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Autore

Altero Ciacci

Anno

2021 -2021

Luogo

Siena/provincia

Tempo di lettura

6 minuti

Come la Bestina

Mi chiamo Ciacci Altero, sono nato ad Asciano il 18 maggio 1923, dei miei genitori mio padre sichiamava Ciacci Luigi, del 1894, aveva fatto la guerra del 15-18, ferito 3 volte, guarito, ritornato inguerra, riferito... insomma... in fondo era messo male, tutto rovinato, ebbe la medaglia d’argento per         merito di guerra...per aver fatto la guerra mondiale

Mia madre si chiamava Scali Argia, morta poco dopo il parto, nacqui io morì la mi’ matura.Avevo anche un fratello che si chiamava Gino, Ciacci Gino che è morto ora è poco.

Sono nato in un podere, alla Palazzina, lì dove finisce il comune di Asciano. Ho vissuto lì fino a 19 anni, poi so’ tornato a Scurcoli quando so’ rientrato dalla guerra, prima di anda’, soldato stavo sempre alla Palazzina. Fino alla guerra ero uscito da Asciano una sola volta, ero col mi babbo avevo 10 anni, mi portò a vede’ il palio a Siena, era la prima volta, e poi il difficile fu quando arrivò la cartolina per anda’ a fa’ il soldato, e gli dissi “oh babbo io dov’è il distretto a Siena ‘un lo so’ per davvero”...”eh ma allora bisogna che ti ci porti io”...perché io se dovevo andare a Siena dove dovevo anda’ ‘un lo so, ‘un c’ero mai stato. E allora mi ci accompagnò il mi’ babbo al distretto a Siena. Mi ci portò col treno, c’1iosempre il biglietto lo pagai due lire...

Non ricordo dov’era il distretto, chi se lo ricorda ...via Pispini mi pare. E lì erimo dieci circa dellaprovincia di Siena tutti della mi’ classe, prima mi assegnarono al 3º bersaglieri di Messina, il mi’ babbo rimase lì fori ad aspetta’ perché voleva sape’ le notizie di me, e io mi affacciai e gli dissi “babbo mi hanno detto che in tre ci mandano al 3º bersaglieri a Messina”...”porco cane” dice “è distante”. ..”ohbabbo mi hanno detto così che posso fa”’...poi invece cambiò ordine, verso le 4 il mi’ babbo era sempre lì a Siena, poraccio, poi arrivò un altro ordine... 53º reggimento fanteria a Treviso, tutti, tutti insieme. E lì fu una faccenda grossa, perché fino a Firenze s’andò sempre col treno normale, a Firenze si trovò un mucchio di gente, perché richiamarono la classe dal 1910 in su, quelli che avevano già fatto il militare, richiamati un'a1tra volta, perché l’esercito si vede... le linee si indietreggiava, l’ordine diMussolini....che fu non lo so....e si riempi il treno, poi fecero la tradotta da Bologna, li ci saranno stati un 200 soldati si arrivò di notte, ci fu l’allarme antiaereo, ci mandarono nei rifugi, quando si scappò dai rifugi, fecero la tradotta vagone merci e ci spedirono. Quando si fu a Mestre, mi pare, mezzo treno lo lasciarono lì non so capi’ come mai, noi altri invece ci portarono a Treviso, anzi fuori Treviso a Dosson. Ero ancora vestito in borghese.

C’era la i onda, la ronda militare alle stazioni...appena scesi ci accompagnarono e si arriva là aquesta caserma dell’alpini. Ci tennero là 2/3 giorni, tanto per dare le prime dritte, ci dettero un sacchettoper rispedire a casa i panni civili. A noi ci dettero i panni militari e ci siamo

servizio militare e subito dopo c’hanno fatto la puntura al petto. Per via dell’influenza...era un freddo una nebbia ‘un si vedeva a un metro era l’inverno del 43 ...tremavo come una foglia...ma con quella puntura difatti neanche la tosse ci veniva. Poi in seguito cifecero anche quelle per aver coraggio...coraggio negli assalti perché io ero nel battaglione d’assalto.

Arrivammo lassù vidi il mare, io ‘un l’avevo mai visto l’avevo sentito di’ a scuola.

