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Autore

Giovanna Morelli

Anno

1989

Luogo

Francia

Tempo di lettura

5 minuti

Gianna, una vita di lotta

Questi, dopo avermi visitato, mi comunicò che aspettavo un figlio e mi avvertì che, se non mi fossi curata, avrei corso un serio pericolo di abortire. Mi prescrisse riposo assoluto e questo mi fece molto soffrire perché avrei dovuto tralasciare ogni attività politica. Mi spiaceva moltissimo, d'altra parte non volevo perdere il bambino che sia io che mio marito desideravamo molto.

ARRIVA ROBERTO

 

Qualche tempo prima del 25 aprile, verso la fine di febbraio, cominciai a stare poco bene. Attribuii ciò al fatto che da ormai cinque an­ni subivo privazioni e fatiche e mi alimentavo in modo inadeguato, e in più, negli ultimi mesi, avevo condotto una vita dura nella lotta clandestina.

Il compagno on. Gaetano Invernizzi (che poi diventò Segretario della Camera del Lavoro di Milano) mi mandò da un compagno, ostetrico presso l'ospedale Fatebenefratelli. Questi, dopo avermi visitato, mi comunicò che aspettavo un figlio e mi avvertì che, se non mi fossi curata, avrei corso un serio pericolo di abortire. Mi prescrisse riposo assoluto e questo mi fece molto soffrire perché avrei dovuto tralasciare ogni attività politica. Mi spiaceva moltissimo, d'altra parte non volevo perdere il bambino che sia io che mio marito desideravamo molto.

Le cure prescrittemi dal medico furono molto efficaci e in pochi mesi la mia salute rifiori. Dopo il 25 aprile io, che già rappresentavo il P.C.I. nel Comitato di Liberazione Aziendale, venni destinata a rap­ presentare il Partito nella Commissione di Epurazione Aziendale. Giudicare uomini, che pure si erano comportati male, fu un lavoro davvero molto ingrato.

Iniziò una nuova vita politica, molto intensa, con riunioni che si susseguivano una all'altra. Avevo frequentato un corso per oratori presso la Federazione, così potei tenere alcuni comizi.

La sera del 18 ottobre '45 partecipai a una riunione tenuta dal compagno Tullio Tamaro coi dirigenti dell'E.N.I.C. venuti da Roma per riunificare l'azienda dopo l'interruzione dell'attività dovuta alla

guerra. Ricordo che in quell'occasione riuscii a ottenere per il circo­ lo U.D.I. aziendale un contributo di f.. 200.000 per poter organizzare una festa di Natale per i figli dei dipendenti. Terminata la riunione, i dirigenti di Roma, ai quali il compagno Tamaro aveva consegnato un po' di denaro relativo al periodo della sua amministrazione dei cinema dell'E.N.l.C. dell'Alta Italia, ci offrirono una cena. Tornai a casa verso le 23 e la mattina del 19, presso la Maternità di Via Melloni, nacque mio figlio Roberto.

Verso metà novembre ripresi l'attività all'E.N.I.C., non più come "lucciola" (così venivano chiamate le donne "maschere"), bensì nel reparto manutenzione. Avevo il compito di tenere in ordine le divi­ se dei portieri, le tende dei cinema, ecc. Il cambiamento di funzioni fu determinato anche dal fatto che in base ad una legge sull'assunzione dei reduci di guerra, le donne "lucciole" vennero sostituite da­ gli uomini.Con il nuovo lavoro ero più libera, non facevo più i turni ma lavora­ vo otto ore giornaliere. Inoltre il responsabile dell'Ufficio Manutenzione era un compagno e mi agevolava per quanto possibile.

Questa attività sindacale è stata la più dura e sofferta di tutta la mia vita politica in quanto ho dovuto lottare più che con i padroni, con i lavoratori, soprattutto le maschere e i portieri. Questi erano in maggioranza analfabeti e con vent'anni di regime fascista alle spalle, quindi abituati a credere e obbedire.

IL  SINDACATO

 

Verso la fine del '45-inizio '46 cominciò a funzionare anche il Sindacato Spettacolo e vennero eletti i dirigenti delle varie categorie: la­ vora tori del cinema, del teatro, del varietà, orchestrali, ecc. I lavoratori del cinema erano a loro volta divisi in tre categorie: operatori, cassieri e impiegati, salariati. Questi ultimi comprendevano maschere, operai generici, lavoratrici presso i guardaroba e le toilettes. Venni eletta nel direttivo del Sindacato come rappresentante dei salariati (la categoria più numerosa), carica che mantenni fino al '49, quando mi licenziai dall'E.N.I.C.

Fu un periodo duro: fui eletta oltre che dai lavoratori dell'E.N.I.C., anche dai salariati degli altri cinema che allora in Milano erano 87. Ciò malgrado fossi una donna e malgrado tutti i pregiudizi che allora (come purtroppo adesso, anche se in misura molto minore) vi era­ no verso le donne.

Se riuscii a mantenere questo impegno per circa tre anni e mezzo fu in gran parte per merito di mio marito che, soprattutto quando rincasavo amareggiata e disgustata per gli atteggiamenti assunti nei miei riguardi da alcuni lavoratori durante assemblee e riunioni burrascose, non mancava mai di darmi il suo appoggio, il suo incoraggiamento, la sua guida e i suoi consigli. Tutto ciò con obiettività e, se occorreva, criticando duramente determinati miei comportamenti.

Questa attività sindacale è stata la più dura e sofferta di tutta la mia vita politica in quanto ho dovuto lottare più che con i padroni, con i lavoratori, soprattutto le maschere e i portieri. Questi erano in maggioranza analfabeti e con vent'anni di regime fascista alle spalle, quindi abituati a credere e obbedire. A quel tempo il sindacato pagava un solo funzionario, il segretario. Tutti gli altri membri del direttivo dovevano dare il loro attivo contributo dopo le ore di lavoro, eccetto qualche ora che il datore di lavoro (bontà sua) concedeva o faceva recuperare. Io, come ho già ricordato, avevo la fortuna di es­ sere appoggiata dal responsabile dell'Ufficio Manutenzione e potei così svolgere con meno sacrifici il mio lavoro al sindacato e presso il circolo U.D.I. Acquabella, in zona 11.