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Autore

Maddalena M.

Anno

1994 -1997

Luogo

Sassari/provincia

Tempo di lettura

19 minuti

Vita distrutta

Cosa sono due mesi che siamo sposati, io non lo voglio tu ai fato aposta ti avevo devo che avremmo prima risparmiato e poi avremo fato i figli, come puoi farmi questo, dai andiamo forse e solo un ritardo cosi.

Quel mese portavo ritardo con le mesturazioni, non sapevo come dirglielo, cosi decisi di farmi fare il test di gravidanza da Franca, Vincenzo dobbiamo andare da Franca, sai io portavo ritardo questo ese e cosi o fato fare il test da lei per vedere se sono incinta.

Cosa sono due mesi che siamo sposati, io non lo voglio tu ai fato aposta ti avevo devo che avremmo prima risparmiato e poi avremo fato i figli, come puoi farmi questo, dai andiamo forse e solo un ritardo cosi.

Per tutta la strada mi auguravo che fosse cosi, Vincenzo non lo voleva, ma cosa voleva lui da me perche mi aveva sposata, peche era colpa mia se ero incinta, non era forse lui quello che mi violentava incontinuazione senza starsi atento se questo banbino cera non certo per colpa mia, io odiavo le sue violenze avrei dato chissa che parte di me per non subire le cose che mi faceva contro la mia volontà, che ogni volta mi lasciavano un senso di sporco addosso che correvo a lavarmi ma che non si toglieva.

Auguri sarai mamma, il test risulta positivo, ora in questi giorni ti porto dal mio ginecologo devi essere seguita nella gravidanza PREnderemo apuntamento in un orari dopo il lavoro se va bene, non ti preocupare verro anche io con te.

Vincenzo si dimostrava contento con Franca, lei rideva contenta, anche se si preocupava perche mi vedeva ancora piccola, ma ci ripensava che lei a quella eta anche aveva avuto la sua prima banbina.

In fabricca mi licenziarono dopo che seppero che ero incinta il contrato era ancora in prova, Vincenzo ne stava muorendo di rabbia non soportava l’idea di tenermi a casa senza un lavoro e senza portarle i soldi [...]

Camminava a passi svelti non mi rivolgeva la parola ora cera di nuovo la belva da afrontare, che avrebbe fato adesso mi avrebbe picchiata, ma adesso aspetavo il banbino non doveva, guardavo il cielo, si era fato buio, qui le stelle non cerano a testimoniarmi diii quello che avrebbero visto o sentito ora ero sola, sola con un uomo che non capivo ancora chi fosse, perche doveva essere cosi. Troia questa me la paghi io non lo voglio, cosa penseranno i miei quando lo sapranno, diranno che mi sono inpazito e che di quello che erano le mie intenzioni di risparmiare per fare la casa, adesso va tuto in fumo, ma io gacio finire a te in fumo o ti afogo con le mie mani, donna schifosa come ai potuto farmi questo, tu lavorerai lo stesso e di quanto mi ero promesso non mancherò anche se dovrai passare la fame tu e quello che tieni io i soldi in sardegna li mando ugualmente ogni mese.

Seduta nella cucina pregavo che Dio mi venisse incontro per metere fine a quella assurda lite che solo un pazo poteva fare, che altro pensiero si stava metendo in testa come avrei dovuto passare la gravidanza, avrei dovuto conprare col tenpo quello che sarebbe servito sia per me che per il piccolo che sentivo gia mio, era un emozione bellissima sentire una cosa che sarebbe stata mia e che lui non avrebbe potuto togliermi, Dio aveva sentito le mie preghiere mi aveva dato questa gioia per alleviare la sofferenza che cera in me, non mi sarebbe inportato niente quello che lui avrebbe fato, avevo con me il banbino, ora non ero sola con me cera un’altra persona se anche piccola che mi avrebbe aiutata a superare ogni cosa e adesso non sarei stata piu sola.

In fabricca mi licenziarono dopo che seppero che ero incinta il contrato era ancora in prova, Vincenzo ne stava muorendo di rabbia non soportava l’idea di tenermi a casa senza un lavoro e senza portarle i soldi, i soldi li teneva lui io non ero padrona di sapere ne se ne avevamo e ne se ne avevamo risparmiati, non dovevo chiedere io dovevo risparmiare su tutto anche sul mangiare, lui no se per lui facevo il primo e il secondo per me doveva esserci solo il primo, ma il fine settimana quando usciva e se ne andava nelle discotecche non le inportava quanto spendeva per i suoi divertimenti, io poi se i soldi si erano finiti e non aveva piui soldi per pagare la corrente o l’afito dovevo chiederlo in famiglia, ma non rinunciava a mandare i soldi per meterli sul libreto, in sardegna dovevano credere che lui era una persona con la testa aposto e che non avrebbe fato chiachere lasciandosi commuovere dall’emozione di diventare padre, le cose dovevano rimanere come erano state stabilite.

