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Autore

Ines Ghiron

Anno

2001

Luogo

Alessandria

Tempo di lettura

6 minuti

[...] Ho ormai più di ottant'anni

Lo dissi al mio amico che aveva un cannocchiale; li osservò meglio, poi gridò: "Quelli sono i carri armati americani!." Erano le otto del mattino del 5 giugno. Infatti erano proprio gli alleati.

Erano i primi giorni del giugno '44 e finalmente i tedeschi erano in rotta. Tutti mi consigliarono di non uscire dal convento perchè poteva essere pericoloso; ma io non seppi resistere al desiderio di vederli vinti e in fuga. Infatti li vidi: mogi, laceri, stanchi; alcuni con i piedi fasciati di stracci; altri raggomitolati, in gruppo, per terra o sull'erba di un giardino pubblico. Sul Lungo Tevere un soldato, che portava penosamente una cassetta di munizioni, se ne sbarazzò posandola contro un albero, sul marciapiede. Il vecchio istinto prese il sopravvento e andai a impadronirmene, come se dovesse ancora servirci. Il soldato se ne accorse, tornò indietro, mi strappò la cassetta dalle mani, attraversò la strada e andò a buttarla nel Tevere. Vedendolo avventarsi contro di me avevo pensato che volesse spararmi addosso. Invece tornò a camminare penosamente con gli altri. Avevano con sè anche dei cavalli che trainavano un po' di tutto, su carri e carrette: pacchi, mitragliatrici, persino un cannone. In quei giorni parecchi di loro si nascosero dove potevano o si consegnarono addirittura a dei partigiani. Il grande timore della popolazione era che avessero minato i ponti e che li facessero saltare prima di allontanarsi: ma non successe niente del genere. Attraversarono la città senza essere disturbati; ma alcuni profughi, che erano rimasti in Vaticano, si riunirono sui terrazzi per osservare la loro fuga e videro che, non appena uscivano fuori di Roma, gli aerei alleati piombavano su di loro per mitragliarli: così mi riferirono poi alcuni miei amici. Ero ritornata a Monteverde con un mio compagno e guardavo la scena dall'alto del Gianicolo: i carri armati tedeschi si erano oramai dileguati. Di colpo provai una gran paura: stavano ritornando, uno dietro all'altro. Lo dissi al mio amico che aveva un cannocchiale; li osservò meglio, poi gridò: "Quelli sono i carri armati americani!." Erano le otto del mattino del 5 giugno. Infatti erano proprio gli alleati. Furono accolti con entusiasmo dalla popolazione in delirio: e loro stringevano le mani a quelli che le tendevano, distribuivano pacchi di sigarette, tavolette di cioccolato, caramelle; agitavano le braccia e segnalavano con l'indice e il medio alzati la lettera V di Vittoria. Eravamo liberi! L'occupazione degli americani e degli inglesi fu ben diversa da quella tedesca. I militari di tutti i tipi e di tutti i gradi giravano per la città disarmati; erano in calzoncini corti e in maniche di camicia; poterono recarsi dovunque, anche in piazza San Pietro, nella basilica e , con dei permessi speciali, poterono entrare anche in Vaticano, dove gli ex-prigionieri militari e politici e gli ebrei che vi si erano rifugiati erano oramai stati liberati ed erano usciti. Io aspettai che Pietro si facesse vivo.

Vidi che era esitante, ma volli insistere:- "Se io fossi sua figlia, che cosa mi direbbe?

Aspettai quattro lunghissimi giorni. Al quinto mi telefonò, dandomi appuntamente dai Mosco Quando arrivai da loro Pietro era andato a fare la sua solita siesta pomeridiana - la "penichella", come la chiamano a Roma - senza aspettarmi. Il comm. Mosco mi chiese se volevo raggiungerlo; io rifiutai, ma approfittai dell'occasione per confidarmi con lui e parlargli a lungo della mia situazione.
Poi gli chiesi: "Che cosa le ha detto Pietro di noi due?"
-"Se dovessi riferirtelo in dettaglio, non ne sarei capace. Mi è parso molto confuso e agitato. Ricordo che pronunciò una frase piuttosto strana: ''Non posso vivere con lei...e nemmeno senza di lei.".
- "Commendatore, ma lei che cosa mi consiglia?"
- "E' difficile dare consigli in questi casi."
Vidi che era esitante, ma volli insistere:- "Se io fossi sua figlia, che cosa mi direbbe?
"Mi guardò fisso in viso, con molta serietà, poi mi rispose in modo conciso:- "Ti direi: piantalo!".
Finalmente Pietro emerse dal sonno. Mi salutò come se mi avesse lasciato mezz'ora prima; chiacchierò con noi del più e del meno e, quando si decise ad accomiatarsi, era già quasi sera. Uscii con lui e mi misi al suo fianco, mentre spingeva la sua bicicletta e ci dirigevamo verso Monteverdè.

Arrivai alla pensione e scoprii che non ero disperata, nè sconvolta e nemmeno addolorata: Provavo solo un senso di gran sollievo, come di...liberazione.

Lui, come sempre quando non sapeva bene cosa dire, stava in silenzio e fui io, come al solito, a rompere gli indugi, andando subito al nocciolo della questione, quello del mio famoso "problema":
- "Senti, Pietro, volevo chiederti una cosa: quando sono venuta a trovarti in Vaticano e ci siamo baciati...tu, che cosa hai provato? Io non ho provato quasi niente: per me è stato quasi un bacio fratemo..e per te?".
-"Non potrei dirlo..". Che cosa significava?
-" Vuol dire si o no?".
- "Non saprei..".
Rimasi zitta per un po', riflettendo. Come risposta era piuttosto enigmatica.
- "Senti, Pietro, accompagnami alla mia pensione: oramai le suore lo permettono. Così possiamo parlare tranquillamente, un po' più a lungo.". Questa volta la sua reazione fu immediata e spontanea: "E i miei genitori, che cosa direbbero?". Ah! mammina sua: ecco il nocciolo del "suo problema". Scattai, sdegnata-: "Ma non volevo violentarti ! Volevo solo cercare di capire, con te, qual'era la soluzione migliore per noi due. Però, hai ragione tu: non ne vale la pena. Addio!" e lo piantai lì, incaminandomi su per la salita, verso Monteverde. Allora mi corse dietro, mi si mise di nuovo al fianco, sempre tirandosai dietro la sua bici, e mi disse affannosamente: "Vengo con te.". Ancora il solito "tira e molla".
-"E' troppo tardi. Mi sono stufata: non parliamone più."
[...] Mentre camminavo con passo spedito, senza voltarmi, mi venne in mente la frase di mia madre, quando era venuta a trovarmi a Milano:- "Ines, quest'uomo non ti ama.". E' vero,mamma, non mi ama. Come potrebbe? Ama solo sè stesso, e anche malamente. Arrivai alla pensione e scoprii che non ero disperata, nè sconvolta e nemmeno addolorata: Provavo solo un senso di gran sollievo, come di...liberazione.
Ero finalmente libera, in una città liberata.