Autore
LilithAnno
2022 -2022Luogo
BangladeshTempo di lettura
6 minutiLe femmine e i cani non possono entrare
Esattamente dopo nove mesi da quando ero arrivata in Italia avevo partorito. Dopo il parto i medici dissero che la bambina era nata troppo piccola e dovevano tenerla dentro l’incubatrice, me la facevano vedere solo quando dovevo allattarla. Appena vidi il visino della mia bambina dentro di me scattò subito un senso di protezione nei suoi confronti, era bellissima e così piccola. La chiamai Joy, che indica felicità. Pensavo che l’arrivo di questa bambina avrebbe portato felicità nella nostra vita, ma mio marito non era per niente felice. Mi disse che non dovevo partorire a nove mesi di gravidanza, si arrabbiò e disse che ora era più che certo che la bambina non fosse sua perché solitamente si partorisce dopo dieci mesi e dieci giorni. Mi sentii davvero in colpa per aver partorito prima del tempo, non avevo idea del perché avessi partorito a nove mesi se secondo i calcoli di mio marito avrei dovuto partorire a dieci mesi e dieci giorni. Non sapevo come fargli capire che non ho mai avuto rapporti con nessuno tranne che con lui. Dopo una settimana in ospedale i medici dissero che potevo portare a casa la bambina perché stava meglio. Mio marito dalla Caritas portò un po’ di vestiti per lei. Rimasi ferita dal fatto che non le comprò mai neanche una canottiera. Per me fu difficile crescere una bambina completamente da sola senza il consiglio di nessuno. Non avevo mai fatto un corso pre parto e nessun adulto mi aveva mai dato consigli su come partorire o come accudire un neonato. Ero terrorizzata, la prima volta che le avevo fatto il bagnetto era diventata tutta rossa e strillava fortissimo, sembrava un topolino appena nato, non capivo cosa fare, ma d’istinto le diedi il mio latte e be- vendo le era tornato il colorito e si era addormentata. Solitamente era una bambina felice, ma qualche volta piangeva di notte e non capivo il perché. Mio marito mi disse che forse aveva mal di pancia e che non dovevo più darle il mio latte. Comprò del latte dal supermercato e le diede quello, ma lei piangeva ancora e non voleva bere dal biberon, così lui iniziò a mettere il sale al posto dello zucchero. Non mi lasciava nemmeno parlare o dire la mia opinione, era convinto che il latte con il sale facesse bene ai bambini, mentre il mio le facesse male. Diceva che se avesse bevuto il mio latte sarebbe cresciuta come me e con questo non intendeva una cosa positiva. Siccome io non amavo molto portare il velo e non pregavo spesso Allah, per lui ero una persona da odiare e di certo non voleva che sua figlia diventasse come me.
Mi disse un giorno: “Mia figlia non sarà come te, lalascio con te ora perché è piccola ma quando avrà tredici/quattordici anni io la separerò da te, non voglio che cresca con una come te”. Io gli risposi: “Ma se spesso dici che non sei nemmeno sicuro che sia tua figlia”. Lui si mise a ridere e mi disse: “Quello lo dico quando sono arrabbiato, ma lo so che è mia!”. Nonostante la sua risposta ingiusta mi dava sollievo, perché mi sentivo bene a sapere che anche se quando si arrabbiava diceva delle cattiverie, era consapevole che Joy fosse sua figlia. Dovevo restare al suo gioco in base all’umore che aveva: quando era arrabbiato per lui ero una puttana e Joy non era sua figlia e quando era di buon umore la riteneva sua e io dovevo mettermi da parte e non influenzarla con i miei princìpi. Secondo lui crescere come me non era una cosa buona per mia figlia. Voleva che crescesse come lui, con le sue credenze e con i suoi valori. Io per lui ero una ribelle e infedele verso Allah, anche se non avevo mai fatto nulla per dargli questa impressione. In ogni caso io di nascosto allattavo mia figlia perché avevo sempre letto nei libri che il latte materno fa bene ai bambini e anche perché ne avevo così tanto che mi bagnavo i vestiti di continuo. Un giorno mio marito mi disse che voleva mandarci in Bangladesh, in quel villaggio. “Mi costate troppo, ti avevo portato in Italia perché volevo che rimanessi in- cinta e partorissi in Italia, così mio figlio avrebbe potuto avere la cittadinanza italiana per il diritto di nascita. Pur- troppo hai partorito una femmina e dio solo sa se è mia! Ora vi mando a casa, caso mai tra un paio d’anni ritorni e riproveremo ad avere un altro figlio”. Il mio cuore si fermò al pensiero di crescere mia figlia in quel posto orribile e pieno di pedofili, mi sentivo di stare per impazzire. Cominciai a piangere e lo supplicai di non mandarci in quell’inferno. Capivo che per lui ero solo una macchina per produrre un figlio maschio come erede, invece l’arrivo di una femmina lo aveva deluso profondamente. Per me Joy era il mio mondo, non era importante se fosse un maschio o una femmina, dal momento che mi ero accorta della sua esistenza dentro di me l’ho amata incondizionatamente e avrei fatto qualsiasi cosa per proteggerla.