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Autore

Matilde Cestelli

Anno

Inizio presunto: 1980-1989

Luogo

Roma

Tempo di lettura

10 minuti

Nuvole di ricordi

Non so se gli italiani conserveranno - o sarà loro concesso di conservare - questo entusiasmo travolgente, questo interesse per la cosa pubblica, questa "partecipazione" piena di speranza: me lo auguro, poiché significherà che nessuno li ha delusi!

Ieri ho avuto il mio battesimo ...oratorio! Se lo avessi saputo prima, naturalmente mi sarei rifiutata con fermezza; ma è capitato tutto così alla sprovvista che non ho potuto esimermi. E' andata così: una rappresentante del Movimento femminile sarebbe dovuta andare a Genzano, per affiancare l'oratore repubblicano che doveva tenere un comizio; all'ultimo momento quella che aveva accettato l'incarico fece sapere che le era impossibile venire. Capito io, per caso, a Via dei Prefetti: "Te la senti di parlare?"
- Chi ?...io..? no! fu la mia recisa risposta
- Ma si tratta di dire due parole alle donne, nella sede della sezione..
- noo...
- Ma si....Finalmente mi hanno convinto.
Sono corsa a casa, emozionata, cercando affannosamente di mettere insieme sulla carta e nella mia testa due parole decenti. Quando, nel pomeriggio, sono ritornata alla sede del partito per recarmi assieme agli altri a Genzano, avvicinandomi per caso alla scrivania di Lia Abatini, nella stanza del movimento femminile, ho avuto la disavventura di leggere un foglietto vistosamente fermato da un tagliacarte e bene in vista sulla cartella, che mi ha fatto perdere quel po' di coraggio che ero riuscita a racimolare
C'era scritto : "Cara Lia, a Genzano ci va la "nuova" ...che Dio ce la mandi buona..."
Che idea, quella di un partito "laico", di rivolgersi a Dio! e, difatti, Dio non me l'ha mandata buona per niente !
Arrivati un po' in ritardo a Genzano, siamo stati avvertiti che la riunione era già iniziata e che il pubblico, numerosissimo, era già radunato nella piazza davanti al castello, dal cui balcone gli "oratori" (e in quel plurale, ohimé, ero compresa io!) avrebbero dovuto parlare.
Sudore gelato e paralisi totale...non mi ricordo di aver fatto le scale, non mi ricordo di aver traversato la sala; sul balcone, la vecchia balaustra in travertino, altissima, mi permetteva appena di sporgere la testa: la piazza era semplicemente gremita!
Non so se gli italiani conserveranno - o sarà loro concesso di conservare - questo entusiasmo travolgente, questo interesse per la cosa pubblica, questa "partecipazione" piena di speranza: me lo auguro, poiché significherà che nessuno li ha delusi!
Comunque, ieri è stata una giornata da ricordare, non per il terrore che mi ha paralizzata, dietro il parapetto dell'antico balcone, ma per quel sentore di vita nuova che ci fermentava attorno, assieme§
all'odore del nuovo vino , per quello slancio che si avvertiva nell'aria leggermente pungente e pur dolce: percepivo tutto questo, lo sentivo esatto e preciso in me, ma portata a forza davanti al microfono, ero nell'assoluta incapacità di esprimerlo; il foglio su cui avevo preso qualche breve appunto mi si spiegazzava tra le mani sudate e non riuscivo a leggere quello che avevo scritto. Erano passati solo pochi secondi dacché il presentatore aveva pronunciato il mio nome e mi aveva lasciato sola davanti al microfono e a me sembrava che fossero passate ore...Inghiottendo faticosamente, ho guardato la piazza silenziosa: grazie a Dio, la mia miopia mi permetteva di scorgere solo un mare ondeggiante, nerastro, da cui emergevano fitte e squillanti le bandiere...i volti erano una massa grigia, amorfa, sembravano ectoplasmi... Non ricordo affatto quello che ho detto, né come - ad un trattone ho trovato il coraggio: solo mi sono resa conto che stavo parlando...poco...molto...probabilmente male, malgrado gli applausi della folla bonacciona, l'abbraccio incoraggiante datomi, alla fine, da un'amica del partito e i rallegramenti degli amici indulgenti!
Oggi, sulla "Voce Repubblicana", è comparso un trafiletto: riportava il resoconto del comizio, citando anche il mio nome, così la mia vita di oratrice politica è cominciata!