Io mi permeto tuto e voi andate via questa e casa mia non vi permeto di immischiarvi nella mia vita, tua sorella e la mia rovina ma io non mi facio rovinare da lei, andate via.

Il dignor kramer mi aiuto facendomi avere un posto in una lavanderia per cinque ore al giorno, senza carte, cosi puoi conprare quello che ti occorre per te e il banbino, certo lo farai fino che la gravidanza te lo permete, e una cosa provisoria, poi vedrai che quando ci saràil banbino vi agiusterete di nuovo.

Io lo ringraziai, aveva capito che tra noi cera qualcosa che non andava ma non me ne parlava,aspetava che fossi io a parlare, ma io non potevo, se poi lui avrebbe saputo, mi avrebbe picchiata al punto di farmi perdere il banbino.

Nella lavanderai faceva molto caldo dovevo sciugare e stirare le robbe, ma spesso avertivo dei malesseri, correvo in bagnio per sciacuarmi la faccia e tenevo le mani sotto l’aqua fredda per farmi passare i giramenti di testa che mi venivano.

Vincenzo io in lavanderia sto male fa molto caldo e spesso devo interronpere il lavoro per andare in bagno a sciaquarmi la faccia. Non sei la prima donna che fa un figlio tu quel lavoro non lo lasci, vuoi rovinarmi, non te lo permeterò, tu lo volevi e rora ti arrangi, io voglio i soldi o ti sei messa in testa che ti canpi io, ti sbagli non basta che ti sto dando l’onore di tenerti con me devo anche canparti, lo volevi questo figlio e adesso tienitelo, ma non mi devi chiedere niente, io alle mie cose non ci rinuncio, se ce ne una che deve rinunciare sei tu.

La rabbia era scatenata, apriva una botiglia di birra e ne seguivano altre, come sarebbe finita la serata, cercavo di pulire anche dove avevo già pulito per non stare ferma e per non darle occasione di dire qualcosa, la casa doveva brillare non dovevo mai darle motivo di far scatenare la rabbia, anche se non stavo bene la casa non doveva essere trascurata, un suono al canpanello mi interrupe su quello che stavo facendo.

Ciao Patrizia come mai siete venuti.

Passavamo di qua e cosi ci siamo fermati, cosa state facendo, dove sta tuo marito, fai vedere si vede gia la pancia, come mai sei cosi spetinata, devi agiustarti le mammine devono stare senpre belle. Trascorsimo una bella serata, Vincenzo beveva ma si teneva allegro, ma ugualmente avevo paura di quando sarebbero andati via, la mia paura non era ingiustificata, senza che nessuno aveva fato niente lui si alzo prendendomi a schiaffi dimenticandosi che non eravamo soli.

Ma che fai sei pazo, fermati perche la picchi come ti permeti. Io mi permeto tuto e voi andate via questa e casa mia non vi permeto di immischiarvi nella mia vita, tua sorella e la mia rovina ma io non mi facio rovinare da lei, andate via.

Mio cognato cercava di calmarlo, Patrizia mi teneva streta le mie braccia non riuscivano a lasciarla, non volevo che andasse via ma lui era il piu forte e apri la porta spingendoli fuori, sentivo Patrizia che da fuori mi chiamava di andare con loro di lasciarlo di non permeterle di continuarmi a fare del male, ma come facevo lui stava la come il cane che fa guardia al suo padrone, andava avanri e indietro sbatendo pugni ai mobili e a quanto si trovava davanti per terrorizarmi e farmi capire che lui avrebbe fato di me quello che voleva, fu in quel momento che aprii la porta e scapai via, correvo senza fermarmi, fuori era buio non vedevo nessuno di fronte dove abbitavamo cera un ospedale, delle volte cera la polizia ferna con la macchina ma quella sera non cera, le ganbe mi stavano cedendo vidi una salit dove dietro cera una fabrica corsi ancora poi cercai di nascondermi dietro una porta di ferro che era l’entrata della fabrica, il cuore mi batteva forte, sentivo che nella strada lui passava e borbotava parole, cercavo di tenermi il cuore con la mano avevo paura che lo avrebbe sentito battere tanto che batteva forte, cercavo di non respirare ancora non avertisse il mio respiro, rimasi la per delle ore, dovevo essere sicura che quando sarei uscita lui non ci fosse più, dove sarei andata, da Franca no pensavo si sarebbe spaventata nel vedermi arrivare in piena note, cosi decisi di andare da Patrizia, avevo paura per strada non si vedeva nessuno qualche macchina passava e io cercavo di afrettare il passo per arrivare in fretta, camminai pe un ora fino che arrivai.

