come in coma vivendo una storia che non mi aparteneva lo portai in Sardegna l’afronto con la sua famiglia fu una strage, mi anno discriminato, non vollero sapere piu niente di me, mi accusarono di tuto, e io mi addossai le colpe,.

Silvio mi diede il tenpo necessario per poter superare quei momenti, ma dopo un po di tenpo si trasferi per senpre, a vivere con noi.

Il suo amore mi dava tanta forza, ma il passato mi sorpassava senpre facendomi sentire sensi di colpa che mi distruggevano giorno pre giorno, la banbina che avevamo avuto ci rienpiva di felicità Manuel chiamava Silvio papa cera un grande amore tra noi avertivo il mondo ai miei piedi, ma io cominciavo ad avertre una paura che non era come quella che conocsevo, era diversa, la mancanza di Silvio durante il giorno quando stava al lavoro mi dava una certa insicurezza non riuscivo a uscire di casa avevo paura fuori delle mie mura vedevo le cose strane le gambe senbrava che non mi tenevano, i mesi passavano è io stavo senpre più male, il medico mi diceva che erano atacchi di panicco che potevo guarire solo se riuscivo a metere un po di ordine lel mio passato, ma come dovevo fare da dove dovevo cominciare era tanto quello che io avevo subbito. Silvio decise di stare un po di tenpo a casa  per darmi la forza di afrontare questo male, in quel periodo vennero i miei genitori dalla sardegna perché la mamma non stava bene cosi fu deciso dalla famiglia che dovevo ospitarli io, essendo a casa avevo il tenpo di occuparmi di loro, ero tanto presa dal mio male che non pensavo a mio padre, questa amnesia non duro a lungo, un giorno eravamo seduti a tavola mangiavamo e il babbo era seduto di fronte a me masticcava la carne mi guardava e continuava a masticcare, io continuavo a guardarlo e in quello stesso istante una nuvola nera si mise addosso a me, la carne che lui stava mangiando mi senbrava che erano pezzi del mio corpo che mi erano stati strapatti a morsi, avevo anche io la carne in bocca mi alzai di corsa andai nel bagno sputtai quanto avevo, ma questo non mi bastava dovevo togliere tutto dallo stomaco era come che qualcosa dentro di me si stava ribellando, non volevo uscire dal bagno avevo paura Silvio non vedendomi tornare mi venne a chiamare, aveva capito che avevo rovesciato ma non capiva il perché, che poi durante la note perche mio padre dormiva con la porta aperta e io avertivo il suo respiro fino alla mia stanza allora parlai con Silvio che non soportavo la sua presenza le raccontai come mi ero sentita durante il pranzo non sapevamo come farlo capire alla famiglia che noi non potevamo più prenderci cura di loro. Patrizia se lo porto a casa sua e pensavo che cosi sarei stata tranquilla, non fu cosi io da quel maledetto giorno non riuscivo piu a mangiare ogni volta che mettevo qualcosa in bocca dovevo correre per buttarlo era piu forte di me per quanti sforzi facevo ormai il cibo per me era diventato una tortura, dopo tanti mesi che non riuescivo nenache a reggermi in piedi mi deccisi si andare in clinica Silvio era felice di questa mia decisione anche perche lui non sapeva più come aiutarmi sofriva molto nel vedermi cosi ma non riuscivo a fare diversamente, era come se una parte di me era morta e l’altra voleva morire.

Non era solo lànoressia che mi torturava mi lavavo in continuazione sopratuto le mani e le parti intime del corpo al punto da provocarmi ferite era una soferenza ero come tornata banbina volevo lavarmi per togliermi lo sporco che mi era stato messo addosso,

In clinica era duro i primi giorni non dovevo avere contato con Silvio e ne con i miei banbini sofrivo ma volevo guarire i medici mi aiutavano tanto per tirarmi fuorida un passato cosi terribile, ma anche io avevo accistato una grande fiduccia con loro, venivo controllata durante i pasti e dopo sofrivo molto ma era lunico modo di essere di nuovo quella di prima anche se il mio animo non sarebbe mai guarito ma non permetere che mi continuasse a distruggere.

Tornai a casa dopo lunghi mesi di terapia, promettendomi dirimanere forte, ma non fu cosi dopo qualche mese il cibo divento di nuvo un ossessione, andai di nuovo in clinica prima che mi distrugessi i medici mi aspettavano mi rassicurarono che io ero una donna forte e che anche questa volta ce lavrei fata.

Non era solo lànoressia che mi torturava mi lavavo in continuazione sopratuto le mani e le parti intime del corpo al punto da provocarmi ferite era una soferenza ero come tornata banbina volevo lavarmi per togliermi lo sporco che mi era stato messo addosso, la banbina che ancora cera in me non voleva crescere e non voleva vivere mi rifugiavo in questa mia sofferenza fino a un giorno che Manuel venne a trovarmi da solo in clinica, essendo già un ragazzo abbastanza maturo da cappire mi chiese. Mamma ma perché aiutami a capire il perché di tutto questo, Quardai mio figlio, si era arrivato il momento di parlarle di raccontarle cosa facceva tanto male alla sua mamma, non riuscivo a guardarlo in faccia ma lo sentivo cosi viccino che quando fini il racconto mi butto le braccia addosso piangendo con me, mamma ora capisco che non solo col papa di prima ai soferto ma anche da quando eri piccola ma non capisco una cosa perche tu ti stai punendo per gli altri, mamma non sei tu quella che si deve vergognare o farsi sensi di colpa capisco che il silenzio ti abbia fato male ma adesso ai papa sorellina nessuno ti farà più del male noi abbiamo bisogno di te non ditrugerti per potreggere chi ti a fatto del male non sei tu quella che si deve punire.

Manuel ando via rimasi sola nella stanza avevo una pianta che mi era stata data da un prete tedesco dove cera seminato un seme e io di questa pianta dovevo prendermi cura affinche il seme germogliasse, preisi la piantina la bagniai parlai con lei, tu sei un seme nascosto sotto la terra devi germogliare forse sei come il mio animo nascosto mi prendero io cura di te è tu di me sbocceremo assieme tu uscirai dalla terra e io crescerò assieme a te, le mie lacrime bagnavano la terra tenevo quel piccolo vaso nelle mani era come se in quel momento tenessi in tesoro da quatodire.

Non passo molto tenpo spunto fuori una piantina verde è io ero felice dentro di me avertivo serenità e giorno dopo giorno stavo senpre più bene i medici erano contenti del mio stato danimo, ma grazzie a mio figlio che con le sue parole mi fece capire e grazzie alla piantina io o sconfito l’anoressia che oggi mi permette di vivere.