[...]

[...] infuriata, ad un tratto, saltai sul tavolino che mi divideva dalla folla, ed approfittando del momento di silenzio dovuto alla esterrefatta sorpresa, iniziai a parlare [...]

In seguito, grazie sopratutto alle lezioni di Conti, riuscii a diventare quasi un'oratrice! Quando fui in grado di portare avanti un discorso senza incespicare nelle parole, quando imparai che "...più parli a voce contenuta e più ti ascoltano", quando seppi limitare i gesti ad un lieve movimento della mano, fui inserita ufficialmente nelle liste dei propagandisti e, nelle prime elezioni amministrative di Roma, il mio nome figurava tra gli ottanta candidati del partito repubblicano! Naturalmente, nessuna probabilità di essere eletta, ma oramai ero stata lanciata sulla strada politica, sino a che il mio entusiasmo non fu deluso, vi rimasi. Ebbi 1785 voti...ne fui fierissima! 1785 persone avevano detto, con il loro voto, che meritavo fiducia ed un ignoto, entusiasta, solitario ammiratore, ebbe il coraggio di scrivere su di un muro di Tor Pignattara: VIVA MATILDE CESTELLI DEL P.R.I.
Che potevo volere di più!
Quante volte ho accompagnato Conti come...violino di spalla, durante le campagne elettorali! Potevo così aver modo di vedere come lui avvicinava la gente, quali insegnamenti dava loro; se, per esempio, arrivava in qualche paese dove lo stava aspettando un palco solennemente addobbato, lanciava sguardi crucciati ai repubblicani che erano venuti ad accoglierlo, dicendo loro:
- Ma cos'è? Una fiera..? per parlare tra amici basta sedere su di un muricciolo. E lo faceva! E se qualcuno osava gridare "Viva l'On. Conti" battendo le mani, allora veramente andava sulle furie:
- Non dovete applaudire gli uomini...le idee..le idee sono quelle che contano.
Quando iniziava a parlare, disdegnando le frasi roboanti, le argomentazioni sofisticate, come un amico tra amici, riusciva ver/amente a toccare l'animo degli ascoltatori. Io non c'ero quella volta, ma mi hanno raccontato che, dopo un suo discorso, in un paese della Ciociaria, circondato, stretto da presso dagli amici repubblicani, ci fu una contadina, con un bimbo in braccio che non sapendo come esternargli tutta la sua ammirazione, esclamò:
-Ma che te pozzo dà, sì benedetto...te pozzo dà lu latte...
e, dal corsetto, cavò fuori una generosa mammella.
Allieva di tanto "maestro", nel 1946, all'epoca del referendum, fui mandata a far propaganda nel collegio elettorale di Avellino, Salerno-Benevento. In quel ribollente tino di lealismo monarchico, la propaganda repubblicana non era cosa facile...tutt'altro: qualche volta anche un po' pericolosa; ma, con l'incoscienza dei giovani e aiutata dal mio senso dell'umorismo, mi divertii immensamente. Candidato repubblicano per la costituente era, in quel collegio, l’avv. Ugo De Mercurio, un brav'uomo che "si stimava molto", ma non credo fosse particolarmente conosciuto nel circondario. Mi aveva fatto ospitare in casa dalla sua segretaria e tutte le mattine ce ne andavamo a giro in macchina nei vari paesi o cittadine del circondario. La gente, però non aveva nessuna voglia di starci ad ascoltare e l'unica soddisfazione che davamo loro era quella di fischiarci! In effetti, però, finirono per avere più "pazienza" con me che con lui, non perché la mia oratoria fosse migliore, ma perché una donna destava più curiosità e anche perché talvolta usavo metodi un po'..energici ! Un giorno, per esempio, volevano farmi "parlare" da un balconcino vistosamente ornato da due bandiere monarchiche:
- E sù...parla da lì...mi dicevano ironicamente ridacchiando.
Ed io, fieramente:
- Da lì non parlo...E rivolgendomi ai carabinieri presenti nella piazzetta, li pregai di scortarmi sul balcone di una casa accanto privo, quello, di simboli monarchici; e, seguendo lo stile di Giovanni Conti, parlai, cordialmente, fraternamente, fiancheggiata dai due carabinieri, guadagnandomi anche qualche applauso. Un'altra volta, ad Ariano Irpino, vociavano talmente che non riuscivo a farmi udire: infuriata, ad un tratto, saltai sul tavolino che mi divideva dalla folla, ed approfittando del momento di silenzio dovuto alla esterrefatta sorpresa, iniziai a parlare...e non riuscirono più a fermarmi...e qualcuno, gentile, gridò:
- Brava...