Sono scapata non potevo stare la tenetemi con voi o paura a stare con lui, non so cosa le sia preso, non lo a mai fato, forse o sbaliato in qualche cosa, forse non si e ancora abituato all’idea di diventare padre.

Mentivo, vedevo il viso di Patriziache si era fato triste, mio cognato si era andato a coricare.

Perche lo difendi, ai visto che senbrava una belva, tu sei in queste condizioni, e se perdi il banbino non e peggio, lascialo, non e la prima volta che ti picchia, solo una stupida non si accorge in che modo ti trata.

E come dovrei fare sceondo te non o mai potuto fare niente e ora che sono sposata che potrei fare, lui e cosi potente mi fa paura solo il sentire la sua voce e il suo respiro mi terroriza, o la speranza che quando nasce il banbino canbi, forse a bisogno anche lui di affeto, delle volte mi senbra un banbino, e una volta si confido con me che le mancava tanto l’afetto del padre che non aveva mai conosciuto eche desiderava tanto avere e che delle volte diventava violento perche le manca tuto questo e mi invidia perche io lo o avuto, e in quei momenti non ragiona.

Ma forse sarebbe stato cosi, quando sarra nato forse lo acetera e lo amera e forse riuscira a voler bene anche a me per averlo fato padre, e darle la possibilita di dare al figlio quello che non aveva avuto lui dal padre, mi illudevo con questi miei pensieri. La mattina era domenica, Patrizia stava preparando il pranzo e io le riordinavo la casa, dun trato si sente il canpanello.

Maddalena sta qua. La voce mi fecce tremare.

Se sei venuto per ragionare calmo entra altrimenti e meglio che vai, Maddalena sta qua ma ti averto qua non voglio discussioni.

Mi arrabiai con mio cognato che lo fece entrare, ma era tropo tardi lui stava davanti a me, aveva gli occhi pieni di lacrime.

Posso parlarti Maddalena, vieni usciamo un po fuori.

Se vuoi parlare parla io rimango qua non vengo con te.

Mia sorella e mio cognato ci lasciarono soli ma pronti a intervenire se cera bisogno.

Io non so cosa mi sucede delle volte, io non vorrei farti del male ma e piu forte di me, delle volte penso di non essere la stessa persona e mi pento di quello che ti faccio, io ti prometo che cerchero di smetere di bere perche questo sucede di piu quando o bevuto, dimmi ti sei sentita male averti qualche dolore, non vorrei che suceda qualcosa, perche non me lo perdonerei.

Sentirlo parlare cosi era un piacere, ma mi faceva rabbia perche avevo la sensazione che mentiva e che resisterle nenche potevo, mi faceva pena, vedere lui piangere era come vedere un banbino indifeso, forse le sare servito di punizione, si forse e meglio tornare a casa forse le cose si agiustano.

A casa mi aspetava tanto da fare aveva messo molto disordine, durante la note per la furia che ero andata via aveva tirato fuori i miei vestiti e li aveva buona parte straciati e sparsi per tuta la casa, in silenzio cercai di agiustare quello che potevo, lui sistemava delle carte nei casseti, si svolgeva tuto in silenzio io avevo paura di parlare e lui avertiva di nuovo la padronanza e non doveva darmi soddisfazione, ma perche doveva essere cosi, perché non riusciva a rimanere quello che pocche ore prima mi chiedeva perdono, perche uno non si doveva sentire libero di volere bene, cosa le sarebbe costato.

 

[…]

Ora siediti, tieni questao foglio e la penna scrivi una lettera a tua madre, sara una lettera di addio perche io dopo dovro ammazarti.

Mi misi il vestito per andare a prenderlo, chissa se le sarebbe piaciuto, era bianco, e mi stava comodo, la pancia si cominciava a vedere, e con il vestito si vedeva ancora di piu.

Come arrivai al locale, il fumo che cera la dentro mi dava fastidio, pregavo lui che si sbrigasse cosi saremo usciti fuori. Adesso andiamo, ma tu ricordati che tu a me ordini non me ne dai, adesso cammina che abbiamo conti in sospeso, non ti credere che mi sono dimenticato di tuto quello che ai fato, di quando sei scapata quellai note, ora faremo i conti.

