Autore
Maddalena M.Anno
1994 -1997Luogo
Sassari/provinciaTempo di lettura
9 minutiVita distrutta
Il fuocco nel canineto era spento, non riuscivo ad avicinare i pezzi di legno che erano rimasti, le mie mani tremavano non solo per il freddo, ma per le grida che si sentivano in casa, non si cappiva se erano grida di dolore, o se erano dei lamenti che a me mi terrorizavano.
Aspetavo che qualcuno si riccordasse di accendere il fuocco, almeno mi sarei riscaldata, ne avevo tanto bisogno, avevo bisogno di tenerezza, ma non cera nessuno che poteva darmela, solo il fuocco riusciva a darmi un po di calore così riuscivo a dare sfogo ai miei timori alle fiamme che senbravano che mi capivano. Finalmente mia nonna col passo lento ma sicuro diede a quei rami spenti quelle fiamme che io aspettavo.
La mamma accorse subito inpadronendosi del posto della nonna, che la fecce alzare dandole una spinta, la nonna mi guardo, il suo sguardo era un intesa, coì si allontanò.
La mamma cominciò al solit,o dando a tutti ordini che si dovevano eseguire, la sua voce era insicura, che io ancora non capivo il perché, la guardavo zita ma dentro di me avevo paura, parlavo attraverso il mio cuore alle fiamme che quella mattina sembrava non mi ascoltassero, pensavo forse anno paura anche loro della mamma.
Mia sorella Franca si stava preparando per andare a scuola, io mi facevo ancora più piccola, le grida della mamma si facevano sempre più forti, e la nonna guardava senza dire niente, la nonna capi che doveva allontanarsi, così si diresse al piano di sopra, aveva la sveglia in mano e mentre saliva le scivolò dalle mani rotolando per tutta la scala, si fermo ai piedi della mamma che subito prese l’occasione al volo per dare sfogo al disprezzo che provava verso la nonna.
Franca anche se era abituata a quelle scene si tolse il grnbile nero della scuola, con quel gesto capii che non sarebbe andata e questo mi dava un po di sicurezza.
La mamma gridava ancora. Tu non sei in questa terra che per fare male sei viva nell’inferno. La nonna non rispondeva.
Guardavo le fiamme che si facevano più vive, ma il giorno senbrava che non mi ascoltassero, erano vive ma tristi come me.
La mamma gridava ancora le sue grida rimanevano nel vuoto della stanza, i mobili della cuccina erano pocchi e vecchi era una miseria, il tavolo era apogiato al muro, era tropo grande si prendeva troppo spazio, e i muri rimanevano vuoti.
In quei giorni erano cominciati i preparativi per il battesimo di Antonio, quel piccolo essere che era nato per gioia ma anche per andare incontro a una vita piena di paure e problemi come me, da una parte lo invidiavo perche ancora non capiva in che modo si sarebe svolta la sua vita, ma le volevo bene.
Cominciavo a preocuparmi per l’arrivo di mio padre che si trovava in Germania per lavoro, al suo arrivo a casa le cose si sarebbero pegiorate come senpre, la casa si trasformava per me come la tana dell’orco, avevo cinque anni ma preovavo terrore per lui per il suo arrivo non era gioia ma un tormento.
Era arrivato il grande giorno, per l’ocasione furono pulite le stanze, la mamma portava un vestito che era stato cucito con della stoffa che aveva portato il babbo.
I vicini osservavano curiosi per poi poter criticare e farci stare piu male.
La casa era in afito dove abitavamo, dava spunto in un angolo dove cerano altre abbitazioni, ma la nostra allinterno era la pi misera.
Quel giorno mi sentivo felice, il va e vieni della gente mi occupava la mente.
Tornati dalla chiesa furono serviti i dolci, come era usanza dovevano servire prima i padrini, poi i parenti, e anche se ne rimanevano abondanti, noi piccoli non dovevamo prenderne piu di uno. Io mi nascosi dietro una tenda, che si trovava apesa nella porta dell andicamera, cisi poteva vedere tuti, io anche volevo un dolce, ma se rimanevo nascosta nonavrei potuto averlo, cosi salii sopra una sedia, che si trovava dietro la tenda, e mentre passarono coi dolci allungai la mano per prenderne uno, ma disgraziatamente la tenda a qui ero acchiapata cadde, facendo cadere anche il resto dei dolci.
