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Autore

Remo Rosati

Anno

1998 -2001

Luogo

Arezzo/provincia

Tempo di lettura

3 minuti

Le mie avventure

Ei la, chi siete! Almen datemi il nome, ancor non son le quattro del mattino. Io sono il Gracci, come puoi vedere, stanco e costretto a chiaderti un piacere.

 

X

Fin che arrivammo giù nella Sovara e per Anghiari risalimmo l’erta, poi per la Pieve, che era la più chiata, anzia per meglio dir la più coperta. A un certo punto diveniva amare che a Formole la via non era aperta. Per no incappare nel posto di blocco dovevamo guadrar molto più sotto

XI

E giunti che si fù alle Caldanella scossi da un freddo rigido e pungente, e le sorti per noi erano quelle altra scelta non cera veramente. O restar fuori a batter le pianelle o pur raccomandarsi a quella gente. Poi che il tevere avea gonfio i Polmoni e negava il passaggio dei pedoni.

XII


Il gracci si accostò con buon costume e a bassa voce chiama il contadino, che dopo poch’istanti accese l’lume e cauto si affaccia a un finestrino. Ei la, chi siete! Almen datemi il nome, ancor non son le quattro del mattino. Io sono il Gracci, come puoi vedere, stanco e costretto a chiaderti un piacere.

XIII


Allora il contadin molto corretto nel vedere il Gracci a lui difronte, chiese il motivo che l’avea costretto ad ogni costo ad evitare il ponto. Vedi questi ragazzi a me di petto passar chi li vuol dir, richiamare un monto. Che avendo ieri disertato, Arezzo potrebbero pagarla a caro prezzo

XIV

Ecco il motivo che a costretto noi di dovessi valer di questo carte, che solamente te con carro e buoi tu ci puoi traghettar da l’altra parte. Talmente grati ti saremo noi se ci dai modo di sfruttar quest’arte. E cos’ il contadin senza rancori ci traghetto di fronte a Mangia Cuori.

XV

Così per gli altri feniva l’impresa che nei paraggi avevan la dimora mentre io solo, privo di difesa dovevo a lungo camminare ancora. Benchè arrivato in fondo alla discesa e verso l’erta ripuntar la frota. Ma il Gracci disse poi ch’è andata bene un Caffe prenderemo tutti insieme

<Mangia quori> Località, dall’altra parte del Tevere

XVI

Dopo averlo più volta ringraziato salutai tutti con grande emozione, sebben sui monti avesso nevicato puntai per casa mia la direzione. Per un sentiero poco praticato lungo i tralicci dell’altra Tenzione. E dopo una si lunga traversata raggiunsi il poggio della traforata

XVII

Già con i piedi nella via maestra poco distante al passo di Viamaggio, e ripiegar doveo sulla sinistra ragion del blocco che impedia il passaggio. Lungo un sentiero di una zona Mestra dovetti continuare il mio viaggio. Sotto il tramonto dell’ultime stelle, io mi diressi per le Camarelle.

XVIII

Così arrivato in cima alla salita segnamelo i passi sempre più ridotti, la forza si era quasi esaurita e gli ossi mi sentivo mezzi rotti. L’inpresa riteneo ormai finita se i miei piani non fossero interroti. Sfruttamelo fino a l’ultima energia, dopo mezzora entravo in casa mia.

X

Fin che arrivammo giù nella Sovara e per Anghiari risalimmo l’erta, poi per la Pieve, che era la più chiata, anzia per meglio dir la più coperta. A un certo punto diveniva amare che a Formole la via non era aperta. Per no incappare nel posto di blocco dovevamo guadrar molto più sotto

XI

E giunti che si fù alle Caldanella scossi da un freddo rigido e pungente, e le sorti per noi erano quelle altra scelta non cera veramente. O restar fuori a batter le pianelle o pur raccomandarsi a quella gente. Poi che il tevere avea gonfio i Polmoni e negava il passaggio dei pedoni.

 

Così per gli altri feniva l’impresa che nei paraggi avevan la dimora mentre io solo, privo di difesa dovevo a lungo camminare ancora.

XII


Il gracci si accostò con buon costume e a bassa voce chiama il contadino, che dopo poch’istanti accese l’lume e cauto si affaccia a un finestrino. Ei la, chi siete! Almen datemi il nome, ancor non son le quattro del mattino. Io sono il Gracci, come puoi vedere, stanco e costretto a chiaderti un piacere.

XIII


Allora il contadin molto corretto nel vedere il Gracci a lui difronte, chiese il motivo che l’avea costretto ad ogni costo ad evitare il ponte. Vedi questi ragazzi a me di petto passar chi li vuol dir, richiamare un monto. Che avendo ieri disertato, Arezzo potrebbero pagarla a caro prezzo

XIV

Ecco il motivo che a costretto noi di dovessi valer di questo carte, che solamente te con carro e buoi tu ci puoi traghettar da l’altra parte. Talmente grati ti saremo noi se ci dai modo di sfruttar quest’arte. E cos’ il contadin senza rancori ci traghetto di fronte a Mangia Cuori.

XV

Così per gli altri feniva l’impresa che nei paraggi avevan la dimora mentre io solo, privo di difesa dovevo a lungo camminare ancora. Benchè arrivato in fondo alla discesa e verso l’erta ripuntar la frota. Ma il Gracci disse poi ch’è andata bene un Caffe prenderemo tutti insieme

<Mangia quori> Località, dall’altra parte del Tevere

XVI

Dopo averlo più volta ringraziato salutai tutti con grande emozione, sebben sui monti avesso nevicato puntai per casa mia la direzione. Per un sentiero poco praticato lungo i tralicci dell’altra Tenzione. E dopo una si lunga traversata raggiunsi il poggio della traforata

XVII

Già con i piedi nella via maestra poco distante al passo di Viamaggio, e ripiegar doveo sulla sinistra ragion del blocco che impedia il passaggio. Lungo un sentiero di una zona Mestra dovetti continuare il mio viaggio. Sotto il tramonto dell’ultime stelle, io mi diressi per le Camarelle.

XVIII

Così arrivato in cima alla salita segnamelo i passi sempre più ridotti, la forza si era quasi esaurita e gli ossi mi sentivo mezzi rotti. L’inpresa riteneo ormai finita se i miei piani non fossero interroti. Sfruttamelo fino a l’ultima energia, dopo mezzora entravo in casa mia.