Io camminavo zita ma il cuore mi batteva forte, cosa mi avrebbe fato cosa aveva in mente, non ebbi tanto tenpo di pensare che mi prese per il braci tirandomi calci picchiandomi in continuazione, la strada era deserta, ma in quel momento passo una macchina, un uomo scese dalla macchina, venendo incontro per aiutarmi.

Che succede perche la picchia la lasci stare o chiamo la polizia. Lui mi lascio andare verso quel povero uomo e minaciandolo, scapo via aveva avuto paura, e questo lo fece andare di piu in bestia, a niente servivano i miei pianti e di come lo pregavo di pensare al banbino che cosi lo avrei perso e che le avrebbe fato male, per tutta la strada che era un bel pezo mi picchio lasciandomi senpre piu sfinita, e se cadevo a terra mi trascinava come che fossi un pezzo di legno, nel trascinarmi sbatevano le ganbe nelle macchine che stavano parghehiate, vedevo il mio vestito macchiato di sangue e non sapevo da dove era, tuto il corpo mi faceva male e lui che continuava fino a che non siamo arrivati a casa, Dio mio fai qualcosa fai che si fermi che mi lasci fa che ora che siamo a casa si coricchi e si addormenti.

Ora siediti, tieni questao foglio e la penna scrivi una lettera a tua madre, sara una lettera di addio perche io dopo dovro ammazarti. Mi tremavo tuta, non potevo scapare aveva chiuso la porta con la chiave, cosa mi avrebbe fato, nel foglio cadevano gocce di sangue, che mi colavano dalle labra che avevo spacate, le ganbe non riuscivo a fermarle tremavo, sentivo un forte dolore dentro di me avrebbe ammazato anche il banbino, il mio banbino che cominciavo ada avertire la sua presenza ma che non conoscevo, non lo avrei mai conosciuto ne lui a me ne io a lui, che dolore che sentivo, chi avrebbe potuto fermarlo chi mi avrebbe venuto incontro, pregavo solo Dio avrebbe potuto fare qualcosa per fermarlo, vedevo che stava invertendo dei fili eletico in una quffia dello stereo, e ogni tanto veniva e me la mesurava se andava bene.

Non stai scrivendo, allora ti devo dettare io quello che devi scrivere, sei tropo ignorante lo so non sei capace di scrivere neanche una letera, vedi questa quffia fra poco te la meto in testa meto il filo nella corrente e poi muori, perche questa e la fine che ti meriti, mi sputava e ogni tanto venive a controllare se avevo cominciato a scrivere, vedendo che il foglio era ancora vuoto si soddisfava tirandomi pugni in testa, non sapevo piu dove avertivo i dolori piu forti, ma in quel momento desideravo che quello che stava per fare lo facesse subito per liberarmi da quella tortura che non soportavo piu.

Voglio vedere sangue il tuo cosi sparso a terra come ai potuto andare in giro quella note lasciandomi solo, che le ai racontato a tua sorella, che vengano adesso ad aiutarti, faro saltare in aria anche loro, siete tutte puttane, guardami quando sto parlando con te io ti odio odio tuto di te tu non sei niente e come niente devi sparire da questo mondo non se buona nenache al leto vedi cosa ai conbinato ti vedi, ti volevi mamma tu, non puoi diventare mamma tu un figlio da me non lo avrai perche mia fai schiffo.

Dio mio fammi morire tu fa che chiuda gli occhi e che non li riapra non farmi continuare a soffrire cosi, cosa o fato per meritarmi questo, non ti sono stata senpre fedele, anche se nascondevo con gli altri ma il mio cuore per te era stato senpre aperto, aiutami fai qualcosa non resisto piu a questa sofferenza. Stanco di andare avanti e indietro cadde sulla poltrona dove si addormento, rimasi per molto tempo seduta in silenzi per paura che si svegliasse, e che la tortura avesse continuato, le chiavi le teneva nel pantalone, non sarei potuta scapare, ma ringraziai Dio di essermi venuto incontro ancora una volta dalle sue mani, che quando mi prendeva non mi lasciava fino che non vedeva sangue. Avevo lividi da per tuto la pancia mi faceva male, avertivo dolori forti, mi guardavo se avevo perdite di sangue, non volevo che sentisse del male io le volevo bene, volevo che nascesse e che fosse sano lavrei difeso non avrei permesso che lui le avesse fato del male, quando mi picchiava cercavo di difendermi la pancia non volevo che lo colpisse, anche se poi si infuriava di piu con me ma a lui no, se avessi superato la gravidanza pensavo quando ci sara il banbino mi sentiro piu forte lo lascio non le permetero che al piccolo le facia del male.