- E questa è la mia migliore allieva...Ho capito, allora, cosa prova un decorato, quando gli appuntano la medaglia sul petto...

Questi ed altri exploits riempirono i giorni della campagna elettorale. Di quel periodo ricordo un particolare che - forse - faceva parte del modo di procedere dei candidati che non avevano né uno staff di collaboratori né possibilità economiche adeguate; comunque, io trovai divertente quell'innocente ed "artigianale" metodo di propaganda. Allorché ci dirigevamo in macchina verso i paesi dove era stato fissato il comizio, traversando quelle meravigliose strade dell'Irpinia immerse nel verde, il mio amico candidato faceva fermare la macchina, prendeva dal porta-bagagli un fascio di manifesti ed un barattoletto di colla e, pazientemente, sul tronco di un albero o su un pezzo di muro, li attaccava diligentemente: su di essi a  grossi caratteri spiccava il suo nome, preceduto da un "viva'" e seguito dalla dicitura "candidato del P.R.I." Ne attaccava parecchi, di manifesti, cercando però sempre di farlo quando nessuno era in vista e la cosa comica era che, al ritorno, se li guardava compiaciuto, come se quella parata muraria fosse opera di suoi fedeli sostenitori.
Innocenza...onesto e palese limite di possibilità economiche.. Lo ricordo e lo rimpiango, durante le successive campagne elettorali, quando assisto allo sperpero di miliardi in carta e còlla sui muri di tutta Italia. Comunque, e ne fui Felice, De Mercurio riuscì a diventare deputato alla Costituente, sia pure coi resti di lista...Quando, nel 1948, ci furono le elezioni vere e proprie, ebbi la sorpresa di ricevere l'invito dagli amici avellinesi – dietro richiesta, mi dissero, dei repubblicani dei vari paesi che avevo precedentemente visitato di far parte della loro lista. Era una candidatura senza speranza, ma acconsentii, felice di essere così simpaticamente ricordata da quella brava gente. Arrivai undicesima su di una lista di 80...ma non fummo eletti né De Mercurio né io...Quei ripetuti viaggi in Irpinia mi dettero modo di avere una grande soddisfazione: in treno incontrai Giovanni Conti, in compagnia di un signore magro, distinto, con la barbetta grigia ed un sorriso arguto in fondo agli occhi; me lo presentò dicendo
- E' Ernesto Rossi...non un Rossi quasiasi...è Ernesto Rossi...
- Son felice di conoscerla di persona, gli dissi. E, a quel tempo, non potevo immaginare quanti particolari della sua vita avrei avuto modo di sapere attraverso i racconti di Dino Roberto, suo compagno di prigionia e di confino, che incontrai solo qualche anno dopo. E nonno Conti, mettendomi una mano sulla spalla, mi presentò a Rossi dicendo:
- E questa è la mia migliore allieva...Ho capito, allora, cosa prova un decorato, quando gli appuntano la medaglia sul petto...