Pensai che si sarebbe stati lì un po’ di giorni; niente, invece arriva un ordine “partenza immediata per Crocetta del Montello 4 giù nel Piave, ci mandano lì a fa’ le manovre su quelle montagne; la prima marcia fino a Belluno, 38 chilometri...ero un ragazzetto, ‘unn’ero abituato, ‘un camminavo, a ritorna’ giù ‘un ce la facevo. Dopo le marce iniziarono a farci tirare le bombe a mano, a fare gli assalti con la baionetta in mano...tutte le prove come succede in militare. Tutto questo successe verso la metà dimarzo. Il 15 aprile arriva un ordine: “via, partenza immediata, lasciate tutto qui, valigie panni con indirizzo, poi si mandano a casa noi”. Ci portano alla stazione, via, partenza col treno fino a Fiume in Istria....io sapevo di molto che era Fiume. Arrivammo lassù vidi il mare, io ‘un l’avevo mai visto l’avevo sentito di’ a scuola.

Quando vidi tutta quell’acqua dissi “ma dove siamo?” Allora viene un ordine, un caporal maggiore,   erimo lì nel piazzale e c’era un affare nel mare, io ‘un lo sapevo mica che era una nave, io ‘un mel’aspettavo. Il caporalmaggiore ci disse “ragazzi non vi movete questa è una zona di partigiani”. Nel  piazzale c’erano i fotografi per fare le foto e inviartele a casa, il cappellano militare che dava unacrocina a chi la voleva, ma i più anziani, i richiamati, li mandavano a quel paese, “vieni con noi”...loro lo sapevano cosa li attendeva. Ma io ‘un lo sapevo mica che si doveva andare in quella nave, perché iniziarono a caricarci dentro due carri armati, tre cannoni co11’artig1ieria, sei coppie di cavalli più di 200 muli, cami (plurale di camion, ndr) ... mi dissi o “come mai la mettono tutto là dentro?” Poi me lodissero, era due giorni che caricavano... e poi c’erano più di 5000 soldati ...la sera quando fu versole 10, ordine di montare anche noi.

La nave si chiamava Italia, motonave Italia. Poi quelli più anziani mi dissero che quella nave sarebbe andata nell’acqua “ma non è possibile, una cosa grande così che va nell’acqua...” Si parte la notte e via.

Altero Ciacci
Altero Ciacci

Con noi c’erano pochi tedeschi. Perché i tedeschi facevano lavora’ gli italiani; se ne fregavano itedeschi, c’avevano altri fronti da guarda’, c’avevano la Russia, era più pericolosa. C’erano anche tanti italiani in Russia, ma poi c’erano altri fronti; c’avevano le guardie in Sardegna, in Corsica, da tutte le parti. L’ordine sapevo che veniva dai tedeschi ai nostri capi. Noi si vedeva qualche tedesco ogni tanto. Ma proprio la squadra come noi, che era in prima linea, i tedeschi no. Uno per uno; vedevi i tedeschiuno per uno camminare qua e là, un ufficiale magari.

E allora cannonate contro di noi perché quella roba li non si doveva fa. Ma che colpa ci s’aveva noi? Io che colpa c’avevo ero ragazzettino, m’importava assai che avevano fatto. E insomma la guerra è guerra,è così successe questo qui. E quello di la nostra rovina. Dopo aspetta, aspetta, s’é combattuto. Perché siamo andati a rifinì a Auschwitz, sennò forse ‘un ci s’andava noi a Auschwitz.Perché abbiamo combattuto per dodici giorni, fin tanto abbiamo avuto munizioni, abbiamo combattuto.

I partigiani noi s’erano abbandonati. Noi non si camminava più, da fermi. Si stava fermi lì. Però quando venivano i tedeschi davanti a rompici le scatole perché volevano che ci s’arrendesse, i tedeschi cifacevano il cerchio, perché ci volevano disarma’ lassù in cima e noi invece si combatteva contro i tedeschi. Poi finì le munizioni, benché la bomba ce l’avevano già tirata i tedeschi, la cannonata era già arrivata io ero già ferito e a1tri feriti. Però successe che loro ci volevano disarmà lassù, proprio pigliacci, come disarmacci, comandacci loro lassù, invece noi non ci si voleva arrende. Il nostro capitano “No, no no, fermi, fermi, noi c’è da farsi la strada, non ci s’arrende!”.

