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Autore

Leda Cossu

Anno

2012

Luogo

Nuoro/provincia

Tempo di lettura

7 minuti e 30 secondi

Tracce femminili di lavoro e di vita

Crescevamo, imparavamo a stare insieme, era una cosa bellissima fra ragazze.

Le lotte delle piccole fabbriche a metà anni '60 fecero scalpore. Molte di noi della Nigi erano della Terraferma Veneziana e le lotte fecero da raccordo fra Mestre e il Trevigiano. La Nigi poi era davvero forte. Divenimmo noi forti, grazie ad un importante e continuo lavoro di formazione. Ai Corsi di formazione Nazionale delle Acli non c'erano solo operai, c'erano postali, impiegati pubblici, insegnanti ... tutte le categorie insieme. Duravano 10-15 giorni in montagna con  lavori di gruppo, dibattiti, piccole rappresentazioni teatrali e canzoni delle varie Regioni. Si parlava di lavoro e di noi come persone. Era questa la qualità degli incontri. Ci divertivamo e imparavamo. Paola Gorla conobbe gli Aclisti Veneziani: Wladimiro Dorigo, Chiara Puppini. Stefano Boato  era dell'Ufficio Studi, come Giorgio Sarto che conobbi più tardi. Scoprii le specifiche problematiche ambientali veneziane legate alla morfologia del territorio. Paola conobbe Marco Boato che io non conoscevo. Marco Boato  chiamato da Paola era spesso presente ai Convegni delle Acli. Venne un'estate in montagna a Fai della Paganella a tenerci degli incontri sui diritti della persona. Preparato su ogni argomento, ricordo si portava sempre una pila di libri che citava, aveva un grande rispetto di noi operai, rispondeva con scrupolo e ci dava la parola, sempre. Durante una messa domenicale organizzò in modo che parlasse l'Assemblea dei Fedeli ... direttamente, come facevano gli studenti a Trento, eravamo in clima Conciliare. Iniziavano ad incontrarsi i mondi del lavoro e dell'Università, di lì a poco avrebbero iniziato ad organizzarsi le scuole superiori. Davanti alla Nigi iniziò a presentarsi Bedin della Cisl, voleva che costituissimo la Commissione Interna. Non la facemmo subito, se avessero licenziata la Commissione Interna... sarebbe stata la 5" volta. Attendemmo un anno, giusto il tempo per fortificarci, fra di noi e nel Territorio. La Direzione mi propose di diventare impiegata, risposi che stavo molto bene con le mie compagne, ringraziai e dissi di no. Conoscevo il Capo del Personale, Gianni, era della mia Parrocchia a Mestre, un bravo ragazzo, era sconvolto da queste lotte. Un giorno volle parlarmi e ci incontrammo fuori della fabbrica. "Come i comunisti" mi diceva, ti rendi conto? Siete strumentalizzate!! E' pericoloso. Ma no dicevo io, siamo solo noi ragazze, frequentiamo le Acli. Le Acli stanno diventando comuniste? mi rispondeva. Lo rassicuravo ... avrei dovuto avere io paura dei padroni e ne avevo, ma mi facevo coraggio, non facevamo nulla di male. Lui non si dava pace. Crescevamo, imparavamo a stare insieme, era una cosa bellissima fra ragazze. Di fronte alla saletta parrocchiale  di Mogliano dove ci incontrammo per un anno ogni settimana, c'era la Chiesa. All'interno, vicino all'ingresso, affisso alla colonna c'era un Manifesto "accogliente" per i Comunisti ... che non potevano entrare. I comunisti non possono accedere ai Sacramenti, non possono Comunicarsi, essere battezzati, battezzare i figli, sposarsi in Chiesa... pena la scomunica. Mia madre aveva una fede "Signora" e alla fine delle preghiere di rito pregava per quelli che ne avevano bisogno, per quelli che ci facevano del bene e per quelli che non ce ne facevano perché comprendessero ... era una Signoria la sua. Si poneva al di sopra della cattiveria del mondo ... ma faceva gli scioperi anche lei in fabbrica.

In un anno diventammo  organizzate e consapevoli, avevamo iniziato a fare qualche incontro con la Direzione. I diritti delle apprendiste erano cosa acquisita. Cercavo in ogni modo di promuovere le mie compagne, col dialogo, la lettura, riconoscendo il loro valore, individuando un gruppo di "coraggiose" per formare la Commissione Interna .

