Decennio 2012-2022
Questa prima tappa del percorso "L'Archivio compie 40 anni: i vincitori del Premio Pieve" esplora le opere vincitrici del decennio 2012-2022.
Il viaggio ci porterà ad attraversare oceani ottocenteschi, le colonie italiane in Africa durante la Prima Guerra Mondiale, la Libia degli anni '40 e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale in diverse regioni del nostro Paese. Raggiungeremo anche la battaglia di Dien Bien Phu nel 1954 e il Rwanda degli anni '90.
In questo percorso, esploreremo anche tanti altri luoghi a noi più vicini, dalla Sicilia al Piemonte, passando per la Toscana, sempre ripercorrendo il filo della grande Storia e delle storie personali che essa ha intrecciato.
Anna Maria e Franco si scrivono per la prima volta nel luglio del 1940. Lei, nata a Firenze nel 1912, è una insegnante elementare che lavora a Roma; lui, nato a Milano nel 1913, è un perito e progettista radiotecnico che, insofferente alla vita di ufficio, si arruola come volontario nell’esercito ed è schierato sul fronte nord africano col grado di tenente.
Anna Maria è una madrina di guerra: scrive lettere ai soldati italiani al fronte per migliorare loro il morale.
Dopo le prime diffidenze nasce tra loro una bella amicizia, tanto che Anna, per il giovane soldato, diventa la figura di riferimento più importante assieme alla madre. Il fiume di lettere non si interrompe neanche dopo che Franco viene fatto prigioniero dagli inglesi e inviato al campo di prigionia di Yol, in India. Anzi, è proprio a questo punto che le lettere iniziano a farsi sempre più intime e affettuose.
I due continuano a scriversi ininterrottamente fino alla fine del 1946, nonostante le consegne a singhiozzo, nonostante la censura, nonostante gran parte delle lettere si smarrisca per strada.
Il tono delle missive ci restituisce il diverso carattere di Franco ed Anna. Lui rude, schietto, ma ironico ed onesto nel raccontare la vita da prigioniero, oltre che orgogliosamente fascista e anti-inglese. Lei, che ha vissuto la guerra civile e le difficoltà della vita di tutti i giorni, è più pratica nella sua visione della vita.
La fine della guerra non fa altro che rimarcare i loro diversi punti di vista: Oggi bisogna solo pensare a ricostruire, a riparare tutto il malfatto, scrive Anna; Franco invece, che ha vissuto quasi sei anni come prigioniero, è ancora più cristallizzato nelle sue posizioni.
Nel dicembre del 1946, dopo due rocamboleschi tentativi di fuga, avviene finalmente l’agognata liberazione di Franco e il primo incontro tra i due giovani. L’amore, nato letteralmente tra le righe, prende finalmente forma: i due si sposano ad Assisi nel 1948 e si stabiliscono definitivamente a Milano. Trascorrono una vita serena, dedicandosi al lavoro e ai figli, Daniela e Gianluigi. Franco muore nel 1984, Anna Maria nel 2005.
Le lettere di Francesco e Anna Maria hanno vinto il PREMIO PIEVE SAVERIO TUTINO nel 2013 e sono state pubblicate da Terre di Mezzo nel 2014 in un volume dal titolo "Scrivimi molto e a lungo".
Nel maggio del 1994 Gaddo è un giovane medico appena tornato in Italia dal Ciad, dove ha prestato servizio per Medici senza Frontiere. A settembre deve iniziare a frequentare un Master a Londra ma si rende disponibile per una nuova missione, breve, che l'organizzazione umanitaria per cui lavora non esita a offrirgli: accetta così un intervento di urgenza in Rwanda, Paese africano in cui è in corso un genocidio. La sua equipe, formata dalla moglie Elena, infermiera, e da Claus, un belga che si occupa di logistica, è inviata a Nyamata, dove nel maggio di quell'anno hanno perso la vita circa 10.000 persone. La città che li accoglie è abitata, domina una calma irreale. In un ospedale improvvisato Gaddo e la sua équipe organizzano un piano per coprire le emergenze mediche e sanitarie, affrontando difficoltà enormi per eseguire gli interventi e gestendo il rapporto con i sopravvissuti, i militari, i rwandesi della diaspora che rientrano in paese.
La storia di Gaddo ha vinto il PREMIO PIEVE SAVERIO TUTINO nel 2014 ed è stata pubblicata da Terre di mezzo nel 2015 con il titolo “Un milione di vite”.