Per torna’ al mare si e poi dopo di cerca’ di farsi la strada per veni a casa. E invece ci finì tutte lemunizioni e allora c’erano quelli col telefono, quelli con la manichella, ‘un c’erano mica i telefoninicome oggi, allora ‘un c’era nulla; chiama giù abbasso dove c’era il comando giù dove c’era la forzaarmata, dove c’era il generale, non rispondeva nessuno, niente, non rispondeva nessuno. E allora vinse i tedeschi, toccò arrendersi davvero. E allora ci presero e ci accompagnarono, allora ci accompagnava itedeschi.

Ci siamo arresi per forza, viveri niente, munizioni niente, acqua niente. I muli non venivano più su, hai voglia a chiamare giù che mandassero su i muli, ‘un venivano, chi le portava? La scorta chi gliela faceva? ‘Un c’era più nessuno! E allora ci è toccato anda’ giù, i tedeschi ci accompagnavano, c’era tre tedeschi, mi pare, ci accompagnavano giù; quell’altre squadre uguale, tutti quanti erimo. Quando siamo arrivati laggiù, madonnina, ci fanno cammina’ più avanti, s arriva in un punto, una montagna di fucili, cannoni, un carro armato, in terra tante di quelle munizioni, madonnina. E c era un tedesco lassù, “di làc’è il mare”. Si va di là, e noi disarmati, non si doveva scappa’, si doveva sta li. E poi c’erano quelli più vecchi di me che erano più pratici della vita del militare, scapparono, saltarono il fiume, c’era un fiumiciattolo come la Bestina, e andarono per i campi a cerca’ roba da mangia’, da mangia’ non ci s’aveva... chi ce l’aveva dato?!

E dissi “perché cercano roba da mangia’?”. E lo sapevano loro perché; loro sapevano che per noi erafinita. Dopo ci portavano in Germania senz’altro.

Sapendo che noi erimo di quelli che s’era combattuto contro di loro, e non si doveva combattere,c’hanno messo nel vagone delle bestie, a Mostar.

[…] E noialtri in quel periodo lì, circa un giorno e mezzo quasi, chi ce la faceva, andava per le campagne a cerca’ qualcosa per mangia’. Chi trovava il granturco, chi trovava qualcosa insomma,un frutto.

I tedeschi per carità a noi non ci davano niente. Quando poi ci hanno portato a Mostar a piedi,squadrati con il tedesco di fianco, tutta una fila quattro, cinque per volta come un branco di pecore, ci portano a questi vagoni-merci, aprono il vagone, ci buttano dentro poi mandino il portone, c’è il gangio e mettono il lucchetto e chiudono. Erimo 72 dentro a quel vagone.

Alla stazione di Mostar. Tutti italiani. Però erimo tutti noi della mi’ squadra, del mi’ battaglionedove ero io. Tutti di noi. C’era anche quel1’altri, l’alpini, ma in altri vagoni. Ma nel nostro vagoneerimo proprio tutti noi della prima linea lassù. Anche que1l’a1tri senz’altro erano chiusi comenoi.

72 persone. E si doveva sta lì fermi tutto il giorno.

Quando erimo affiancati, fra tedeschi, noi e l’ustaci che combattevano a fianco a noi, non ci sifaceva. 1 partigiani vincevano sempre loro, erano di più. Quando so’ rimasti i tedeschi soli si figuri. Erano rimasti loro soli contro i partigiani. E allora tiravano a manda’ giù le tradotte, le truppe che potevano e noialtri, la ferrovia era unica, ci tenevano lì fermi.

Samo stati a Mostar parecchio, un par di giorni fermi, perché dovevano anda’ loro a occupa’ i nostri posti. Dopo, quando siamo partiti, appena trovarono una stazioncina che c’era un po' di ricovero ci buttavano su un binario morto, e passava giù le tradotte. Ci si stava fermi un giorno, un giorno e mezzo, due notti, niente mangiare, niente.

Era freddo alquanto perché erimo tanti. Freddo c’era senz’a1tro ma erimo tanti!