Mio padre, non perse l occasione per tirarsi fuori la cinghia e picchiarmi fin quanto fiato le era rimasto, senza rendersi conto che io ero una banbina, che aveva fato la birichinata di essersi nascosta per curiosita, e per prendere un biscoto in piu. Mio padre usava facilmente la cinghia con me, diceva che aparteneva alla sua disciplina, che io non capivo cosa voleva dire.
Al Paese gli uomini erano severi, ma in mio padre non ci vedevo solo severita, ma una certa insoddisfazione della propria vita e questo lo rendeva piu violento.
Maddalena contami i numeri. Io cominciai a contare mi sentivo orgogliosa, i miei fratelli e sorelle guardavano un po spaventati che l interrogatorio sarebbe giunto anche a loro.
Contavo senza essere iterrota, ma dun trato sbagliai , mi padre accorse subbito, non mi diede il tenpo di potermi corregere che gli schiaffi cominciarono a suonare, nella stanza cera silenzio si sentivano solo le sue grida. Tu non sei mia figlia, gli altri alla tua eta sapevano contare meglio, svergognata.
Riuscii a scapare, non piangevo, mi risparmiavo le lacrime alla sera guando sarei andata a leto.
Sognavo di dormire su un leto morbido, con una bella coperta, ma era un sogno tropo bello per essere vero, mi coricavo su una branda, al posto del materasso cera un sacco rienpito di lana di peccora, nel sacco cera un buco,ne uscivano fuori i battufoli di lana, cercavo di non pensarci ma quella lana mi inpauriva, mi sentivo avolgere tuto il corpo e pensavo, ecco ora si vogliono vendicare perche tu dormi sulla loro lana. La coperta che mi copriva era un vecchio capoto militare,il solo pensiero che apartenesse a qualche antenato che era morto, terrorizava, ma per quanto sofrivo dovevo coprirmi, la paura mi faceva sentire ancora piu freddo.
Sedevamo tuti a tavola, la pasta fumava sui piati, io come al solito cercavo di scartarmi il prezzemolo che a me non piaceva. Maddalena mangia anche il prezzemolo. No babo io non riesco a mangiarlo, mi disgusta. Tu ora lo mangi altrimenti ti faccio mangiare anche il piato, Con la mano che mi tremava, presi la forcheta e mi inboccai la pasta che rovesciai di nuovo sul piato.Disgraziata, disonesta quanti vizi tua madre che vi fa prendere, io sono in germania per farvi grandi e non per butarla la roba. Icolpi degli schiaffi che mi arrivarono alla testa erano tanti, non provavo dolore, mi sentivo come narcotizata, dun trato provai un grande dolore al bracio sinistro, guardai e quello che vidi mi terrorizo, avevo una forcheta ficcata nel braccio, mi misi a correre cercando aiuto, ma nessuno mi veniva incontro, tuti avevano paura, mi rifugiai vicino a mia Nonna, la quale mi teneva streta, per volermi protegere, mio padre gridava ancora, per lui tuto era giusto, non capiva che io avevo bisogno di tenerezza, e io la volevo da loro perche erano loro che mi avevano messi al mondo, ma loro la mia tristeza non la capivano, anzi facevano di tuto per farla aumentare.
Arrivo il giorno che mio padre doveva ripartire, a casa sembrava che ci stesse un funerale, la Mamma gridava. Tu ora vai via, tu la stai bene, ti auguro di non arrivarci, perche lo so che a te di noi non ti interessa. Il babbo rimaneva zito, ogni intanto si meteva le mani in testa e dicceva. Cosa o fato per meritarmi questo, stati zitta altrimenti ti meto le mani alla gola, cosi finisci di torturarmi.
Io mi facevo picola picola, guardavo solo, non riuscivo a capire il perche di tuti quei litiggi, che a me mi terrorizavano. La pancia della mamma si era fata nuovamente grande, diceva che presto avremmo .avuto un altro fratellino o sorellina, mi ero abituata ad Antonio che l arrivo di un altro mi dava fastidio.