Giuseppe, nato nel 1897 a Castiglion Fiorentino (Ar), è un giovane entusiasta che studia da sottotenente a Modena e si arruola volontario nel 1916. Nella prima parte del diario vive e descrive in pieno la sua età, ponendo al centro dell'attenzione l'amicizia, l'amore e le passioni scatenate dall'incontro con le ragazze che conquista durante il periodo di addestramento. Ma un giorno arriva il momento di guidare i suoi soldati al fronte del Carso. lì cambia tutto. La brutalità della Decima battaglia dell'Isonzo lo travolge ed entra con i dettagli più crudi nel suo diario fino al drammatico epilogo. Ricoverato in ospedale a causa di un'intossicazione da gas asfissianti, Giuseppe subisce anche l'affronto di non vedere riconosciuto il proprio sacrificio. un anno dopo il ritorno a casa muore, il 13 ottobre 1918, a 21 anni.
La storia di Giuseppe ha vinto il PREMIO PIEVE SAVERIO TUTINO nel 2015 ed è stata pubblicata da Terre di mezzo nel 2016 con il titolo “Con il fuoco nelle vene”.
Roma, 1926. Ivano nasce nella capitale da una famiglia antifascista di origine toscana. È figlio unico e vive con altri sei adulti, zii, nonni e un cugino più grande. La famiglia lo ricopre di attenzioni, premure, amore. Vogliono che il piccolo possa farsi una posizione nella società e per tutelarlo, in quel clima politico a loro così ostile, accettano che diventi Balilla. La mente di Ivano, ancora bambino, nella sua innocenza viene plasmata dagli schemi del regime. Il diario ripercorre l’itinerario del suo coinvolgimento inconsapevole e analizza i meccanismi volti a generare l’adesione dei giovani al fascismo. Poi attraverso le amicizie, le letture, gli amori e soprattutto la musica, che arriva dall’America insieme alle truppe liberatrici, Ivano scopre che al corredo nero da Balilla e al rigore delle parate, preferisce i suoni morbidi del blues. La rottura avviene in un istante, nell’istante esatto in cui sente per la prima volta la tromba di Louis Armstrong. Il suono di quella tromba lo incita alla rivolta.
Da quel momento Ivano inizia il suo percorso di liberazione personale e quella ribellione sotterranea propria alla gioventù, con il tempo, assume una dimensione politica. Ivano approda al comunismo, proprio quel comunismo da cui i genitori avevano voluto proteggerlo per garantirgli un futuro.
La storia di Ivano ha vinto il PREMIO PIEVE SAVERIO TUTINO nel 2016 ed è stata pubblicata da Terre di mezzo nel 2017 in un volume dal titolo "Balilla blues".
1952. Antonio Cocco è un giovane studente al terzo anno di ragioneria. Vive a Venezia con la sua famiglia, una famiglia numerosa e unita. Ha una vita normale, fatta di giornate sui banchi di scuola, cene in famiglia, balli con gli amici. Un giorno però gli va male un’interrogazione e la prospettiva di un rinvio a settembre o, peggio ancora, di una bocciatura, lo umilia e gli fa compiere una follia. Scappa in Francia con un amico, senza documenti. Alla frontiera viene fermato dalla gendarmerie e si trova davanti a un bivio: tornare in Italia e affrontare il carcere oppure arruolarsi nella Legione straniera. La paura di procurare un dispiacere ai genitori facendosi arrestare, lo spinge ad arruolarsi. Da questo momento inizia una fitta corrispondenza con il padre, che tenta disperatamente di far liberare il figlio e di farlo tornare in Italia. Invano. Antonio morirà a soli vent’anni a Dien Bien Phu, in un giorno della primavera del ’54, mentre difende, suo malgrado, le posizioni dell’esercito francese durante la guerra d’Indocina.
Le lettere di Antonio hanno vinto il PREMIO PIEVE SAVERIO TUTINO nel 2017 e sono state pubblicate da Terre di mezzo nel 2018 con il titolo “Ridotta Isabelle. Nella Legione straniera senza ritorno da Dien Bien Phu. Lettere 1952-54”.
Luca a 16 anni, nel 1822, rimane orfano di padre e viene imbarcato per la prima volta come mozzo su un veliero che fa il piccolo cabotaggio dal golfo di Trieste e Venezia. E' un epoca in cui l'Adriatico bagna le coste dell'Impero austriaco e le navi che solcano le acque sono ancora, in gran parte, quelle a vela. Luca diventa un uomo, ancor prima che capitano, battendo a palmo i principali porti e le località più recondite del Mediterraneo. Scopre la vita e osserva, compara culture caleidoscopiche che si sovrappongono in un fazzoletto di mondo, da Smirne a Costantinopoli. Proprio nella capitale dell'Impero ottomano trova l'imbarco come secondo a bordo del "Quirino" e, veleggiando verso Amsterdam, vive l'esperienza del naufragio. Che non lo lascia a terra. Il futuro capitano Pellegrini salpa ancora alla volta dell'Africa e del Sud America.
La storia di Luca ha vinto il PREMIO PIEVE SAVERIO TUTINO nel 2018 ed è stata pubblicata da Terre di mezzo nel 2019 con il titolo “L’inquieto navigare”.