Io pensavo a mio nonno comunista, un fine restauratore del legno, morto in Africa perché non trovava più lavoro con i fascisti e mi dicevo ... Dio non può aver voluto male a mio nonno ... ma sotto sotto mi veniva da piangere. Preferivo la Chiesetta delle Clarisse di via Castellana, dove abitammo un anno e avevo un carteggio con le suore che mi rispondevano. Fui spostata dal Tagliacuci postazione-capofila ... allo stiro, il posto peggiore, sulla pressa. Sopra una pedana, in corrente d'aria, vicino ai bagni, infilavo mutande e biancheria intima sugli stampi, una fila di ragazze l'avrebbe piegata e successivamente inscatolata. Scoprii su quella pedana, sempre raffreddata e tenuta d'occhio, il valore profondo della parola "dignità" e "responsabilità". Se crollavo io ... le ragazze di tutti i reparti mi avrebbero visto attraverso le grandi vetrate che ci dividevano, non volevo che finisse tutto, la dignità delle nostre conquiste, l'organizzazione della Commissione Interna. Il Direttore mi gironzolava intorno. Il controllo a vista si trasformò .. . in una resistenza  a vista. Anche le canzoni aiutavano: Don Backy, Celentano. Aiutavano i corsi di formazione delle Acli prima e della Cisl poi, i quadri sindacali delle fabbriche più grosse del Trevigiano, come la Zoppas. Uno di loro, Ugo voleva che facessi la sindacalista a tempo pieno. Non ci pensavo neanche, mi sentivo timida e inadeguata. La Cgil non c'era davanti ai cancelli della Nigi, davanti alla Minimoda c'era invece con la bella e brava Gattinoni. Io la Cgil l'avrei conosciuta all'Acsa a Marghera e avrei rimpianto la mancanza di quei momenti aggregativi che erano i corsi di formazione locale delle Acli e della Cisl. All'esterno della fabbrica l'organizzazione degli incontri Cgil assumeva una forma ingessata, gerarchica: un tavolo e le sedie davanti, non l'organizzazione circolare degli studenti che già nella forma evoca l'uguaglianza, la libertà. La fratellanza invece c'era. Lo fece mia sorella Maria la sindacalista, lei era "una fabbrica di tessere e di lotta", con una grande facilità nelle relazioni, meno timida di me. Entrambe, negli anni successivi, avremmo fatto i pellegrinaggi nelle piccole fabbriche manifatturiere, tessili, calzaturifici della Terraferma e durante gli scioperi ... nei grandi complessi commerciali, come la Coin, l'Upim, la Standa.. La lista della Commissione Interna (poi Consiglio di Fabbrica, poi RSU). In un anno diventammo  organizzate e consapevoli, avevamo iniziato a fare qualche incontro con la Direzione. I diritti delle apprendiste erano cosa acquisita. Cercavo in ogni modo di promuovere le mie compagne, col dialogo, la lettura, riconoscendo il loro valore, individuando un gruppo di "coraggiose" per formare la Commissione Interna . .. Mantenemmo il gruppo di sostegno esterno delle Acli. La lista era pronta, c'erano ragazze di tutti i reparti. Molte del gruppo di impegno si sono poi responsabilizzate nel Sindacato, anche nella Cgil, qualcuna a tempo pieno. Mia sorella Giancarla si ammalò ancora e perse ancora il lavoro. Dovetti guadagnare di più e andai all'Acsa di Porto Marghera, mi piangeva il cuore separarmi dalle ragazze e dal Terraglio. Mancava una settimana all'Elezione della Commissione Interna... il gruppo era solido, il ghiaccio era rotto. Era così bello il Terraglio disseminato di ville e giardini, sarebbe presto diventato una strada "impraticabile" per i blocchi stradali della Nigi dapprima e poi non solo, riempiendo le cronache cittadine e operaie di pagine di lotte e conquiste, dalla fabbrica alla Società... come si diceva allora. La tutela della Salute fece capolino alla Nigi, non lavoravo più lì,con una battaglia per individuare la causa di aborto fra le ragazze del taglia-cuci. Le ragazze non ne venivano a capo, fu coinvolta anche Tina Anselmi, la parlamentare partigiana di Castelfranco, fu fatta un'indagine, modificate le macchine che fiorirono di fiocchi rosa e azzurri.

Articolo di giornale