Eugenia, nata pochi anni dopo l’Unità d’Italia e figlia di un patriota che le infonde ideali mazziniani, racconta la sua vita in un'autobiografia terminata di scrivere alle soglie della morte, avvenuta nel 1943. Laureata in Lettere – unica donna del suo corso com'era già stata la sola studentessa al Ginnasio prima e al Liceo poi – lavora come insegnante spostandosi in diverse città. Si innamora di Gherardo Pantano, un giovane ufficiale dei bersaglieri già decorato per la Battaglia di Adua e destinato a una carriera importante che lo porterà a diventare generale e a prestare servizio non solo in Africa ma anche nella Grande Guerra. Il loro matrimonio deve attendere dieci anni e durante il lungo fidanzamento sono costretti a sopportare lunghi periodi di lontananza. Celebrate le nozze, Eugenia segue Gherard nelle sue destinazioni, sia nell'impero coloniale sia sul fronte della Prima guerra mondiale, dov'è crocerossina. Rientrati per un periodo in Libia prima della fine del conflitto, al loro ritorno in Italia nel periodo post bellico incroceranno ancora gli eventi e i personaggi più importanti del momento storico, da D’Annunzio a Badoglio a Mussolini. L'epoca fascista riserva amarezze alla coppia, che subisce calunnie e ingiustizie capaci di addolorare profondamente Eugenia, colpita anche dalla morte dell'amatissimo marito, avvenuta nel 1937 dopo un periodo di malattia.
La storia di Eugenia ha vinto il PREMIO PIEVE SAVERIO TUTINO nel 2019 ed è stata pubblicata da Terre di mezzo nel 2020 in un volume dal titolo "Come un arco teso. Autobiografia di una figlia del Risorgimento".
Nel 1960 nei bassifondi di Napoli nasce Tania. Il suo corpo è quello di un maschio, ma lei si sente “bambina dentro”. Sogna ad occhi aperti la libertà, sogna di fuggire via dalla miseria in cui vive, dalle violenze che di lì a poco, a soli 7 anni, subirà da uno dei tanti uomini che frequentano la casa della madre prostituta. A 13 anni Tania inizia a prostituirsi e continuerà a farlo per pagarsi l’operazione di vaginoplastica – a 26 anni – gli interventi chirurgici e le spese legali per essere riconosciuta finalmente come Tania Ferrucci.
È bellissima, lavora come ragazza immagine, è desiderata e guadagna tantissimo ma la dipendenza da alcool e droga è devastante, fino a quando all’età di 39 anni entra nella comunità Samam, dove inizia il suo recupero. Il viaggio di libertà è lungo ma “sono nata caparbia” dice Tania Ferrucci e proprio nella scrittura trova un riscatto che dà senso al suo passato.
Il diario di Tania ha vinto il PREMIO PIEVE SAVERIO TUTINO edizione 2020 ed è stato pubblicato nel 2021 da Terre di mezzo con il titolo "Nei miei okki, Storia di una donna nata bambino".
Nato a Saluzzo in provincia di Cuneo nel 1921, nel 1942 frequenta la scuola di Cavalleria a Pinerolo. Nel ’43 si sposa con Vittorina poco prima della caduta di Mussolini: l’epilogo dell’8 settembre è già nell’aria e Furio viene richiamato con il suo Reggimento, il Lancieri Vittorio Emanuele II, a difendere Roma. Quando scatta l’occupazione nazifascista Furio partecipa alla fragile difesa di Roma, portando in salvo lo stendardo del reggimento. Ma il Regio esercito si dimostra incapace di una resistenza organizzata. Posto di fronte al bivio generazionale sulla scelta da compiere, Furio espone le sue perplessità. Passando attraverso non pochi tormenti, alla fine sceglierà di non aderire a Salò e di passare alla lotta partigiana, tornando tra le sue valli piemontesi, intorno a Boves dove agisce una delle prime bande di ribelli e dove è attivo anche il fratello Ezio. Per Furio è la decisione più coerente con il suo percorso di vita. Ma Aceto sa anche che le vie che portano a scegliere una parte o l’altra sono le più disparate e che ogni caso va preso in esame singolarmente. Come dimostra un incontro fortuito che, dopo essere entrato in clandestinità, ha con un suo ex commilitone passato con i repubblichini, e al comando d’una pattuglia in procinto di arrestarlo. . È il preludio di una stagione di sofferenze ma anche di grandi entusiasmi, che Furio vivrà da comandante partigiano tra le valli del cuneese e dell’astigiano, fino a guidare la Brigata dell’Ordine come vice-comandante nella Liberazione di Savona dell’aprile ’45.
La storia di Furio ha vinto il PREMIO PIEVE SAVERIO TUTINO nel 2021 ed è stata pubblicata da Terre di mezzo nel 2022 con il titolo “La via della libertà. Storia di un ufficiale che divenne partigiano”.